The Wrestler incontra Spinal Tap?

E' uno dei documentari più acclamati dell'anno, che ricorda sia il celebre mockumentary di Rob Reiner che la pellicola con Mickey Rourke. Ma è tutto vero! Si tratta di...

Condividi

Rubrica a cura di ColinMckenzie

...Anvil! The Story of Anvil. Ammetto sinceramente che la prima volta che ne avevo sentito parlare, ci ero cascato, ritenendo che fosse una sorta di omaggio (finto) a Spinal Tap. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando (e vista la reperibilità di quel classico in Italia, non sarebbe strano), Spinal Tap era un falso documentario su un gruppo heavy metal mai esistito, ma decisamente spassoso. In effetti, c'era di che rimanere ingannati. Il batterista degli Anvil, per esempio, si chiama Robb Reiner, nome che sembrava un omaggio al regista di Spinal Tap (nonché di grandi film come Misery e Harry, ti presento Sally). C'è Stonehenge, per dirne una, e addirittura gli amplificatori che arrivano a 11 (se non è una citazione questa...).

Tuttavia, è assolutamente vero. Certo, è probabile che il regista Sasha Gervasi (fan di lunga data del gruppo) abbia volutamente giocato con degli elementi legati a quella pellicola, tanto che alcuni riferimenti (così come la struttura del film, soprattutto l'inizio e la fine) non sembrano assolutamente casuali. Ma forse la pellicola recente che ricorda di più questo documentario (anche se va detto, per non generare equivoci, che questi prodotti sono stati presentati lo scorso anno quasi in contemporanea) è sicuramente The Wrestler, per la sua classica storia di un eroe che non è più tale, ma che cerca di risalire la china.

Fin dall'inizio, con un megaconcerto in Giappone con grandi gruppo di successo come Scorpions e Bon Jovi, si capisce che gli Anvil avrebbero potuto essere famosissimi. Eppure, non ce l'hanno fatta per tante ragioni. Non meritavano la gloria? Non è quello che pensano ospiti illustri come
Lars Ulrich (Metallica), Lemmy (Motorhead), Slash (Guns n' Roses) e Tom Araya (Slayer), che sicuramente saranno anche gentili nelle loro dichiarazioni, ma sembrano assolutamente sinceri. Eppure, la dura realtà è fatta di lavori molto comuni e frustranti (non molto diversi da quelli di Randy 'The Ram' Robinson in The Wrestler). Ma, nonostanti tanti guai e disavventure, gli Anvil continuano a provarci.

I risultati forniscono un'aria malinconica a tutto il prodotto (certi concerti con poco pubblico ricordano ancora Spinal Tap), nonostante un personaggio (esilarante) di manager italiana sui generis e sboccatissima. In effetti, i momenti simpatici non mancano. Penso per esempio a un programma televisivo degli arbori, quando i giovani Anvil diventano oggetto di una crociata contro i valori immorali insegnati ai nostri giovani o a un matrimonio decisamente sui generis. Ma, in generale, la sensazione prevalente è la tristezza. Dai momenti in cui loro cercano di entrare in sintonia con certi grandi musicisti, a tentativi di lavori decisamente poco adatti, per non parlare di certi litigi o delle dichiarazioni delle loro mogli (ovviamente e giustamente frustrate).

Forse, il maggior difetto del documentario è nella parte centrale, che, un po' come i protagonisti sullo schermo, non sembra capire bene dove voler andare. Eppure, il finale sembra spazzare via i (pochi) dubbi critici, con un'energia e una conclusione assolutamente degna degli sforzi dei nostri eroi. Difficile pensare che ci saranno 5 documentari migliori di questo a fine anno. Ma non vi aspettate comunque di vederlo all'Oscar, non è proprio materiale da Academy...

Discutiamone nel Forum Cinema  

Continua a leggere su BadTaste