Monstress vol. 2: Sangue, la recensione
Abbiamo recensito per voi il secondo volume di Monstress, serie di Marjorie Liu e Sana Takeda
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te.
Il viaggio dell’arcanica Maika “Miss” Halfwolf continua imperterrito, nonostante le continue minacce disseminate lungo il tragitto. Affiancata dal necomancer Master Ren e da Kippa - una bambina con la coda e le orecchie da volpe - Miss è giunta nella città pirata di Thyria, dove ad attenderla ha trovato i fratelli Imura, dei vecchi amici di famiglia. I due armatori si propongono di aiutare la giovane figlia di Moriko offrendole il loro miglior vascello, il Jolly Ravager, guidato dalla severa Syryssa.
In questo secondo volume di Monstress targato Oscar Ink, intitolato Sangue, la ricerca della verità si sposta sul mare. Rivolgete le vostre preghiere all’Imperatrice dei Flutti e salite a bordo del Ravager per vivere una fantastica avventura insieme ai protagonisti della serie Image Comics scritta da Marjorie Liu e disegnata da Sana Takeda.
Come visto nel primo volume, Monstress comincia in medias res, e la mancanza di un’adeguata introduzione dei regni e delle razze che popolano il mondo creato dalla Liu rende l’approccio all'opera un po' ostico. Una volta entrati in sintonia con ibridi, streghe e animali antropomorfi, però, la vicenda si dispiega in tutta la sua disarmante bellezza e la lettura procede - è il caso di dirlo, data l'ambientazione del volume - con il vento in poppa.
In Sangue, la Liu aggiunge nuovi personaggi e risvolti alla storia, senza che la narrazione risulti appesantita oltremodo. Fatta salva la presenza di tematiche cardine che rappresentano la spina dorsale della serie - l’integrazione, la diversità e l’emancipazione femminile - a implementarne la qualità è l’eterogeneità con la quale viene creato l’ampio cast di comprimari: colpisce la capacità di spaziare nella molteplicità delle sfumature dell’animo umano e di rappresentarlo con cura, originalità e interazioni brillanti.
Con abile regia, la scrittrice aggiunge gradualmente elementi facendo sì che Maika - e contestualmente il lettore - apprendano la dura verità. Altrettanto riuscita è la gestione dei personaggi e delle diverse fasi del racconto: momenti di leggerezza fanno da contrappunto alle sequenze brutali e orrorifiche che segnano le fasi più concitate.
Come dicevamo, la ricercata sceneggiatura della Liu rende Monstress una lettura non così immediata, costringendo il fruitore a dedicare il giusto tempo a cogliere i passaggi di una vicenda in costante divenire. Gli estratti dalle conferenze del Professor Tam Tam - posti alla fine di ogni capitolo - assolvono a questo difficile compito conducendoci attraverso la complessa mitologia della serie e aggiungendo ulteriori dettagli a quanto già sappiamo di questo universo narrativo.
Nella costruzione di questa impressionante impalcatura va riconosciuto grande merito anche alla superba componente artistica. L’approccio resta figlio di quell’affascinante contaminazione di elementi ereditati dal retaggio delle due autrici. È facile rintracciare in queste tavole disegnate dalla Takeda soluzioni che esaltino le influenze fantasy e steampunk della sceneggiatura; così come emergono rimandi alla scuola asiatica, soprattutto nei sublimi scenari e nel tratto. Anche in questo secondo tomo troviamo pagine costruite con dovizia di particolari, pregne di vivacità e dinamismo, che accompagnano ogni capitolo con la giusta enfasi.
Giunta al suo secondo volume, la serie vincitrice di un Hugo Awards nel 2017 si conferma una delle produzioni più appassionanti di questi ultimi anni, un fantasy innovativo che non smette di stupire, capitolo dopo capitolo.