West Side Story e la spiritualità nascosta in un mondo senza redenzione
West Side Story non è un film sulla religione, ma è un film spirituale. Un rito musicale celebrato per poter cessare ogni conflitto
Festeggiamo i 60 anni di West Side Story analizzando come la spiritualità nascosta e i rimandi religiosi lo aprano a una diversa lettura del finale.
Una storia simile girava già sui palcoscenici. L'aveva raccontata Abie’s Irish Rose (Rosa d’Irlanda), l’opera teatrale di Anne Nichols del 1922. Hollywood ne aveva tratto un film nel 1928 diretto da Victor Fleming e nel 1946 per la regia di Edward Sutherland godendo di una buona popolarità. Narra l’incontro tra una ragazza cattolica irlandese e un giovane ebreo. I due si innamorano e, contrariamente al parere e alle tensioni tra le rispettive famiglie, desiderano sposarsi.
Dall’East a West Side Story: il cuore è lo stesso, cambiano i temi
Il conflitto principale di West Side Story inizia a prendere forma nel 1955. Laurentis e Bernstein si trovano per coincidenza nella stessa notte al Beverly Hills Hotel di Los Angeles. Chiacchierano si rendono conto che l’attenzione dei giornali locali è particolarmente attratta dai conflitti tra le gang giovanili che infiammano le strade. È l’idea che cercavano. Rinunciano così al conflitto religioso, e mettono al centro quello etnico. Nascono così Tony e Maria, un polacco e una portoricana divisi dal sangue… ma entrambi cattolici!
Il tema religioso non è però scomparso da West Side Story. È rimasto sotto traccia, come un colore su un muro dopo che gli è stata data un’altra mano di pittura. Non si vede esplicitamente, ma se si guarda bene lo si può ancora cogliere nelle sfumature. Appaiono evidenti i temi sociali, l’analisi di una società consapevole di star cambiando rapidamente dopo la guerra, in cui i giovani ancora si combattono sotto gli occhi attoniti degli anziani che si godono la pace. Si canta e si danza contro un’economia rampante ma ingiusta, che crea disuguaglianze tra cittadini americani e altri che desiderano esserlo appieno. Ma sotto tutto questo c’è anche un film spirituale. Non religioso, bensì celebrativo.
Una celebrazione negli spazi laici che si riempiono di rituali
Lo spiega bene il saggio di Paul Nash: “The most beautiful sound I ever heard’: Liturgy, Religious Imagery and Symbolism in West Side Story”. L’opera di Bernstein, Laurents, Robbins e Sondheim (tutti e quattro gli autori sono ebrei) si può leggere come una lunga celebrazione di un sacrificio. C’è il male: la guerra tra bande rivali, i Jets e gli Sharks e il bisogno di una purificazione che permetta di cessare le ostilità. Una consacrazione degli spazi della città che diventano un grande altare a cielo aperto. Questo avviene a livello di libretto, nella regia e nella musica.
Bernstein usa i temi ricorrenti come richiamo ad un’anamnesi liturgica. Ovvero il memoriale dei misteri, la rievocazione degli eventi salvifici che ritornano nel tempo. Non a caso il prologo di West Side Story si apre con un suono che richiama lo Shofar, un antico corno della tradizione biblica usato come suono di allarme per le battaglie e i pericoli. Oggi quelle note sono usate nella ricorrenza ebraica dello Yom Kippur, il giorno dell’espiazione. Il suono dello Shofar scocca la fine della celebrazione, che comincia al crepuscolo e continua fino alle prime stelle della notte successiva. West Side Story, contrariamente a Romeo e Giulietta, condivide con lo Yom Kippur proprio questo arco di tempo limitato per una narrazione che si estende per poco più di un giorno. Il fischio, che sentiamo risuonare nelle strade, indica perciò o la fine di una celebrazione, o l’inizio di una antica guerra.
Gli echi religiosi e spirituali nei personaggi di West Side Story
Sin dal nome di Maria si può intuire un evidente richiamo religioso, con cui l’opera continua a giocare. Donna angelicata, ispira amore e il cessate il fuoco in Tony. Non basta però: lei è impotente e nel drammatico finale fa esperienza della sua perdita nel modo più umano possibile: piange l’amato morto con rabbia, vorrebbe una vendetta che non le è concessa. Cade a terra senza più energie. Culla il corpo esanime di Tony in una Pietà urbana. Addirittura viene velata, come ultimo gesto, mentre le bande rivali si allontanano da lei. Il vestito è rosso.
Quando incontriamo per la prima volta il personaggio di Maria in scena è presente un altro significante spirituale. Il suo vestito bianco della comunione, indossato come simbolo di purezza, viene riadattato per la danza grazie ad una cintura rossa. Prefigurazione di quello che sta per accadere.
La ricerca ricorrente nella storia di Tony e Maria è di duplice lettura.
There’s a place for us/ Somewhere a place for us/ There’s a time for us/ Someday there’ll be a time for us.
C’è un posto per noi da qualche parte e in qualche tempo, dicono. Può essere un posto terreno, quell’ America delle illusioni tradite che non riesce a godersi il progresso, profondamente intollerante, soffoca l’amore e oscura il destino. Al contempo, rileggendo il testo a partire dal tragico finale, questo luogo assume il significato un altrove religioso. Un posto dove il desiderio possa essere finalmente colmato in un amore eterno ed immortale. “Something’s comin’, something good”, sta arrivando qualcosa di buono. Non è un salvatore, ma una possibilità di cambiare.
Tony, nella ritualità, è l’agnello sacrificale. Colui che si trova trascinato a forza in un conflitto (non più suo) e che deve perire per poter riportare la pace. Ogni morte in West Side Story crea un’escalation di violenza, tranne quella di Tony che la assorbe e la annulla.
Una musica tra sacro e profano
A fornire ulteriori prove di questa dualità tra terreno e trascendente è l’inizio, con una ripresa ad occhio di Dio, seguita da un’inquadratura all’ altezza dell’occhio umano. Perché questo è un film di muri e di terra. Così è anche la musica di Bernstein che contamina i ritmi popolari con la musica classica e liturgica. Che ci sia qualcosa di malvagio da espiare è segnalato sin dall’inizio dall’uso del cosiddetto tritono del diavolo. Nel medioevo questo intervallo dal suono dissonante fu guardato con sospetto (qualcuno sostiene che fu addirittura vietato) come presenza del demonio nello spartito. Bernstein, per consacrare e dissacrare, lo attribuisce anche a Maria.
Say it loud and there’s music playing / say it soft and it’s almost like praying’
La preghiera in West Side Story si unisce con l’adorazione. Tony sposa Maria, mettendo in scena il matrimonio. Allo stesso modo mentre la corteggia sui balconi si mette in adorazione, dal basso verso l’alto. Guardando e supplicando il cielo ha una visione: la donna angelo, l’ispiratrice di un mondo nuovo. Ma è anche colei che lo porterà alla morte. Eppure per il breve arco di 24 ore Tony vedrà la possibilità di un’oscurità che scompare. “Can this be Heaven?”, cantano. Il loro amore ha creato un paradiso in terra, almeno per loro due?
West Side Story è la riproposizione di fatti duri, di una cronaca nelle strade che continua in un ciclo continuo. Qualcuno si ama, qualcuno si vendica, dall’alba dei tempi. Quello che Bernstein, Laurents, Robbins e Sondheim riescono a mettere in scena in maniera straordinaria è proprio questa duplice ritualità. Raccontano l’insensatezza della guerra, del processo di autodistruzione dell’uomo in una spirale paradossale e senza uscita. Al contempo, sotto la storia, dentro gli oggetti e i significanti, mostrano un secondo rituale, quello religioso, purificante, che spiega come interrompere questo ciclo di dolore. Serve qualcuno che si ami, che creda nell’amore, e sia disposto a morire per esso.