X - A sexy horror story ripercorre le fondamenta dell’horror

X - A sexy horror story recupera l'atmosfera degli horror proibiti, la mischia con l'erotismo e ripassa le fondamenta del genere

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MaXXXine esce al cinema il 28 agosto.

C’è stato un tempo in cui chi faceva l’amore negli horror se la vedeva male. Sesso e morte, due poli perfetti per il cinema. Sullo schermo ci sono i corpi, nei fotogrammi c’è la vita sottratta alla sua fine, eterna nel tempo. X - A sexy horror story, si divide esattamente in due parti seguendo queste direttive.

La prima racconta di un gruppo di giovani che si reca in una casa sperduta nel Texas del 1979 per girare un film porno. Maxine Minx, Jackson Hole e Bobby-Lynne Parker sono gli attori. Wayne Gilroy è il produttore. R.J. Nichols è il regista; un cinefilo con la missione di realizzare un’opera d’arte rivoluzionaria, nonostante la materia “bassa” di cui tratta (un personaggio tragicamente comico). È accompagnato dalla sua fidanzata, Lorraine Day, che nulla sembra avere a che fare con il mondo della pornografia. 

Nella seconda parte del film finisce il sesso ed entra la morte. Il cambio avviene proprio nel momento in cui “l’innocente” Lorraine (Jenna Ortega) si lascia trascinare nella “tentazione” del sesso. Uso volutamente due termini dal sapore religioso, perché la terza forza che spinge X - A sexy horror story è proprio quella della morale. L’intersezione con il credo appare all’inizio del film, mentre uno sceriffo arriva sul luogo della strage e alla televisione un predicatore si scaglia contro la depravazione dei giovani degli anni ‘70. 

Ti West ha dimostrato con X - A sexy horror story di avere un grande stile capace di reinventarsi a tal punto da reggere una trilogia. I successivi Pearl e Maxxxine cambiano estetica, ma continuano a battere sugli stessi temi, rafforzando così una scrittura che invece è qui ancora acerba. Preso da solo il film va alla ricerca di tante cose senza sapere quale rendere il centro. Lo trova insieme agli altri capitoli. C

’è un’inutile struttura a flashback, dove la prima sequenza corrisponde all’ultima in termini cronologici. C’è Peeping Tom e la sua idea del fare cinema come atto voyeuristico, ci sono gli slasher classici contaminati da un tono da fiaba in cui la vecchia strega si vuole impadronire del corpo della giovane malcapitata. X - A sexy horror story imbastisce una serie di tensioni emotive nel sesso, che vengono bruscamente interrotte e non concluse dalla carneficina. È la sua idea migliore. Proprio in funzione della sua ambizione e del suo stile che risiede nel passato del cinema però, questa operazione imperfetta, è un ripasso di alcuni fondamentali dell’horror.

La censura

Nel 1968 il cinema era un’arte sconvolgente. I registi della nuova generazione mettevano alla prova tutto quello che si poteva filmare e mostrare sul grande schermo. Si inventò così il sistema di rating, nella forma più simile a quella attuale. Una commissione (la MPAA) riceveva i film dalle distribuzioni stesse e li valutava nei contenuti assegnando un giudizio. Chi non lo sottoponeva, o era eccessivo al di fuori di ogni limite, si beccava la X. Le distribuzioni potevano scegliere di autoimporsi il limite d’età senza sottoporlo alla commissione. La suggestione del divieto fu la benzina sia dell’horror che della pornografia. Non c’è nulla come il proibito per attirare l’attenzione. Così la X divenne presto uno strumento di marketing: i cinema a luci rosse la triplicarono nell’ XXX, mentre i film più duri dell’underground e dell'exploitation si godevano il fatto di poter esistere nelle sale "ribelli" che accoglievano le X.

X - A sexy horror story è un omaggio, a partire dal titolo, a quel rating. L’ambizione di R.J. Nichols di trarre arte dalla pornografia, è lo spirito di ricerca di quel decennio fatto sotto forma di personaggio. Si scopre il cinema come uno stimolatore di impulsi. In Pearl, prequel ambientato nel 1918, lo stesso stimolo ha la forma di una visione illegale in bianco e nero, osservata dalla cabina di proiezione. Qui invece i personaggi si trovano su un set, sono loro a sfidare la morale con i loro corpi giovani e bellissimi. 

Ti West sa che il brivido dell’horror non viene dall’orrore in sé, ma dall’assistere a un qualcosa che non sarebbe lecito osservare. Eppure l’occhio è attratto dal confine del proibito, l’occhio si sfida, ha fame di sapori estremi. Questa frenesia è di Maxine e anche di Pearl. 

Il tempo sui corpi 

Mia Goth interpreta Maxine e anche Pearl. Il parallelismo è fin troppo esplicito. Una giovane, bellissima, repressa in fuga per la propria liberazione. Cattura la sua giovinezza nei filmati porno. L’altra è vecchia, decadente come la sua fattoria, ha la fiabesca invidia per la giovinezza. 

X - A sexy horror story è meno sexy di come promette il titolo. La sceneggiatura ragiona però sul piacere e sulla seduzione come momentanei, destinati a finire presto. Sta qui un altro fondamento dell’horror: il corpo come condizione principale di esistenza del genere. Anche nel caso dei fantasmi, quindi l’assenza di una carne, c’è sempre un vivente tormentato o una tensione verso il tornare ad esistere. 

Il cinema è l’arte dei fantasmi, catturati nella pellicola e costretti a rivivere sempre lo stesso istante. È un genere che fa i conti con il tempo, molto più di altri. In particolare con la dilatazione e l’istante, l’attimo breve. Nell’horror la costruzione dello spavento o della morte è lunga… per una conclusione generalmente brevissima. La suspense è costruzione di una conseguenza che si mostra in pochissimo tempo. 

Un coccodrillo che attende

Così Ti West racconta il terzo principio dell’horror nell’immagine di un coccodrillo che attende la preda e le si avvicina lentamente. Guardare un film di paura significa sottoporsi al ritmo dettato dalla regia. X - A sexy horror story a volte usa dei jump scare di bassissima lega (un personaggio che compare all’improvviso anche se la scena si svolge in un prato senza luoghi dove nascondersi), ma prova anche a costruire una tensione più viscerale. L’orrore di dormire accarezzati dalla versione più anziana e depravata di sé.

Alla fine X è tutta questione di specchi. Uno di questi si infrange colpito da un proiettile; non potrà più mostrare “la più bella del reame”. Ci sono poi finestre, attraverso cui guardare la vita altrui e invidiarla. In pratica: l’atto di andare al cinema, ridotto alle sue fondamenta.

Articolo in collaborazione con LuckyRed

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