Wonka è dolce ma sbaglia la cosa più importante: il cioccolato

Wonka cerca di fare tutte le cose bene: azzecca l'Umpa Lumpa e l'impianto scenografico, meno il suo protagonista e... il cioccolato!

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Paul King è ufficialmente il regista delle golosità. Nella marmellata di Paddington prima e nel cioccolato di Wonka ora c’è la descrizione simbolica di valori come la gentilezza, la generosità e la capacità a condividere le cose. È bravissimo nell’usare il cibo, ma soprattutto il suo gusto, per proporre sfide ai più piccoli che hanno molti aspetti etici al suo interno. Perderesti tutto per condividere una cioccolata con gli altri? Sai trovare la felicità nelle cose semplici, come una fetta biscottata condivisa con la tua famiglia? La morale delle fiabe classiche, consegnata con molto più gusto (appunto) alleggerendo il peso retorico che spesso questa porta con sé.

Paul King è un narratore sopraffino nell’unire intrattenimento cinetico (quanta azione slapstick nei suoi film), una grande fantasia nella messa in scena di cose banali come i ricordi (il mondo di carta nei ricordi di Paddington) alla costruzione di personaggi memorabili. Un cinema semplice, eppure fatto di ingredienti ricercati. Perché allora questo suo nuovo Wonka ha il sapore di cioccolato industriale?

Wonka paga il pegno di essere un prequel che deve fare anche da reboot. Probabile che tutti fossero consapevoli di questa difficoltà in partenza. Si è provato ad aggirarla con il casting di Timothée Chalamet, grande star "trasversale", che è però uno dei punti più problematici del film. La sua interpretazione non riesce quasi mai a costruire un personaggio che stia in piedi da solo. C’è un pizzico di Gene Wilder, ma tanto di Johnny Depp nei momenti più bizzarri del personaggio.

Un re senza il suo regno, Willy Wonka si aggira in cerca di fortuna in un mondo pieno di meraviglie, ma dove la magia stupisce ancora, senza la sua Fabbrica di Cioccolato che è un sogno ben chiaro in testa. Senza quell’edificio però non si riesce quasi mai a vedere nel cioccolataio di questo prequel i contorni di quello che sarà. Chalamet non è mai inquietante come i suoi due predecessori, anzi è sempre molto rassicurante e family friendly. Un poveretto generoso, non un imprenditore isolato nel suo regno.

Tra macchinari e magia

In Wonka le parti migliori sono quelle normalmente difficili da rendere interessanti. I flashback, gli “spiegoni” sono incredibilmente creativi. La Fabbrica di Cioccolato portatile contiene un meccanismo che fa scorrere le fotografie con cui Wonka può ricordare sua madre (una Sally Hawkins sempre in parte con la regia di King). C’è il solito "invito a sognare" che ha però una traduzione per immagini. Si vedono i bozzetti preparatori dei progetti futuri dei personaggi sovrapposti alla realtà. In altri momenti i loro pensieri appaiono come sketch animati ai bordi dell’immagine.

Questa creatività si perde però in una struttura narrativa troppo rigida. Primo, secondo e terzo atto sono scanditi da un metronomo e non riescono mai a costruire attesa l’uno sull’altro. Entrati in un nuovo blocco smette di avere importanza ciò che è venuto prima. In questo modo tanti passaggi diventano prevedibili e sono girati senza troppo impegno. 

Un andamento discontinuo che si rispecchia anche nella costruzione di questo mondo in cui la Sovrana e i cubetti di cioccolato sono i due valori di scambio. Wonka è un aspirante mago che assomiglia molto al Newt Scamander di Animali fantastici. Il film tutto si muove nella scia di quanto fatto da J.K Rowling in termini di costruzione degli oggetti, nei rapporti con gli animali e nel valore degli spazi come valigie, porte e tombini. È un illusionista che trova nel cioccolato la vera magia. Il gusto e gli ingredienti magici creano eventi clamorosi. I rivali non si preoccupano però che i suoi prodotti sappiano far volare la gente o trasformarli in strane creature colorate. Vogliono boicottarlo perché il suo cioccolato è più buono.

Il gusto porta la magia in una città grigia e lo fa grazie alla capacità ingegneristica del giovane cioccolataio. Wonka risolve molti dei suoi problemi inventando macchine. Sono tra le cose migliori del design del film. Proprio per questo motivo è un peccato che non si sia mai visto né la fabbrica nel pieno delle sue funzioni né la realizzazione del negozio. Era il cuore dalla metà in poi del film, è stato dimenticato per lasciare spazio a una serie di peripezie che non hanno mordente. King si ostina a imprigionare il suo personaggio, lo limita così nelle sue potenzialità e allunga il brodo con comprimari che danno sempre un filo di meno di quello che potrebbero. 

Hai voglia di cioccolato?

Tra i personaggi tenuti colpevolmente sotto catene Rowan Atkinson. Il suo Padre Julius, un prete corrotto, dipendente (come molti) dal cioccolato, è una ventata d’aria fresca quando arriva in scena. Fenomeno assoluto della comicità fisica Atkinson è l’unico che riesca ad essere veramente divertente e ad entrare in contatto con il linguaggio della comicità per bambini. Peccato averlo visto così poco. La seconda stampella del film è un altro personaggio che arriva troppo, ma veramente troppo tardi: l’Umpa Lumpa di Hugh Grant. L’unico che riesce a essere ruvido in un film troppo liscio. Funziona, per quel poco che gli è dato di stare in scena.

Wonka poteva essere tutto sulla ricerca degli ingredienti per fare il cioccolato perfetto. La trama invece sceglie una via discontinua accumulando sotto trame che fanno perdere il centro emotivo: la corruzione del paese in cui è arrivato, gli intrecci famigliari della bambina che lo accompagna e così via. 

Il film si dimentica una cosa che in un impianto visivo simile è fondamentale non sbagliare: il cioccolato. I cattivi lo desiderano sempre, i buoni hanno dalla loro la temperanza. Si chiede di fare la stessa cosa allo spettatore. Ci si sentirebbe in colpa se guardando i fiumi di cioccolato si provasse un po’ di acquolina, è una golosità da villain.

I prodotti di Wonka sono invitanti come design, mai come consistenza. La maggior parte è fintissima, tranne la tavoletta finale, l’unica che assomiglia veramente a qualcosa che si potrebbe consumare fuori dalla sala. Non lo si riconosce quasi mai come cioccolato, è più che altro una sostanza dal colore marrone semi-magica. I personaggi lo mangiano per tutto il tempo, ma noi non sentiamo il gusto. Perdere questa sensorialità nelle immagini è come per un film d'amore non far battere il cuore allo spettatore. Sbagliare la rappresentazione del cioccolato, azzeccando invece l'aspetto visivo di tutto il resto, rende Wonka un'operazione molto generica. È il grande paradosso che impedisce al film di elevarsi: ha preparato un impianto scenografico pazzesco, ha oliato gli ingranaggi della sua fabbrica. Ha dimenticato di farci amare il suo ingrediente principale.

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