Bloodshot Reborn vol. 5: Bloodshot U.S.A., la recensione
Abbiamo recensito per voi il quinto volume di Bloodshot Reborn, di Lemire, Braithwaite e Reber
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Come abbiamo avuto modo di leggere nei volumi precedenti, il Progetto Spirito Nascente è da sempre attivo nel campo della tecnologia militare, e le sue ricerche sono finalizzate al consolidamento della propria leadership nel settore. Innumerevoli sono stati i tentativi falliti che hanno però avuto il merito di condurre alla realizzazione di Bloodshot: grazie ai naniti, ora un semplice uomo può diventare un’arma perfetta.
Mentre la Grande Mela è in preda al caos e alla distruzione, gli ignari Bloodshot, Tank Man, Quiet Man, Cold Man e Viet Man sono dispersi nell’Oceano Pacifico a bordo di una zattera; sono sì riusciti a sfuggire dalla trappola mortale di Bloodshot Island e all’Angelo della Morte Deathmate, ma la via verso casa è ancora lunga e impervia. Vista la gestione fallimentare dell’emergenza da parte del G.A.T.E. e dell’M16, l’intervento di Ray diventa fondamentale.
La natura itinerante dei precedenti archi narrativi ha condotto il lettore in un viaggio costellato di avventure di ogni sorta: da ambientazioni distopiche ad altre survivaliste, senza trascurare l’affascinante viaggio introspettivo nella psiche malata di Ray. I quattro capitoli di Bloodshot U.S.A. sono invece caratterizzati da toni apocalittici che trasmettono perfettamente l’urgenza e la disperazione della situazione. Sebbene l’idea alla base della miniserie – una minaccia creata ad hoc da una multinazionale guerrafondaia per assumere il controllo della situazione – non sia originalissima, Lemire riesce a mantenere serrato il ritmo della narrazione con continui colpi di scena e confronti palpitanti.
In particolare quest’ultimo aspetto trova una brillante e sentita costruzione nella seconda metà del volume, quando, con un artificio narrativo, lo scrittore canadese pone Ray e la co-protagonista della vicenda di fronte a scelte complesse che li segneranno nel profondo. L’animo travagliato di Bloodshot continua dunque a subire colpi pesanti che ne mettono a dura prova l’integrità.
Introspezione e azione sono valorizzate dall’attento lavoro al tavolo da disegno di Doug Braithwaite e dai colori di Brian Reber. La bellezza quasi barocca di Mico Suayan lascia il passo allo stile ipercinetico dell'artista veterano, più adatto a caratterizzare le concitate fasi di questo volume; convincente anche quando il fluire del racconto rallenta ed è necessario prestare maggiore attenzione alla costruzione di primi piani dominati da grande espressività.
Abbattuta ogni griglia, le tavole sono dense di vignette in grado di portarci al centro della scena, sia essa ambientata tra le strade devastate di New York o negli asettici corridoi del quartier generale dei Progetto Spirito Nascente.