Il prologo di West Side Story è la lezione di Steven Spielberg su come si adatta un classico
Il prologo del West Side Story di Robert Wise e quello di Steven Spielberg: due interpretazioni dell'America di due maestri a confronto.
Il remake, disponibile da poco su Disney+, è una lettera d’amore molto fedele all’originale. Per questo ogni differenza diventa un indizio per comprendere il punto di vista del regista, la sua personale interpretazione della storia. All’epoca del musical di Broadway (1957) l’Upper West Side era era abitato dai lavoratori delle classi povere. C’era quindi un grande fermento di costruzione e ricostruzione, insieme però a un aumento della criminalità spesso legata all’immigrazione. Il film originale era quindi una storia legata alla crisi della cultura giovanile.
I titoli di testa di Saul Bass
Nel suo incipit West Side Story di Robert Wise poteva giovarsi dell’arte dei titoli di testa di Saul Bass.
Sentiamo un fischio lontano provenire da un’origine indefinita. E come se le immagini lo seguano cercando la fonte da cui proviene. La trovano in un punto specifico di un’area specifica. Lo zoom passa dal totale alla ricerca di un dettaglio. Dalla storia della città entriamo in quella dei Jet e degli Shark, ovvero delle persone comuni, e i protagonisti del film.
La vita nelle strade
La rissa nelle strade che segue contiene pochissime parole e tantissime informazioni raccontate solo attraverso le immagini. Capiamo i nomi delle gang, chi sono i capi e i rapporti di forza interni, capiamo cosa pensano della città, come operano e che cosa vogliono. Diventa chiaro come la comunità locale li considera, con rispetto ma anche con un profondo timore. E la giustizia? Cerca di sistemare le cose timidamente.
Il West Side Story originale fai i conti con il mondo del lavoro. Tony non vuole combattere perché spera di avere un futuro grazie al suo impiego, ha un’alternativa molto pratica e concreta al suo modo di vivere alla giornata. Lui vuole trovare il suo spazio nel mondo. Spielberg invece fa un film della passione e sulle passioni, dove i personaggi cercano l’amore e i rapporti sociali. Sono meno interessati alla scelta sociale. Però il regista inizia il suo film proprio in un cantiere.
Spielberg deve aver visto in questa storia molti parallelismi con l’attualità. Quella di oggi è ancora un’America di immigrati, un’America quantomai divisa, dove però la fisicità necessaria ed erotica dei giovani è spesso sommersa da tante cose (la comunicazione che avviene nella distanza, i social network, i telefoni e internet, la rinnovata importanza della casa). Si diverte quindi a fare riemergere la voglia di comunicare attraverso il ballo, di esprimere la propria energia con il proprio corpo. Fa un film sui giovani di un tempo per risvegliare le passioni sopite. I temi poi del patriottismo della xenofobia, delle divisioni in gruppi e sottocategorie sociali sono riemersi poi con prepotenza ancor prima che il film entrasse in produzione.
Il prologo di West Side Story di Spielberg
La principale differenza nel prologo dei due West Side Story sta nel fatto che Wise apriva con una città pienamente funzionante presa dall’euforia. Nel 2021 invece si balla sulle macerie. Con un piano sequenza virtuosistico che assomiglia tanto a quello che Orson Wells ha fatto con Quarto potere. C’è addirittura un cartello da "non oltrepassare" che noi, grazie potere del cinema, ignoriamo con gioia. Tra i ruderi delle case, da cui sorgeranno altre abitazioni più moderne, e sotto le palle da demolizioni mentre gli operai lavorano senza sosta, emergono i protagonisti. Sbucano dalla terra, schioccano le dita, e con un calcio ribaltano un cartello posto ad intralcio della loro avanzata.
È l’equivalente del grandissimo campo e contro campo in cui i ballerini/combattenti superano la cinepresa. Uno degli stacchi di montaggio più belli di sempre (l’originale, ma anche il nuovo non lo imita affatto male). Su quel terreno sorgerà il Lincoln Center, un luogo che ha oggi nella sua destinazione d'uso principale l'arte, la danza e l'energia creativa. Per Spielberg quel polo creativo l'hanno fatto le persone che hanno saputo vivere sulla distruzione con la brama di cogliere tutto. I vecchi abitanti di quel posto non sono insetti da scacciare, hanno intessuto storie lì dentro. Hanno sputato sangue per quella terra e ancora vogliono restarci.
Non c’è nulla di ottimistico nelle premesse del nuovo West side story che non dimentica la sua ispirazione da Romeo e Giulietta, ma è profondamente anche un film di guerra. Non è un caso infatti che l’iconica grafica dello skyline della città fatta da Saul Bass si ritrovi più avanti nel film. Quando i Jets e gli Shark si apprestano alla rissa decisiva.
I contorni dei palazzi e dei grattacieli si rivedono nelle ombre lunghe dei ragazzi. Come a dire, ed è questo il grande messaggio del film di Spielberg, che le strade delle città non sono fatte da semplici muri o da semplice apparenza glamour, ma sono intimamente legate alle persone che lì esistono e che lì hanno vissuto. Per sempre.
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