White Chicks, rivisto oggi

White Chicks rivisto oggi è un film imbarazzante, ma d’altra parte lo era anche quando uscì vent’anni fa, quindi ehi, a posto così

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Questo articolo fa parte della rubrica Rivisti oggi

Una delle cose che si sentono dire ogni tanto quando si discute di blackface e dell’opportunità o meno di replicare la pratica oggi (si veda Tropic Thunder) è una variazione sul tema del “vabbe’ se un nero facesse la whiteface nessuno si offenderebbe”. A vent’anni dalla sua uscita, White Chicks è ancora lì a smentire quest’affermazione, ed è una delle poche cose buone che si possono dire sul film dei fratelli Wayans – che pure al tempo ebbe una sua qualche forma di successo, al punto da superare i 100 milioni di incassi nonostante cinque candidature ai Razzie, un premio con una lista di problemi lunga come la Bibbia ma che, ogni tanto, ci azzecca.

White Chicks e la blackface al contrario

È impossibile parlare di White Chicks senza commentare fin da subito l’elefante nella stanza: si tratta di un film nel quale agenti dell’FBI, maschi e neri, si truccano da ricche ereditiere bionde per scoprire il colpevole dietro una serie di rapimenti che hanno relativamente poco interesse nell’economia del film, almeno fino a quando non si tratta di far succedere qualcosa per portare avanti la trama. È un caso di whiteface? Sospettiamo di no, semplicemente perché la whiteface non esiste e al contrario la blackface ha una lunga e sanguinosa storia alle spalle. È però un raro caso di film nero fatto per sfottere i bianchi sul loro stesso terreno di gioco – il genere di roba che in teoria dovrebbe mandare in sollucchero Spike Lee, per capirci.

Nella pratica, però, White Chicks sceglie di sfottere una categoria molto specifica, e nel farlo riesce a diventare stereotipico quanto, per citare un titolo che tratteremo prima o poi, Soul Man, nel quale la blackface era il cuore di tutto quanto. La categoria è: le ragazze bionde e ricche, che quindi sono naturalmente anche svampite, viziate, ignoranti e sempre a caccia di soldi e bei ragazzi. Ai due protagonisti basta un viaggio in macchina per “capire” le persone che dovranno impersonare, impadronirsi del loro slang e dei loro tic, e riuscire a spacciarsi per loro anche con le loro migliori amiche: sono bionde sceme, dice il film, quanto potrà essere difficile imitarle? In altre parole, nel suo tentativo di essere sovversivo e ribaltare l’idea stessa di blackface, White Chicks riesce a diventare sessista quando non direttamente misogino.

Misoginia portami via

Diciamo misogino perché in tutto il film non c’è una singola donna che si salvi – o meglio, una c’è, e ovviamente viene usata come partner romantica per uno dei due protagonisti. Per il resto, che si parli di bionde o more, di nere o bianche, di mogli o single, tutte le donne del film sono sceme, ciascuna a modo proprio (anche quella teoricamente non scema, che però fa la giornalista e non sa riconoscere uno dei giocatori di basket più famosi d’America).

Non che i maschi siano tutti premi Nobel, ma il punto è che le femmine in particolare sono ritratte solo a colpi di stereotipi. C’è quella magrissima che è convinta di essere grassa e brutta, la moglie nera gelosa che fa lunghe tirate telefoniche contro il marito mentre si fa sistemare i capelli, ci sono le bionde cattive che sono tali perché sono più sceme delle bionde buone… Il punto di White Chicks non è tanto prendere due attori neri e truccarli di bianco, quanto prendere due attori maschi e truccarli da femmine, lasciandoli liberi di prendere in giro tutte quelle “cose da femmine” che normalmente sono oggetto di battutacce negli spogliatoi del calcetto del mercoledì, non il cuore della comicità di un intero film.

White Chicks è un film comico?

Abbiamo scritto “comicità”, ed è un po’ qui che casca il proverbiale asino: nonostante tutto l’impegno, White Chicks riesce molto raramente a strappare una risata. Capita quando le tue gag sono talmente terra-terra che una scena che ruota intorno a delle rumorose scorregge riesce a non essere la peggiore del film. Capita tra l’altro quando apri il tuo film con una scena nella quale i fratelli Wayans inscenano un terrificante travestimento etnico cubano, giusto per far capire quale sarà la cifra stilistica dell’opera. Capita quando hai a disposizione Terry Crews e lo usi solo per fare battute sui culi. Capita quando butti lì un po’ tutto il film, convinto che l’idea di fondo basti a salvarlo.

Non basta, anche perché di fondo White Chicks dovrebbe essere anche un po’ un thriller, ma è chiaro che tutta quella parte di sceneggiatura è stata aggiunta un po’ controvoglia per avere una trama a disposizione e non solo una collezione di gag ambientate in un resort per ricchi. Rapimenti, appropriazioni indebite di denaro, operazioni sotto copertura: c’è tutto e non ce ne frega mai nulla, come non frega granché neanche a sceneggiatori, regista e attori – l’importante è avere l’occasione di indossare una parrucca bionda e far finta di avere le tette. Curiosamente, le scene più interessanti sono quelle (poche) d’azione, girate con più competenza e impegno di quello che White Chicks si sarebbe meritato. Il resto, be’… sarà diventato un cult, come sostiene qualcuno, ma se chiedete a noi sarebbe meglio chiuderlo al cassetto dei ricordi della storia, e molto in fondo.

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