Tra Leo Pulp e Monicelli - Intervista a Massimo Bonfatti, fumettista Girovago

Una lunga chiacchierata in cui Massimo Bonfatti ci ha svelato alcuni dettagli sul processo di realizzazione delle sue opere

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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In occasione della recente pubblicazione del volume I Girovaghi - Edizione completa e rammendata, abbiamo intervistato Massimo Bonfatti. L'autore modenese si è raccontato al pubblico di BadComics.it parlando della sua carriera e del processo di lavorazione dietro ai suoi fumetti più popolari.

Ciao, Massimo! Finalmente possiamo mettere le mani su una raccolta completa de I Girovaghi. Ci puoi raccontare come sono nati questi personaggi?

I girovaghiConsidero I Girovaghi il mio fumetto di formazione, cioè il primo con cui mi sono veramente misurato con impegno. Ero ancora uno studentello pieno di insicurezze (non che ora ne abbia molte, di sicurezze) quando creai Il Circo Bodoni, che presto trasformai ne I Girovaghi.

Racconto tutta la genesi in un testo all’interno del volume, ma posso aggiungere che a quell’epoca aiutavo mio padre nel suo mestiere di ambulante, ed è proprio nelle strade e nelle piazze, tra la gente di ogni sorta, che ho trovato gli stimoli più autentici per questo fumetto: suggestioni, esperienze che diventano personaggi e idee. Molti spunti sono consapevoli, altri sono inconsci.

Giusto ieri ho incontrato una persona che a quel tempo lavorava con me sulla piazza, allora era un giovanissimo turco arrivato in Italia assieme ad amici camionisti per costruirsi un futuro, mentre ora è un signore benestante che vive a Losanna. Parlando mi ha accennato a cose che avevo completamente dimenticato: per esempio che aveva lavorato nel circo di Moira Orfei. Ecco che mi rendo conto che assieme ad altre esperienze e conoscenze, i Girovaghi si sono formati nel mio inconscio, prima che sulla carta, e non ancora del tutto. Infatti sono ancora in evoluzione, e spero lo rimangano sempre.

In questo volume confessi di riconoscerti nel personaggio di Rico: dentro di te batte quindi un cuore da girovago?

Io mi sento girovago come probabilmente qualsiasi persona dotata di voglia di vivere la vita come un’avventura. Non necessariamente viaggiando o vivendo esperienze eccezionali. Mentre delineavo il personaggio di Rico ho effettivamente percepito la tentazione e il pericolo di farlo diventare una rappresentazione di me stesso. Parlo di pericolo perché l’identificazione voluta con un proprio personaggio la considero negativa.

In realtà io sono anche Arturo, Nando e Pepe; sono anche Gina, Paprika o addirittura il carrozzone stesso, o il fuoco del bivacco, che sono personaggi quasi quanto quelli “umani”. Rico somiglia un po’ a me quand’ero adolescente, ma moltissimo a mio figlio che è adolescente oggi, sia fisicamente che caratterialmente, anche se la cosa è ovviamente casuale. Rico potrebbe somigliare anche al mio vecchio amico turco, o a tanti altri.

Come può coesistere quest'anima girovaga con un mestiere come il fumettista che ti "incatena" al tavolo da disegno?

Stare al tavolo da disegno otto ore al giorno non è solo faticosissimo, ma addirittura controproducente. Dopo un po’ ti passa la voglia, e se in questi mestieri perdi l’entusiasmo, perdi tutto. Da ragazzo ho fatto per un periodo il pasticcere. Ero goloso, ma vi assicuro che il troppo stroppia! Per fare il fumettista, e sempre più sta diventando una professione fatta di diversi mestieri, bisogna trovare il modo di avere sempre sfide interessanti da vincere (o da perdere, non importa) e soprattutto la voglia di cimentarsi.

I Girovaghi ha un sapore quasi felliniano, riesce a raccontare la poesia del degrado... questi echi del regista romagnolo sono un'ispirazione che hai cercato nella creazione di questi personaggi?

Come no? A suo tempo - Fellini era ancora vivo - quando pensavo alle prime storie del Circo Bodoni, ebbi l’ardire di immaginare di pubblicarli e di chiedere a Fellini una presentazione. Illusioni di ragazzino. Ma non troppo impossibili, perché la vita è davvero una specie di circo in cui tutto può accadere, ma in cui niente accade veramente per caso.

Leo Pulp è forse il fumetto con cui sei riuscito a realizzare le storie più elaborate, sia dal punto di vista narrativo che da quello grafico. La serie era iniziata in Bonelli, dove però non riusciva a reggere le tempistiche della casa editrice; i volumi da libreria che ora sono usciti per saldaPress sembrano essere una collocazione ancor più efficace. Ci sono possibilità di vedere proseguire questa collana con storie inedite?

Leo PulpPer più di dieci anni ho cercato di proporre a diversi editori nuove storie di Leo Pulp. In alcuni casi ci sono arrivato veramente vicino, ma poi non ci sono riuscito. In Italia tutti apprezzano questo fumetto (che ha aperto le porte a diverse sperimentazioni in Bonelli essendo stato il primo albo a colori e umoristico di questa casa editrice), ma era impossibile trovare un editore, forse perché nessuno aveva il coraggio di pubblicare qualcosa che Bonelli aveva deciso di chiudere, o forse non avevano i mezzi economici per produrre nuove storie.

Eppure Sergio apprezzava sinceramente il personaggio e aveva stima in me, altrimenti non avrebbe realizzato tre albi. Leo Pulp è stato ripubblicato in diversi Paesi, tra cui gli USA, ma la riedizione di cui vado più orgoglioso è quella fatta con saldaPress: un’opera perfetta e un’edizione superlativa che sta per uscire anche in versione cartonata per collezionisti (ogni volume dei soli 300 stampati contiene una pagina di storyboard originale).

Riguardo ai motivi per cui Bonelli decise di sospendere le pubblicazioni, credo che ormai si possa sfatare la leggenda della mia presunta lentezza. Io credo che il vero motivo sia stato il rischio di trovarsi, come editore, a dover far fronte a miriadi di richieste da parte di autori umoristici, in un periodo di forte crisi per pubblicazioni del genere. Per questo chiuse anche la collana I grandi comici del fumetto, da cui Leo Pulp nacque.

Non è che Jacovitti, Cavazzano e Terenghi fossero troppo lenti, è che era stato un errore far nascere una serie umoristica in una casa editrice votata esclusivamente all’avventura (o per lo meno con l’editore che non amava il fumetto umoristico). Se poi, per giustificare l’errore fatto serviva usare come capro espiatorio Leo Pulp e Bonfatti, poco male. Io non ho particolari risentimenti, perché tutto sommato ho avuto più soddisfazioni di altri, ma sono convinto che questo sia il vero motivo, l’unico plausibile.

Abbiamo apprezzato molto la tua collaborazione con Casty sulla storia Tutto questo accadrà ieri, pubblicata su Topolino. Com'è stato disegnare per la prima volta una storia Disney?

Un’ennesima sfida, nata soprattutto dalla voglia di lavorare ancora un po’ con Casty, dopo tanti anni da quando facevamo Cattivik. Molta acqua è passata sotto i ponti, sia per me che per lui, ma il proposito di fare qualcosa assieme c’è sempre stato e l’occasione giusta è finalmente arrivata.

In questa storia speciale (che però abbiamo voluto trattare come “una bella storia NORMALE di Topolino") abbiamo cercato di unire il comune amore per lo stile di Gottfredson e Scarpa alle atmosfere di Leo Pulp, e il risultato è piaciuto.

Tutto questo accadrà ieri è una storia particolare, molto curata anche dal punto di vista grafico, che non sfigurerebbe in una riedizione in grande formato. Pensi ci siano possibilità di vederla?

È possibile. Vedo che ripubblicano le storie “particolari” in edizione cartonata, e questa merita, soprattutto per la trama avvincente e lo stile da fuoriclasse di Casty. Ho imparato molto da lui lavorando a questa storia, e lui mi ha molto aiutato nel disegno dei personaggi principali. Io ci ho messo molto di mio, ma i personaggi Disney meritano di essere studiati con molta attenzione, cosa umanamente impossibile per una storia una-tantum.

È stato un esperimento isolato, o ti vedremo un giorno al lavoro su altre storie Disney?

Chissà... Ormai in questa professione è tutto molto vago. Mi propongo di andare presto in Disney a Milano per conoscere di persona Valentina De Poli e Davide Catenacci, che ho avuto il piacere di contattare via mail e che mi hanno invitato. Loro hanno considerato la mia professionalità dandomi fiducia ad occhi chiusi (con la garanzia di Casty) e questo l’ho apprezzato molto.

Hai conosciuto Casty durante gli anni trascorsi a lavorare su Cattivik, personaggio al quale hai contribuito enormemente assieme ad altri autori come Sommacal, Michelon, Buffagni e Lusso. Da lettore si percepiva l'esistenza di un team che collaborava e si divertiva, prendendosi anche in giro attraverso frecciatine lanciate tra una vignetta e l'altra. Cosa ricordi di quel periodo?

CattivikUn sacco di cose! Aneddoti, facezie, scherzi, scazzi… è stato un lungo periodo di intensissimo lavoro in cui, oltre agli autori che hai nominato, ho collaborato strettamente con una piccola squadra di giovani talentuosi per molti anni, anche su altre cose.

Si tratta di Cesare Buffagni, che ha anche disegnato diverse storie di Cattivik in autonomia; Luca Raimondi che faceva lettering, inchiostri, retini e colori; Lucio Aloisi, che ha colorato quasi tutte le copertine; Mario Da Rin Zanco, che ha collaborato alla scrittura di diverse storie. Insomma, una piccola “factory” modenese degna della tradizione produttiva di Bonvi e di Silver.

A posteriori mi rendo conto di quanto fosse fertile e vitale quel modo di lavorare mentre allora era assolutamente la banalità quotidiana, non certo avulsa da mugugni o lamentele. Mi stupisco di come oggi quel modo di lavorare creativo venga considerato quasi mitico. Secondo me non è altro che il “modo giusto” di lavorare nei fumetti e mi dispiace constatare che diventa sempre più improbabile e improponibile oggi.

Era una prassi lavorativa artigianale (l’Artigianato è importante), ma anche intellettuale, manuale, artistico, fatto per divertirsi, divertire e soprattutto per guadagnarsi la pagnotta. Mai e poi mai avrei “fatto bottega” da Bonvi o da Silver o Clod o De Maria se non mi avessero pagato quei pochi spiccioli. Ora si chiede perfino ai professionisti di lavorare “per la gloria”, figuriamoci i giovani! Puah!

Eppure, volendo e insistendo, si riesce ancora a vivere di questo lavoro, a patto di “tenere la testa tra le nuvole, ma i piedi per terra” (proverbio zingaro). Cioè pretendere di essere trattati dignitosamente da chiunque, a cominciare da chi ti chiede di fare qualcosa. Dignità per tutelare e proteggere soprattutto la propria creatività e le proprie tasche, se ci si riesce..

Hai disegnato Capelli Lunghi basandoti su una sceneggiatura mai realizzata di Mario Monicelli. Com'è nata questa collaborazione?

Capelli lunghiMichele Rossi, di Grottammare, organizzava una manifestazione ad Acquaviva Picena (AP) sul tema di Fumetti & Cinema. Data la sua conoscenza del mondo dello spettacolo, trovò alcuni soggetti di film inediti, tra cui quello di Monicelli, che affidò a me perché ambientato dalle mie parti, nella bassa modenese.

Realizzai questa breve storia in tredici tavole, anche se ne avrebbe meritate almeno 80, magari da pubblicare in volume (oggi si direbbe “graphic novel”). Ho il rammarico di aver lasciato le tavole originali al Comune di Acquaviva ai fini di un vago progetto di raccolta civica mai realizzata. A questo punto credo sarebbe giusto che me le restituissero.

Comunque conoscere Monicelli è stata una delle esperienze più importanti della mia vita, per quello che mi ha permesso di capire, per le amicizie che sono nate in conseguenza, per le cose interessanti che continuo a scoprire, sia artistiche che umane. Con Aliberti Editore, io, Monicelli e il giornalista Franco Giubilei abbiamo fatto un libro che racconta come il film non realizzato (e sarebbe stato un grande film) è diventato un fumetto breve che qualcuno considera “un capolavoro di sintesi”.

Sappiamo che hai il desiderio di trasformare quest'opera in un lungometraggio animato: in questi anni c'è stato qualche soggetto interessato?

Macchè! Forse non sono bravo io nel muovermi e contattare le persone giuste. Eppure sono stato a un passo dal realizzare la versione estesa, sia in Italia che in Francia. Avevo perfino un contratto con un’agenzia per il licensing di Capelli Lunghi, avendo sottoscritto un accordo con Monicelli che mi consente di ricavare dall’idea e dalla strip ogni utilizzo possibile. Potrei farci un film, una commedia teatrale, un cartone animato, un romanzo a fumetti o quant’altro. Forse dovrei insistere e proporre l’idea nei circuiti adatti.

Però, dico: si parla del libro di Capelli lunghi che è comparso perfino sul sito ufficiale di Mario Monicelli! Possibile che in Italia le idee debbano sempre scavalcare le montagne? Chi lavora in certi settori dovrebbe sbattersi lui nel cercare le idee buone, e Capelli lunghi lo è!

Purtroppo la mia capacità di mantenere l’entusiasmo su un progetto è limitata. Dopo una decina d’anni in cui le provo tutte, comincia a passarmi la voglia. È un po’ così anche per Leo Pulp o altri progetti, come Brancaleone a fumetti.

In passato hai parlato di un accordo fatto con Monicelli per adattare a fumetti altri suoi film: qualcosa si sta muovendo o è un progetto che per il momento rimane nel cassetto?

Infatti Brancaleone era il più interessante tra questi. I diritti appartengono agli eredi di Monicelli e degli sceneggiatori Age e Scarpelli, ma credo anche al produttore Cecchi Gori. Fatto sta che è risultato molto ostico districarsi nel ginepraio legale e burocratico. In compenso, ho avuto l’onore di fare amicizia con Giacomo Scarpelli, che è una persona squisita, e con un’infinità di cose da raccontare sul modo del cinema e a sua volta grande disegnatore e sceneggiatore. Ogni tanto ci vediamo e ce ne raccontiamo di belle!

Su cosa sei al lavoro attualmente? Quali sono le tue prossime opere che potremo leggere?

Questa è la domanda che più mi imbarazza, perché non ha risposta. Il mio mestiere, o per lo meno questo mestiere come lo vivo io, è quanto di più precario si possa immaginare. Vorrei riprendere Limortacci per The Walking Dead, ma c’è qualcosa di inconscio (e anche qualcosa di molto pratico) che tuttora me lo impedisce.

Se il Destino volesse, potrei cominciare domani nuove storie Disney o Bonelli, oppure potrei pubblicare una corposa antologia di cose mie fatte negli anni, molte delle quali mai viste o quasi. Potrei cambiare settore e darmi al cinema, o alla pittura o fare il bidello in una scuola. Lo confesso, non sono uno di quelli che nella vita si “sistemano”. Io sono sempre on the road, non per scelta, intendiamoci, ma evidentemente il mio destino è quello.

Per finire, un consiglio per i nostri lettori: quali sono i fumetti letti recentemente che ti sono piaciuti di più, e cosa ti ha colpito?

Ecco, questa è la domanda più imbarazzante subito dopo la precedente! Mmh… vediamo, sul comodino ho il fumetto Bacon di Marco Natale e Ilaria Lazzarotto, molto bello. Il libro A bordo della cronosfera - I fumetti tra scienza, storia e filosofia di Marco Ciardi; alcuni albi recenti di Topolino con storie di Casty, nonché diversi Topolino d’oro; il solito Rat-Man, l’ultimo Le storie di Claudio Nizzi e Volt, che vita di Mecha edito da saldaPress. Ieri ho preso anche Dylan Dog: Gli anni selvaggi scritto da Barbara Baraldi, mia conterranea. In più pacchi di roba comprata ai mercatini dell’usato, compresi libri di vario tipo, alcuni dei quali non leggerò mai.

Insomma, consigli non ne dò a parte l’unico possibile: leggete quello che vi pare, come vi pare e quando vi pare!

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