Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone e del suo cane alto trecento metri, la recensione
Abbiamo letto e recensito per voi Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone e del suo cane alto trecento metri
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Quando Gregory Rosboff, agente dell'esercito americano, scopre che sua sorella Anjelica è coinvolta in una congiura per rovesciare lo Zar di Russia, parte per un'avventura imprevedibile assieme all'indiano Cervo di Legno, con cui darà vita a una storia che non vi raccontiamo qui, un po' perché non vogliamo anticiparvi troppo, un po' perché temiamo che ci toccherebbe rileggere il libro di Sio e di Tito Faraci per poterlo fare, dato che ce la ricordiamo un po' sì e un po' no. A un certo punto, ci siamo trovati, durante la rapida lettura di Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone, a non seguirla più. Non ci sentiamo granché in colpa, ma pensiamo comunque che sia un peccato.
Niente di nuovo per i fan di Sio, che è maestro di questa comicità. Interessantissimo però proporre l'ironia visiva e narrativa del giovane fumettista e youtuber svelandone il meccanismo, grazie a una sceneggiatura scritta appositamente per dargli l'occasione di farlo con intelligenza, giocando con gli stereotipi di genere in maniera che situazioni del tutto familiari al lettore possano diventare qualcosa di nuovo, diverso, sorprendente e comico.
La storia che, nel caso di Max Middlestone, è invece ardua da seguire. Nel costante passaggio da sceneggiatura a fumetto, o da fumetto a sceneggiatura, ci si dimentica di lei. Quasi bisogna obbligarsi a riprenderne le fila, reimmergendosi in essa volontariamente. Il problema è che questo passaggio è faticoso, almeno per chi vi scrive, distraente, e inevitabilmente ripetitivo. Con il risultato di convincere presto il lettore che la vicenda non sia altro che il pretesto per svelare il gioco comico, e che, tutto sommato, una storia sarebbe ben valsa l'altra, in questa situazione.
Peccato, perché l'idea di base di questo libro è decisamente interessante. Forse un numero di pagine più ridotto rispetto alle oltre cento, tra sceneggiatura e fumetto, sarebbe stato più efficace e incisivo, avrebbe consentito di non rinunciare alla narrazione e quindi, di dimenticare la tecnica, il meccanismo. Forse sarebbe stato proprio lì il trucco: riuscire a nascondere in piena vista quel che si voleva svelare, in maniera da proporcelo, ogni volta, con sorpresa. Avremmo riso alla fine del volumetto come all'inizio.