Tex 673: Il segno di Yama, la recensione

Tex 673: Il segno di Yama, di Mauro Boselli e Fabio Civitelli, è un episodio cruciale della serie che vede il ritorno in continuity di Yama

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Fabio Civitelli, uno degli illustratori più conosciuti e amati di Tex, torna dopo quasi cento numeri sulla testata regolare per realizzare un episodio cruciale. Segna il ritorno in continuity di Blacky Dickart, o forse meglio dire Yama, con il quale si cimenta per la prima volta Mauro Boselli. Sarà distribuito in edicola il prossimo 8 novembre e abbiamo potuto leggerlo e recensirlo per voi in anteprima.

L'ultima breve comparsa del figlio dell'acerrimo nemico di Aquila della Notte risaliva a Una trappola per Carson di Claudio Nizzi e Claudio Villa (Tex 502, agosto 2002). Lì sembrava aver perso ogni potere di Magia Nera trasmessogli dal padre Mefisto prima di morire, ridotto a girovagare per il West con la madre Myriam. Da quell'antefatto riparte la vicenda narrata in questo Tex 673, dove rincontriamo i due in Nebraska, nella località di Dunlap, destinata a diventare un città fantasma a causa di una tempesta che non assomiglia a un evento naturale. La prima parte della storia è dedicata proprio al tornado che si abbatte spazzando ogni cosa sul proprio cammino e che consegna all'ex villain un'impensabile superbia, oltre alle ritrovate facoltà sovrannaturali.

È da oltre due anni che Boselli è al lavoro su questo soggetto, indirizzato a trasformare il fragile lanciatore di coltelli in una figura molto più complessa e sinistra, dalla doppia personalità e degna di un grande antagonista del nostro ranger. Il risultato sono una quarantina di pagine dal ritmo serrato e una regia molto godibile, da horror anni '60, lo stesso stile usato dall'artista di origini toscane nei ficcanti elementi macabri e raccapriccianti che si alternano e si mescolano alla furia del ciclone, immortalata con una suggestiva tecnica di ispirazione divisionista.

Uno stacco netto ci catapulta in New Mexico, ai confini del White Sands Desert, al fianco di Kit Willer e Tiger Jack, sulle tracce di quattro banditi. Hanno depredato una missione e ucciso due frati, ma sono solo alcuni membri della banda che ha compiuto il colpo e all'inseguimento della quale sono gli altri due pards: Tex e Carson. Il pericolo, come si suol dire, è il loro mestiere, ma dietro a esso si cela una minaccia molto più vasta e micidiale in cui non sono solo umane le forze in gioco, come avverte il funesto presagio che appare sulla splendida copertina di Claudio Villa.

Il segno di Yama è l'ennesimo imperdibile capitolo della saga nata dall'immaginazione di Gianluigi Bonelli e dall'estro di Aurelio Galleppini. Siamo abituati a dare per scontata una solida e avvincente sceneggiatura di Tex quando a firmarla è il suo editor, dimenticando i tempi, la cura e il talento con cui ogni volta viene confezionata e regolarmente ne restiamo affascinati. È un rapimento che diventa stupore davanti ai disegni di Civitelli, che prima si e ci diverte sporcando il foglio bianco con sprazzi di nero per le ambientazioni in pieno deserto e poi illumina un fondo scuro di lampi di luce per quelle nel profondo della notte. Le vignette, in un tale contrasto, ricordano quasi i positivi e i negativi fotografici, sfrigolanti di azione.

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