Dave McKean sull'arte e la guerra di Black Dog: The Dreams of Paul Nash
Dave McKean rivive l'esistenza tormentata di Paul Nash, pittore britannico surrealista segnato dall'esperienza della Prima Guerra Mondiale
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Vi abbiamo già dato conto delle origini di questo particolarissimo volumem che la stampa d'Oltreoceano e oltremanica già definisce visionario. Condensazione cartacea di un'esperienza multimediale itinerante, accoglie tutto l'amore di McKean per Paul Nash, come testimonia e spiega l'intervista, rilasciata a Comic Book Resources, che vi proponiamo di seguito nei suoi punti nodali.
Il mio legame con Nash è responsabilità di Stanley Spencer. Sono cresciuto vicino a Cookham e lui era il nostro artista locale. Mi piacevano le sue figure espressioniste e i suoi quadri simbolisti e fu lui a darmi un'idea di dove Nash vivesse e del suo ruolo nella storia dell'arte, di quella britannica in particolare. Mi innamorai immediatamente delle sue influenze vorticiste, della potenza delle sue linee compositive, dell'intuizione astratta delle sue forme quasi scultoree.
All'inizio della mia carriera, mi trasferii in mezzo al niente, nel Kent meridionale, molto vicino a dove Nash viveva dopo la Guerra Mondiale. Inoltre, la campagna inglese era diventata una componente importante della mia vita e del mio lavoro. non sono un fan della tradizione pittorica britannica dei paesaggi, ma il contributo di Nash a questo genere spicca particolarmente.
I suoi sono paesaggi a tutti gli effetti, ma, nonostante l'assenza di figure umane, è immediatamente percepibile quel che c'era nella sua mente al momento di realizzarli e i quadri risultano ben più di una semplice visione personale di un luogo. Ogni cosa viene interiorizzata e trasformata, al punto che alberi e rocce diventano personaggi e, nelle opere realizzate durante la guerra, il paesaggio diventa di carne, ossa e sangue. C'è sempre questa idea di una volontà umana forzatamente inserita nel paesaggio.Quando ho iniziato a lavorare a Black Dog, non sapevo moltissimo della sua vita, al di là delle sue opere, se non che era stato un artista di guerra ed essenzialmente paesaggista. Quindi è stato meraviglioso immergermi nel suo tempo, nella sua epoca, nella guerra, nelle esperienze sue e di chi gli stava intorno, tramite le lettere che ha lasciato e il suo lavoro.
Ho deciso di mettere in scena la sua vita tramite i suoi sogni per due ragioni. Tutte le immagini che ha realizzato, mi appaiono come panorami onirici e lui parla dei propri sogni nella sua autobiografia. Tra le primissime cose che scrive di sé, citando i suoi ricordi più antichi, c'è proprio il sogno di un cane nero che lo guida fuori da un labirinto buio.
Inoltre, volevo che il volume scatenasse una reazione immaginativa, visiva, alla vita di Nash, volevo cercare di dare una mia personale spiegazione alla sua decisione di smettere di dipingere persone. Mi sembrava che, questa sorta di terra di nessuno dei sogni, dove io e lui potevamo incontrarci, fosse l'occasione di rendere interessante la discussione sulle sue scelte, sulle sue esperienze e paure, le relazioni personali con famiglia, amici, commilitoni.
Ma i legami strutturali li ho mantenuti molto liberi. Ho imparato, con il tempo, a lasciare che il contenuto delle opere cresca e cambi, a non ostacolare il dialogo tra quel che è fatto e ciò che avrebbe potuto o potrebbe essere, come in un certo tipo di teatro d'improvvisazione. Preferisco questo metodo caotico, rispetto alla rigida disciplina con cui lavoravo un tempo.
Il risultato è un'opera ibrida, in cui gli scritti di Nash sono incorporati nella storia di McKean, così come i dipinti del primo penetrano e informano le tavole realizzate dal secondo.
Non avevo alcuna intenzione di ristampare direttamente il suo lavoro e nemmeno di realizzare l'intero libro secondo il suo stile. Ma citare alcuni dei suoi quadri e dei suoi testi aveva senso, laddove la narrazione o le immagini lo richiedessero, per capire più a fondo l'uomo e l'artista.
Il volume, pubblicato da Dark Horse, è frutto del lavoro svolto da McKean su richiesta di 14-18 Now, museo londinese sulla Prima Guerra Mondiale, che ha sorpreso l'artista con questa proposta e gli ha dato l'occasione di immergersi in un'esperienza enorme come quella della guerra attraverso l'arte e la sua narrazione. Il risultato primario è una mostra, ancora attiva nel museo, poi trasformato da McKean in un fumetto, con la collaborazione di Dark Horse.
Non ho mai smesso di realizzare fumetti, solo di lavorare con DC Comics e di pubblicare per il mainstream. Sono ancora innamorato di questo medium e ho realizzato storie brevi, raccolte in un volume dal titolo Pictures That Tick. Mi sono divertito a portare il fumetto in luoghi bizzarri, come il libro di cucina di Heston Blumenthal o l'autobiografia di John Cale.
In questi anni ho fatto anche un sacco di altre cose per il cinema, il teatro, il design. Ed ora, questa sorta di nuova età dell'oro del fumetto che stiamo vivendo, mi sta facendo venir voglia di tornare ad occuparmene in maniera più costante e pubblicare più volumi. Ma saranno le mie storie, realizzate a modo mio. Il mio prossimo libro uscirà per Abrams Books e si chiamerà Caligaro, ispirato al film espressionista tedesco, Il gabinetto del dottor Caligari.
Fonte: Comic Book Resources