Never Ending Man - Hayao Miyazaki, la recensione del film

Abbiamo visto e recensito per voi Never Ending Man - Hayao Miyazaki, documentario di Kaku Arakawa

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Ormai mi sono ritirato.

Hayao Miyazaki sembra ripetere questo mantra per convincere se stesso, ed è buffo che Never Ending Man si apra con la conferenza stampa del 2013 in cui annuncia la sua ferma volontà di andare in pensione. Il ritiro dalle scene è ormai un tormentone sul quale i fan scherzano, e lo stesso regista ammette - con una buona dose di autoironia - di esserci già passato: 
“Questa volta, però, sono determinato: è una decisione definitiva”. Non lo sarà, e nemmeno la volta successiva.

Never Ending Man, locandinaQuesto documentario è un'occasione preziosa per seguire nella sua quotidianità quello che probabilmente è il più grande artista vivente nel campo del Cinema d'animazione. La vita da pensionato dura poco, però: presto Miyazaki annuncia di voler realizzare il cortometraggio Boro the Caterpillar, di cui seguiamo la lavorazione.

L'opportunità fornita da Never Ending Man, a dire il vero, è doppiamente speciale, perché, mentre osserviamo il processo creativo con cui Boro the Caterpillar prende forma, possiamo vedere alcuni frammenti dei corti dello Studio Ghibli, che come noto vengono proiettati esclusivamente all'interno del Museo Ghibli, in Giappone; una scelta peculiare in un'era in cui i fan sono guidati dal collezionismo e dal completismo.

Il film racconta di un incontro generazionale e tecnologico, perché per la prima volta Miyazaki si cimenta con la CGI. Sarebbe naturale aspettarsi una certa diffidenza verso questa tecnica, considerando che Ghibli è il maggiore studio a portare avanti l'animazione tradizionale; il regista, invece, ammette che Boro non si potrebbe proprio realizzare senza l'ausilio del computer. Il protagonista del corto è infatti un bruco con piccoli peli distribuiti su tutto il corpo che reagiscono al movimento, al vento e a tante altre variabili: un personaggio incredibilmente complicato da animare su carta.

Suscita tenerezza la curiosità e la goffaggine con cui Miyazaki si approccia a questa rivoluzione del suo mondo; inoltre, invece di preoccuparsi di aspetti tecnici, continua a infondere umanità nel suo lavoro: suggerisce agli animatori di modificare un movimento di testa di Boro perché "sembra un adulto", in quanto i neonati non sono tanto agili, e, ricordando un conoscente portatore di handicap, critica duramente un'azienda che produce CGI che gli mostra un test effettuato su uno zombi deforme per un videogioco horror. È letteralmente "il vecchio che incontra il nuovo", una mentalità d'altri tempi che si apre verso le innovazioni, un po' come un nonno che cerca di stare al passo con le nuove tecnologie.

Se quello che viene mostrato è di sicuro interesse per gli appassionati di animazione giapponese, ciò in cui difetta questo film è probabilmente la costruzione narrativa: è un'opera in grado di stupire ed emozionare, ma manca di quel guizzo in grado di renderla davvero memorabile. Detto ciò, la colonna sonora riesce a valorizzare molte sequenze, creando un tappeto emotivo sorprendente e sottolineando momenti all'apparenza ordinari.

Never Ending Man nasce per una messa in onda televisiva, quindi vederlo nel nostro Paese sul grande schermo... be', forse sono scarpe più grandi di quelle che può permettersi di indossare. I fan di Miyazaki rimarranno però inevitabilmente affascinati da questo dietro le quinte in grado di definire la figura dell'osannato regista che lascia intuire perché non si sia ancora ritirato dalle scene; anzi, sappiamo essere al lavoro su un nuovo lungometraggio...

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