Gintama 1 - 3, la recensione

Gintama è stato uno degli annunci Star Comics più graditi all'ultima Lucca Comics: in patria è un vero e proprio cult, in Italia scopriamo ora il perché...

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Gintama è stato uno degli annunci salutati con più entusiasmo alla conferenza Star Comics dell'ultima Lucca Comics. La casa editrice perugina ha deciso di riproporlo dal primo numero dopo che Planeta DeAgostini ne aveva sospeso la pubblicazione. In Giappone questo mix di comicità surreale, avventura e fantascienza è un vero e proprio cult, a cui hanno fatto seguito trasposizioni anime, OAV e lungometraggi. Il manga ancora in corso, è vicino a quota 45 milioni di copie vendute e ora che ne abbiamo goduto i primi tre volumi, ne capiamo il perché anche in Italia.

L'editor di Weekly Shonen Jump aveva richiesto a Hideaki Sorachi una saga storica, incorniciata nel Giappone medioevale. Le aspettative non sono state disattese, ma sul magazine più noto di Shueisha è finito qualcosa di assolutamente anomalo e straordinario, in cui si fondono elementi caratterizzanti età distinte e antitetiche seppure contigue. L'ambientazione è quella che potremmo definire una Terra parallela durante l'era Tokugawa (1603-1867) o Edo: è questa la città dove si svolge la vicenda, la futura Tokyo, la residenza del vero potere, quello militare dello shogun, ben rappresentato nel fumetto.

Tuttavia sono presenti richiami al successivo periodo Meiji (1867 – 1912), che segna la rottura dell'isolamento e l'abolizione dello shogunato, con l'episodio delle “navi nere” (1853), l'arrivo delle quattro imbarcazioni da guerra statunitensi che aprono quasi con la forza l'impero agli scambi culturali e commerciali. Questo evento viene trasfigurato narrativamente nell'invasione dei cosiddetti Amanto, letteralmente “gente del cielo”, con cui la popolazione indigena convive suo malgrado ormai da vent'anni, nonostante siano sorte organizzazioni per la cacciata dello straniero, alcune di matrice terroristica, dopo la proibizione di mostrare la katana in pubblico e la cancellazione della casta dei samurai. Dal canto loro gli extraterrestri hanno portato grandi innovazioni tecnologiche come TV, auto, internet e molto altro ancora.

Il soggetto è un libero sfogo della fantasia di Sorachi che non sembra avere confini ma è anche una intelligente rivisitazione in chiave ironica e sarcastica delle epoche romanzate che non fa sconti a nessuno, né al proprio paese, riconosciuto talvolta come retrogrado e ultra-conservatore, né agli invasori, metafora di noi occidentali, vanitosi e arroganti. Il protagonista è il giovane Gintoki Sakata, un ronin atipico, affiancato dal suo apprendista Shinpachi Shimura e dalla giovane Kagura, appartenente agli Yato, uno dei popoli più potenti dell'universo. Sono di professione tuttofare e in effetti si adeguano a qualunque compito e lavoro per sbarcare il lunario e pagare l'affitto all'arcigna padrona di casa Otose, uno dei comprimari irresistibili della serie.

Sotto la matita e la penna irriverenti dell'artista, finisce letteralmente di tutto, compreso se stesso e il suo titolo, che rimanda alla parola Kintama, termine idiomatico per indicare volgarmente i testicoli, di cui Sorachi chiede burlescamente scusa. È solo una degli sbeffeggiamenti a cui vengono sottoposti i lettori, a partire dalla trama. Non ne esiste una, l'autore si prende gioco pure di questa, annullandola in brevi storie autoconclusive, più funzionali ai fini comici, legate da una leggera continuity. La componente grafica è molto godibile, il tratto è limpido, netto, poco propenso ai retini. Come il racconto, è un ibrido di generi che a uno stile classico sovrappone una situazione grafica talvolta innovativa, altre quasi improvvisata.

Analisi ed elucubrazioni a parte, Gintama fa ridere, fa dannatamente ridere, spesso contro la propria volontà. Ogni brano è imprevedibile, strampalato. Dopo averlo divorato, il desiderio è di andare a vedere cosa accadrà nel successivo. Come per le patatine fritte, non si riesce a smettere e non le si vorrebbe mai finire, tanto da domandarsi: "Ma non starò esagerando?"

Il bello qui è che non c'è alcun pericolo di indigestione o d'ingrassare.

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