Wish è la Disney che celebra se stessa e dice anche quello che non vorrebbe dire

E se i sogni tenuti in ostaggio in Wish fossero un modo per parlare del copyright dei personaggi Disney? E se il Re Magnifico fosse un CEO?

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Da oggi i diritti di Steamboat Willie diventeranno di pubblico dominio. Non il Topolino moderno più conosciuto, bensì la primissima versione del celebre personaggio intorno a cui Walt Disney ha costruito il suo impero. Un momento storico per uno studio che ha cercato di mantenerne il possesso il più a lungo possibile. Ha in passato imbastito importanti operazioni politiche per ampliare i diritti di protezione. Campagne dispendiose, attività di lobbying che hanno portato a concrete modifiche della legge. Dopo 95 anni ha ceduto, Steamboat Willie è ormai una pedina sacrificabile nello scacchiere di uno studio che tramite acquisizioni ha guadagnato una dimensione tale da non dipendere più da un solo personaggio. Tutto questo c’entra con Wish, il nuovo film di animazione. O almeno così sembra.

Che sia stato un anno nero per la Disney lo dicono i dati. I film hanno faticato al box office con pochi successi e molti sconcertanti flop. La successione tra Bob Iger e Bob Chapek che negli anni scorsi ha portato il primo Bob a rinunciare alla pensione è un problema che Iger dovrà presto affrontare di nuovo. Mentre lo studio rivale Illumination è riuscito ad avere una hit assoluta come Super Mario Bros. - Il film, sia la Pixar che i classici Disney faticano a riportare il pubblico in sala

Arriviamo a Wish, il film del centenario che lo studio non poteva sbagliare. Invece i suoi risultati economici sono stati la chiusura deludente dell’anno. Dentro il film ci sono molti omaggi al passato e un’animazione che fonde lo stile di quella tradizionale con quella in CGI. Wish ha gli stessi pregi e gli stessi difetti di questa scelta stilistica. È a metà tra il passato (si veda la sequenza iniziale con il libro delle fiabe) e il cinema per bambini del presente (basta leggerne i temi). Paradossalmente l’innovazione più interessante sta nel ritorno di un vero antagonista. Il Re Magnifico è un tipo di cattivo tradizionale che mancava da tempo.

La trama di Wish è simile alla situazione in casa Disney

Re Magnifico è il sovrano di Rosas. Un regno nel mediterraneo dove tutto va bene. Solitamente a questa premessa bisogna aggiungere un “o così sembra”. Invece no. A Rosas le cose vanno proprio bene. Nessuno si lamenta, nessuno vuole andare via (come in Oceania) e molti desiderano arrivare lì (proprio come in Elemental). Nei due film citati c’è sempre in seno un qualcosa che costringe a rivedere le proprie posizioni sullo status quo. 

In Wish se Asha non si formasse una precisa idea politica entrando nella stanza principale del Re tutto andrebbe avanti tranquillamente e senza scossoni anche per lei. Ragazza che venera, come tutti, il sistema del castello, quando lo vede dall’interno diventa critica. Incarna una rivoluzione che nessuno dei suoi concittadini ha chiesto, che contesta il modo, non tanto l’idea. Il Re Magnifico tiene i sogni in ostaggio. Secondo il popolo invece li conserva al sicuro nella speranza, un giorno, di eseguirne qualcuno scegliendoli in un momento di festa. È qui che Disney sorprende: la città senza sogni è comunque serena, vitale, bella da vedere. Dovrebbe essere l’opposto. Invece, tenerli al sicuro, è comunque una scelta politica pensata e, secondo Magnifico, anche sensata.

C’è solo un personaggio, il depresso Simon, che manifesta le conseguenze dell’essere privato dei suoi sogni. Tutti gli abitanti di Rosas possono essere il simbolo dei creativi. Hanno grandi idee e aspirazioni, solo le hanno cedute al grande padrone del castello. Non possiedono realmente ciò che la loro mente e il loro cuore ha dato al mago-re. Tutto questo ricorda la firma di un contratto con uno studio, la creazione di un film, e la cessione dei diritti. Tutto quello per cui, fino a poco fa, si dibatteva durante lo sciopero. Che Rosas sia Disney stessa?

Un film che guarda dentro il suo studio?

Intendiamoci, questa lettura non va presa in senso letterale. In nessuna realtà del multiverso, Disney permette di portare al cinema un film che esplicitamente racconta il cambio di vertice e gli smottamenti interni. Però quello che pensano i creativi si ripercuote anche nelle loro storie. C’è infatti un modo di comunicare cose senza dirle esplicitamente ed è attraverso i simboli. Consciamente o inconsciamente Wish dice tantissimo della Disney stessa. 

Prima di tutto perché i sogni, per Re Magnifico, possono essere sovversivi e mettere in pericolo lo studio. Pardon, il regno. Ogni concessione va fatta controllando che possa dare un contributo sicuro, senza cambiare il corso delle cose impostato dall'alto. È quello che fa Disney da sempre e spesso gli riesce anche bene; ogni innovazione deve essere compatibile con la tradizione. Se il classico invecchia va rivisto, magari in live action, modernizzandolo senza snaturarlo (quanti di questi sono quasi copie carbone!). Rispettare il target, continuare a dare ciò che rende solida e coerente l’identità del brand.

Di fatto il padrone dei sogni li conserva piuttosto bene. Sono effettivamente al sicuro! Purtroppo per Asha sono fermi, intoccabili. È lei l’autrice in difficoltà: una che vorrebbe poter soddisfare sia i propri sogni che quelli altrui, come l’idea del nonno. In una città che si basa sui sogni, le sue azioni appaiono come un invito a perdere la cautela. Non è un caso che questo avvenga, per altro, in un film estremamente cauto e, appunto, attento a conservare i sogni facendoli rivivere con camei poco graffianti. 

Alla ricerca di una stella

Mentre Disney celebra i suoi 100 anni, proprio come Rosas è in festa, la giovane creativa Asha chiede aiuto a una stella. Questa risponde. Star, per il resto del film fa da deus ex machina e da McGuffin contemporaneamente. È un elemento magico da possedere, per Magnifico. È un’aiutante per Asha e il suo gruppo. Addirittura, in un momento di stallo, permette a una topolina (!) parlante di consegnare un’informazione essenziale alla regina.

Star aiuta Asha a liberare i sogni e a restituirli a coloro che li hanno creati. Ognuno ha una stella in sé. Ognuno può vivere a Rosas tenendosi i propri sogni e godendo di quelli altrui. In questa nuova situazione, il regno non entra nel caos come temeva Magnifico. Cedere i sogni dal castello alle persone non è stato l’evento destabilizzante che il sovrano cercava di impedire. Così come non sarà la cessione di Steamboat Willie a mettere in crisi Disney

Per il centenario dello studio Wish è un film perfetto non tanto per celebrarlo quanto per parlare di come funziona all’interno, delle sue ossessioni e di ciò che si discute prima di fare un film. Si parla di come costruire le fantasie e di come sia difficile scegliere quali realizzare. Asha è una figura sperata e attesa da chi deve scrivere storie: una piccola sovversiva che aiuta a superare la timidezza creativa. Star è lo spirito guida, la vera garanzia che Rosas potrà continuare a esistere. È lontana, distante nel cielo, quanto lo spirito di un fondatore che non c’è più. 

Tutto si chiude con il castello di Rosas e un nuovo ruolo dei sogni all’interno delle sue mura. Questo luogo è inequivocabilmente ispirato a quello che svetta sui parchi a tema e all’inizio dei film. Con Wish Disney non ha fatto un film su se stessa, ma sul proprio logo.

Il castello di Rosas è il brand stesso. Un impero che custodisce immagini, personaggi e sogni. E che ha disperatamente bisogno di una rivoluzione.

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