Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone e del suo cane alto trecento metri, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone e del suo cane alto trecento metri

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Cosa succede se uno sceneggiatore estremamente consapevole dei mezzi dell'arte sequenziale, che non disdegna la metanarrativa, racconta una storia assieme a un fumettista e disegnatore tra i meno seri che si siano mai visti in circolazione, dotato di un talento per il nonsense e per la letteralità comica assolutamente cristallino? Succede Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone e del suo cane alto trecento metri.

Quando Gregory Rosboff, agente dell'esercito americano, scopre che sua sorella Anjelica è coinvolta in una congiura per rovesciare lo Zar di Russia, parte per un'avventura imprevedibile assieme all'indiano Cervo di Legno, con cui darà vita a una storia che non vi raccontiamo qui, un po' perché non vogliamo anticiparvi troppo, un po' perché temiamo che ci toccherebbe rileggere il libro di Sio e di Tito Faraci per poterlo fare, dato che ce la ricordiamo un po' sì e un po' no. A un certo punto, ci siamo trovati, durante la rapida lettura di Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone, a non seguirla più. Non ci sentiamo granché in colpa, ma pensiamo comunque che sia un peccato.

Il motivo della nostra autoassoluzione? Seguire la storia non è semplicissimo, non perché sia particolarmente complessa, ma perché questo libro contiene un interessante esperimento editoriale: la sceneggiatura di Faraci è proposta in forma di sceneggiatura, appunto, mentre la storia a fumetti di Sio si trova a fronte, giustapposta come la traduzione italiana di un libro di poesie in lingua straniera. La ragione? Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone vuole mettere in mostra la capacità di Sio di prendere alla lettera la normalità per dar vita all'assurdo, di deformare l'esistente per porlo al servizio della sua comicità. Ecco quindi che chi vuole rovesciare lo Zar vuole proprio girarlo sottosopra, chi tira un grilletto lancia un piccolo coleottero trillante, un mezzobusto di una persona è proprio solo mezzo busto di quella persona.

Niente di nuovo per i fan di Sio, che è maestro di questa comicità. Interessantissimo però proporre l'ironia visiva e narrativa del giovane fumettista e youtuber svelandone il meccanismo, grazie a una sceneggiatura scritta appositamente per dargli l'occasione di farlo con intelligenza, giocando con gli stereotipi di genere in maniera che situazioni del tutto familiari al lettore possano diventare qualcosa di nuovo, diverso, sorprendente e comico.

I problema è che, per quanto Faraci si sforzi di variare sul tema, dopo un po' il gioco diventa chiaro. Giocare a carte scoperte è divertente, ma a un certo punto diventa noioso. E la noia e la ripetitività intervengono a gamba tesa, durante la lettura di Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone, purtroppo, facendoci un po' rimpiangere i fumetti di Benito Jacovitti, che cinquant'anni prima di questo libro trasformava le metonimie insite nel linguaggio di tutti i giorni, i modi di dire e i tic della lingua italiana in sorprendenti (aggettivo fondamentale) immagini in cui una gamba del tavolo era davvero una gamba, con tanto di piede e scarpa, e chi metteva gambe in spalla si trovava davvero coi piedi sulla testa degli omeri. E così via, tra salami e matitone, senza però telefonarci lo scherzo e inserendo l'epifania linguistica e grafica in una storia coinvolgente e parodia di genere, proprio come quella di Faraci e Sio.

La storia che, nel caso di Max Middlestone, è invece ardua da seguire. Nel costante passaggio da sceneggiatura a fumetto, o da fumetto a sceneggiatura, ci si dimentica di lei. Quasi bisogna obbligarsi a riprenderne le fila, reimmergendosi in essa volontariamente. Il problema è che questo passaggio è faticoso, almeno per chi vi scrive, distraente, e inevitabilmente ripetitivo. Con il risultato di convincere presto il lettore che la vicenda non sia altro che il pretesto per svelare il gioco comico, e che, tutto sommato, una storia sarebbe ben valsa l'altra, in questa situazione.

Peccato, perché l'idea di base di questo libro è decisamente interessante. Forse un numero di pagine più ridotto rispetto alle oltre cento, tra sceneggiatura e fumetto, sarebbe stato più efficace e incisivo, avrebbe consentito di non rinunciare alla narrazione e quindi, di dimenticare la tecnica, il meccanismo. Forse sarebbe stato proprio lì il trucco: riuscire a nascondere in piena vista quel che si voleva svelare, in maniera da proporcelo, ogni volta, con sorpresa. Avremmo riso alla fine del volumetto come all'inizio.

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