The Promised Neverland 1, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo volume di The Promised Neverland, di Kaiu Shirai e Posuka Demizu

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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The Promised Neverland 1, anteprima 01

Lo scorso 31 gennaio, J-POP ha pubblicato il primo volume di uno dei manga più attesi dell'anno dal pubblico italiano: The Promised Neverland. L'editore milanese ha annunciato con tutta l'enfasi del caso questo fumetto, che in meno di due anni ha venduto in patria più di due milioni di copie ed è entrato a far parte delle serie più seguite di Weekly Shonen Jump, la rivista ammiraglia di Shueisha. Un curriculum di assoluto rispetto come questo e l'aggiunta di vari e prestigiosi riconoscimenti del settore rappresentano un biglietto da visita invidiabile, ma non una garanzia; non sempre infatti, i risultati ottenuti da un titolo nipponico nel proprio Paese sono stati confermati nel nostro. A giudicare dai contenuti racchiusi nell'albo in questione, tuttavia, i presupposti sono stati più che incoraggianti.

Il progetto, che vede Kaiu Shirai ai testi e Posuka Demizu alle matite, spicca subito per la freschezza e la fluidità del racconto, così come da un tratto accattivante e da una regia alla costante ricerca di impatto emotivo. Nel suo complesso, questo fumetto sembra immaginato fin dal suo concepimento per un'immediata trasposizione animata, come si può notare dalle tavole a colori in apertura. Per la ventinovenne Demizu, all'esordio come mangaka professionista, si tratta di una prova ammirevole, di un'espressività straripante, degna del proprio cognome (che in kanji significa "inondazione").

A tale solidità narrativa e grafica risponde un soggetto intrigante che raccoglie e rielabora con intelligenza e fantasia motivi ricorrenti nel miglior Fumetto giapponese, presente e passato. Un vero e proprio topos è rappresentato dall'orfanotrofio: vengono alla memoria due classici come L'Uomo Tigre e Candy Candy, ma mentre in quei casi rappresentava un rifugio sicuro e idilliaco, la casa-famiglia di The Promised Neverland lo è solo apparentemente. Lo stesso accade per le loro rispettive governanti: la bella Ruriko, nello shonen di Ikki Kajiwara e Naoki Tsuji, o la dolce Miss Pony, nello shojo di Kyoko Mizuki e Yumiko Igarashi, possedevano una positività cristallina diametralmente opposta all'ambiguità di Madre Isabella.

The Promised Neverland 1, anteprima 05

Tale precarietà sul ruolo di luoghi e figure che per loro stessa natura dovrebbero ispirare serenità è alla base dell'angoscia che viene alimentata dal principio della storia, che via via si fa più insinuante attraverso dettagli sempre più precisi ed esplode in faccia al lettore già al termine del capitolo introduttivo, quasi stordendolo: è la prima, potente scarica di adrenalina a innescare un'avventura fantastica e spaventosa e che fa divorare una pagina dopo l'altra.

Le sorti della vicenda - la salvezza propria, delle persone amate e del mondo intero - ricadono ancora una volta, attraverso un'altra formula collaudata, su tre adolescenti: Emma, Norman e Ray. Ben delineati e caratterizzati, i tre amici fanno correre il pensiero a Naruto e agli inseparabili compagni del protagonista, Sasuke e Sakura; o perché no, a Eren, Mikasa e Armin di L'Attacco dei Giganti.

Come nel capolavoro di Hajime Isayama, qui è centrale un altro elemento peculiare, quasi un archetipo: quello del muro. Per Shirai e Demizu è la materializzazione dello spazio protetto in cui muoversi, il confine proibito da oltrepassare che cela un esterno ostile e pericoloso che presto si trasforma in un ostacolo per la verità, una tomba per la speranza e per la libertà.

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