Divinity III: Stalinverso, la recensione
Abbiamo recensito per voi Divinity III: Stalinverso, di Kindt, Hairsine, Guedes, Winn e Baron
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Si intitola Stalinverso il terzo entusiasmante volume del progetto Valiant denominato Divinity. L’avvincente epopea fantascientifica imbastita da Matt Kindt (testi) e Trevor Hairsine (matite) giunge a conclusione e prepara il terreno per il suo ideale proseguimento, Eternity, firmato dal medesimo tandem creativo.
Il successo internazionale ottenuto dai russi è figlio anche del riuscito programma spaziale degli anni ’60. Tra i vari progetti promossi si segnala la pionieristica spedizione di Abram Adams e di Valentina “Myshka” Volkov che, come abbiamo appreso sulle pagine di Divinity e Divinity II, hanno fatto parte di una missione volta a raggiungere il limite più estremo della galassia. I due sono rientrati sulla Terra trent’anni dopo, profondamente trasformati e dotati di poteri in grado di renderli esseri onnipotenti, nonché custodi di un segreto: con loro c'era un terzo compagno, Kazmir, al momento disperso.
Dopo questa doverosa annotazione su Abram e Valentina, torniamo ai giorni nostri dove ci accorgiamo che nell’entourage del politburo qualcuno diffida dell'attuale governo russo, memore di una realtà diametralmente opposta: il consigliere Colin King (alias Ninjak) è fortemente convinto che qualcuno abbia riscritto la storia. Solo un grande potere può modificare gli eventi in maniera così profonda e, considerato che Adams è rinchiuso in un manicomio, gli indizi spingono Colin a considerare Myshka l’artefice di questa operazione su scala mondiale. Nella sua indagine, Ninjak può fare affidamento solo sulle sue abilità fisiche e mentali visto che i suoi ex amici Bloodshot, Shadowman, e Aric di Dacia – il guerriero noto come X-O Manowar – sono al servizio della madrepatria.
In questo conclusivo appuntamento, Divinity mostra l’ennesima faccia della sua versatile natura: se il primo arco narrativo ha affascinato il lettore con le sue digressioni oniriche e il successivo ha tenuto tutti con il fiato sospeso grazie al ritmo sostenuto, Stalinverso parte da un presupposto suggestivo – l’intero pianeta controllato dai russi – per aggiungervi, in corso d’opera, una forte componente action, atmosfere da spy-story e una matura riflessione sui poteri divini e sul loro utilizzo da parte dei protagonisti. Mai banale né ridondante, la sceneggiatura di Kindt fa proprie le peculiarità dei precedenti volumi per fonderle in questi riusciti quattro capitoli.
Stalinverse risulta l’ennesima miniserie-evento solida e ben strutturata in cui la fantascienza incontra il quotidiano affrontando argomenti non facili da maneggiare. Nonostante il notevole peso specifico dei temi trattati, la lettura scorre piacevolmente, merito dello stile asciutto e preciso di Kindt, sempre più a suo agio nel ruolo di architetto dell'Universo Valiant. Inoltre, i molti interrogativi disseminati dallo sceneggiatore in questo affascinante ciclo di storie trovano una risposta che chiude diverse sottotrame e conduce all’importante snodo narrativo finale.
Anche in questa occasione, l’imponente impalcatura narrativa risulterebbe sprecata senza l’attento lavoro al tavolo da disegno di Hairsine. Come in precedenza, lo storytelling dell’artista britannico è perfetto nel catturare le molteplici sfaccettature di un plot denso di thrilling e nel restituirle attraverso tavole suggestive di grande impatto. Rispetto alle precedenti uscite, però, Hairsine si cimenta in una prova buona ma decisamente più “negli schemi”, priva delle soluzioni fantasiose e originali che avevano invece caratterizzato i primi due volumi.
Kindt, in questo caso affiancato ai disegni da Renato Guedes, firma anche il numero zero di Divinity, posto in chiusura del brossurato. Lo stile realistico e le colorazioni pastello di Guedes impreziosiscono una storia breve che non si limita a fotografare lo stato dei protagonisti dell’Universo Valiant ma che funge anche da gancio per il futuro prossimo: l'ultima vignetta, in particolare, lascerà il lettore a bocca aperta con un cliffhanger inimmaginabile.
Divinity III: Stalinverso è un volume da non perdere, un tassello fondamentale per meglio apprezzare la schema orchestrato da un bravissimo Kindt. Non vediamo l’ora di poter leggere Eternity.