Lilith 18: La fine della caccia, la recensione
Abbiamo recensito per voi l'ultimo capitolo di Lilith, La fine della caccia, di Luca Enoch
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Siamo ai tempi della Rivoluzione Americana, fine '700, ma ci troviamo di fronte a una configurazione geo-politica ben diversa da quella che abbiamo imparato sui manuali scolastici. Le continue incursioni della protagonista attraverso i secoli, che hanno scandito i fatti più importanti dell'esistenza della nostra specie, hanno mutato in maniera pesante lo sviluppo degli accadimenti successivi, dando luogo a un corso alternativo degli eventi rispetto a quelli della realtà.
Enoch, basandosi su una solida documentazione, riscrive con creatività ed estro un capitolo straordinario della storia anglosassone, sfondo del suo ingegnoso intreccio che qui pone a compimento con un immancabile colpo di scena che scombussola ogni prospettiva finora abbozzatasi nella mente del lettore.
Se in Gea tale filosofia assume aspetti e interpretazioni fantascientifiche incentrate sul continuum spazio-temporale e sulla natura del Multiverso, orientata verso riflessioni sociali, in Lilith viene privilegiata la sfumatura fantastica e spirituale, associata a un messaggio morale. È chiaro che risulta forzato parlare di fumetto seriale, sia per la periodicità sia per la qualità dei contenuti: non solo di quelli relativi a soggetto e sceneggiatura ma anche visivi. Il character design del personaggio principale è molto accattivante, così come quello dell'inseparabile compagno, Lo Scuro, la belva sapiente che le fa da guida e consigliere. Ogni dettaglio è rifinito con dovizia e realizzato con tecnica sapiente e tratti raffinati.
È difficile trovare sul mercato - non solo italiano - un prodotto simile, firmato da un autore completo. Una similitudine si può riscontrare (e regge per svariati motivi) con il manga, che ricorda per l'impianto narrativo, che alterna drammaticità a spunti brillanti ed erotici, un ritmo serrato senza pause e l'assenza quasi totale di didascalie. Ma mentre in quest'ultimo il sensei è coadiuvato di norma da un team di assistenti, qui il lavoro nel suo complesso è frutto esclusivamente del talento di Luca Enoch, che ci auguriamo possa regalarci in futuro - oltre al pregevole Dragonero, firmato insieme all'amico e collega Stefano Vietti - un altro progetto di tal fattura.