Wonder Woman 1984: l’elogio della leggerezza che fa volare lontano
Dopo tanti rinvii Wonder Woman 1984 arrivò al momento giusto, grazie alla sua leggerezza e al suo ottimismo, perfetti per il momento vissuto
Quando arrivarono le prime reazioni della stampa che aveva potuto vedere in anteprima Wonder Woman 1984, molti elogiarono il film di Patty Jenkins per essere arrivato al momento giusto. Ha portato energia, voglia di sognare in grande proprio quando ne avevamo più bisogno, dicevano. Non occorre sottolineare che, ovviamente, per arrivare a quella data di uscita dovette attraversare diverse traversie. Inizialmente pianificato per la fine del 2019, Wonder Woman 1984 venne poi posticipato a giugno 2020, dove incontrò però la pandemia. Con quasi un anno di ritardo divenne il film di Natale nei pochi cinema aperti degli Stati Uniti.
Chi ha familiarità con i bambini ben conosce questo tipo di situazione: nelle occasioni di festa si perdono i confini, tutti giocano insieme. Gli adulti onorano la tradizione, e i più coraggiosi tra i piccoli cercano in ogni modo di farsi coinvolgere per emulare queste usanze ed entrare al centro della scena.
Nel caso delle amazzoni le cose sono un po’ diverse. Perché Diana non è ammessa alla gara con bonaria pietà degli organizzatori. No, lei è una concorrente al pari delle altre. Occorrono pochi secondi per capirlo. La bambina scatta in avanti, supera gli ostacoli con la grazia di uno scoiattolo che salta da un ramo all’altro. Dove le altre sono ostacolate dal proprio corpo muscoloso, lei riesce a librarsi e passare dove solo chi non è ancora cresciuto riesce ad andare.
Patty Jenkins è a suo agio nel movimento. Le piace di più riprendere dei soggetti che si fiondano da un lato all'altro, rispetto a creare pose statiche ed enfatiche. La cinepresa cerca gli angoli che possano valorizzare l’energia cinetica che si viene a creare dalla situazione. Le linee della composizione si intrecciano quando le frecce scagliate orizzontalmente dalle guerriere a cavallo: impattano perpendicolarmente con i “check point” che sparano in verticale una coltre di fumo coloratissima.
Il film inizia con una festa, con il movimento, e con un ricordo importante e formativo nella vita della protagonista. Se non è ottimismo questo!
Accade però un imprevisto durante la competizione: Diana si distrae, cade a terra. Sceglie allora di recuperare terreno prendendo una scorciatoia. Ma l’inganno non può sfuggire all’occhio attento del Generale Antiope, che la ferma e la squalifica. Diana non è ancora Wonder Woman, ma si porterà dietro quest’esperienza per tutto il film: prendere la strada più breve porta a un successo altrettanto breve.
Wonder Woman 1984 è una fiaba che Patty Jenkins sembra nascondere, ma cui al contempo è palesemente molto affezionata. La regista stravolge la convenzione: la morale è all’inizio, così come uno stato delle cose in cui tutti vivono “felici e contenti”. Ma è anche una fiaba dove il principe azzurro non è il salvatore, ma un compagno di viaggio che non sempre può essere portato con sé.
Barbara Minerva, opposta a Diana, non sa lasciare andare. Non riesce a vivere con leggerezza. Si tormenta nel desiderio di emulazione, vuole migliorarsi e vincere scegliendo la strada più breve.
Il secondo villain del film è Maxwell Lord, interpretato da un Pedro Pascal sopra le righe che sembra divertirsi parecchio con la parte. Egli ottiene il potere di ottenere ciò che brama. Il desiderio attraversa tutte e tre le storie: quella di Diana da piccola, e quella da adulta che cerca la pace con il suo passato. Infine quella di Minerva, le cui aspirazioni sono influenzate dallo sguardo altrui.
Wonder Woman 1984 è arrivato nel momento giusto anche per come mette al centro la televisione. Uno strumento di comunicazione che nell’isolamento delle case ha tenuto compagnia e ha fatto da finestra sul mondo. I media però per Wonder Woman 1984 non son una strada breve, e nemmeno un vaso di Pandora dei sogni del mondo. Sono uno strumento, che può essere usato per influenzare le menti illudendole di essere autonome o può liberarle.
Dipende da come sono gli occhi di ciascuno di noi. Una guerriera innamorata riconoscerà la sua anima gemella scomparsa oltre l’aspetto fisico. Un magnate disperato cercherà la fortuna intorno a sé senza vedere quella che ha vicino.
Il film parla semplice come un canto di Natale. Inaspettatamente trova i suoi due momenti migliori non nelle battaglie e nel mostrare i muscoli da blockbuster costosissimo. Lo fa in due sequenze in cui convive la voglia di vedere e il coraggio di volare.
Quando Wonder Woman lascia il posto a Diana Prince e sale su un aereo con Steve Trevor, la coppia fugge in cielo. L’aereo diventa invisibile, intorno a loro fuochi d’artificio a festa. Viene subito alla mente il prologo della corsa. La guerriera e il soldato si fermano e osservano lo spettacolo in un raro momento di sospensione. Un piccolo momento di respiro. Si lascia sorpassare dalla pura contemplazione di un qualcosa di bello, non simbolico, ma semplicemente significativo.
Il secondo elogio della leggerezza è anche la scena simbolo di Wonder Woman 1984. Una corsa tra le lacrime, un salto nell’aria di una persona che sente di avere un gravoso peso sul cuore ma che, invece, ha lasciato andare il passato e per questo riesce a farsi trascinare dall’aria. A volare tra le nuvole. Libera nel cielo di un mondo che appartiene a chi lo desidera e che, per molto, abbiamo potuto osservare solo dalle finestre. Siano esse fatte di vetro o di pixel.
Vi ricordiamo che Wonder Woman 1984 da oggi è in streaming su NOW.