Wes Craven ha attraversato 3 decenni rimanendo sempre fuori dal suo tempo

Proveniente da un'altra era e animato da un altro spirito rispetto ai suoi coevi, Wes Craven era un regista della vecchia Hollywood nella Nuova Hollywood

Critico e giornalista cinematografico


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È morto lo psicologo e professore universitario di scienze umanistiche dell’horror. Un mestierante spesso spacciato per autore in virtù di alcune sue famose creature, un regista totalmente fuori dal proprio tempo e forse per questo così importante e famoso.

Wes Craven era un uomo di cinema americano da anni ‘50, un professionista della regia e occasionalmente scrittore, capace di dirigere di tutto e quindi anche di passare indenne attraverso le ere e le diverse fasi del proprio genere. Uno che come molti della sua età era appassionato dal cinema di Bergman più che dai B movie.

Disabituati come siamo a questo tipo di registi, quelli per i quali l’importante è girare, che non hanno ambizioni autoriali e che pensano a fare bene quel che sanno fare, lo confondiamo con gli “autori” cioè i registi dotati di una visione precisa, un’idea di mondo e una di cinema, mentre Craven faceva bene quel che serviva di fare, non si considerava artista. E non è poco per niente.

Dei grandi registi americani del passato Craven aveva innanzitutto la “vocazione”: nessuna. Arriva al cinema perchè si guadagnava meglio che all’università e ci arriva tramite il porno, senza ambizioni, pregiudizi o boria. I primi lavori li ha come regista hardcore sotto pseudonimo e sono gli anni fondamentali per quel genere, quelli dell’ondata di cinema porno che ha cambiato il costume americano negli anni ‘70, la fase Gola profonda (a cui anche collabora), dopodichè scivolerà dolcemente nell’altro genere con emozioni forti che si fa vanto di non nascondere niente. Dai corpi penetrati con grida di piacere a quelli violati con grida di dolore.

Se nel porno l’importante è vedere tutto subito, nell’horror lo è ma solo ad un certo punto, solo quando è il momento giusto. Nascondere e mostrare è il movimento che bisogna padroneggiare e Craven con il suo esordio, L’ultima casa a sinistra, realizza uno slasher ante litteram, figlio del porno e di Bergman. È il 1972 e rimescola le carte di La fontana della vergine secondo la moda del momento. Quel film ha i toni, i colori, l’atteggiamento sfrontato e grezzo del genere ad alto tasso di “amore”, va subito al punto e sa cosa conti di più, non è molto raffinato formalmente ma per quello ci sarà tempo. È un film di ribellione preso da un ribelle d’altri tempi come Bergman.

Già con il secondo film, Le colline hanno gli occhi, Craven dimostra di aver capito cosa rende di più. Sono passati 3 anni dall’epico Non aprite quella porta di Tobe Hooper, un successo incredibile e un caposaldo del nuovo horror, Craven lo capisce così scrive e dirige un film dai temi simili: provincia, famiglie deformate e freak che sono un prodotto dell’America del benessere; i dimenticati, gli emarginati, gli esseri umani messi sotto il tappeto che si vendicano. I nostri fratelli deformi che non vogliamo vedere si sono incazzati.

È con questo film che la sua carriera di regista horror diventa un dato di fatto, anche se il vero successo arriverà ovviamente nel 1984 con Nightmare, lo slasher diventato punto di riferimento del genere. Anche in questo caso erano passati un paio di anni dal 1982, anno in cui Sean S. Cunningham (anche lui nato con il porno anni ‘70) realizza Venerdì 13, la piccola rivoluzione interna al genere, ma Craven centra ancora meglio quell’idea, lo sporca con un certo ribellismo che gli viene dalla sua formazione e si diverte tantissimo con la confusione tra finzione e realtà. E poi a differenza di Cunningham è davvero bravo a mettere paura, ha capito tutto di come funzioni quel meccanismo al cinema. Facendo un passetto più avanti ha capito che il cinema di paura è un incubo e allora gira degli incubi che vogliono convincerti di poter diventare reali. Con Freddy Krueger inizia, in embrione, la lunga cavalcata verso la rottura della quarta parete, la possibilità che i personaggi siano consci di essere in un film, ma ci vorrà molto.

Con quella fama si leva anche lo sfizio di girare molti episodi della nuova serie di Ai confini della realtà, culto totale della paura televisiva. Sono gli anni ‘80 e Craven con la serie infinita di Nightmare è il re. Nightmare è perfetto per quel decennio, replica tutto l’immaginario di perfezione, sesso, desiderio e pulsioni da soddisfare in una chiave masochista e malata. Tutto ciò che c’è di splendente e vitale viene ucciso in quei film.
Saranno semmai i ‘90 gli anni meno buoni per lui. In buona sostanza, si capisce subito che a Wes Craven del postmoderno non frega niente, di quello che sta accadendo nel cinema indie negli anni ‘90 tantomeno, non ha nessuna esigenza di uno sguardo retrospettivo e consapevole sul suo genere e a “rinnovarlo” non ci pensa minimamente. Nel 1994 tenta di nuovo di dare linfa al suo Nightmare con Nuovo Incubo, settimo film (in soli 10 anni) molto alla moda, con se stesso nei panni del regista del film e la minaccia che contagia la troupe. Ci prova ma senza successo perchè, di nuovo, non è quel tipo di regista, non è un autore, è un uomo che vuole fare dei soldi con il cinema, uno che cavalca le mode e che sa girare con un rigore e una determinazione tali da renderlo tra i migliori su piazza. È per questo che, declinato l’invito da Tarantino (sarebbe stato perfetto per il ruolo, lo sappiamo tutti, lo sa anche lui), i fratelli Weinstein girano lo script di Kevin Williamson intitolato “Scream” a Craven, il resto è storia. La sceneggiatura citazionista, metacinematografica, autoriflessiva e tutti gli aggettivi che riuscite ad immaginare, stavolta funziona, non come Nightmare - Nuovo Incubo. Quel film nelle mani di un tradizionalista, un figlio di un ribellismo ormai lontano venti anni, diventa un ibrido perfetto, posizionato avanti quanto basta ma con delle fondamenta solide come una roccia, un film ironico che fa paura sul serio. Scream non è solo sveglio nella scrittura, è serio nella regia, altrimenti una scena come quella che occupa i primi 15 minuti non riesce, non segna l'immaginario come ha fatto. È la gallina dalle uova d’oro, per la seconda volta nella carriera di Craven il quale, nonostante non ci credesse, non gli piacesse e non lo volesse fare inizialmente, quella serie di film non l’abbandonerà più. Ne gira e scrive 4, mentre gira e scrive o concede diritti per altri film con Freddy Krueger.

https://www.youtube.com/watch?v=ZgKukhIw5eY

Capace di incarnare lo spirito anticonformista degli anni ‘70 con film ruvidi e privi di qualsiasi patina, l’esaltazione del divertimento degli anni ‘80 canonizzando il genere “sventracorpi” per eccellenza (in cui la carne è esibita per essere aperta e mutilata), fino all’ironia consapevole degli anni ‘90 (il cinema che sembra sapere di essere cinema e si diverte con le proprie regole), Craven è stato uno degli ultimi filmmaker con una mentalità che pareva non tener conto di quel che era cambiato ad Hollywood, un impiegato da studio system in anni in cui questi non hanno più impiegati. Un mestierante, come li chiamiamo in Italia, realmente capace di fare il proprio lavoro e per questo amatissimo.

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