We Happy Few, la prova

Abbiamo messo le mani su di una versione preliminare di We Happy Few, ecco le nostre prime impressioni

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We Happy Few è da poco disponibile in accesso anticipato su PC e Xbox One, un passaggio importantissimo per un titolo atteso e capace di destare molta curiosità come quello dei ragazzi canadesi di Compulsion Games. Il titolo offre in questo momento un’idea indicativa e parziale di come sarà nella sua release finale, ma sin d’ora è possibile ricavare una chiara impressione di cosa il titolo ha da offrire. Anzitutto è bene dire che questa Alpha version offre circa il 50% dei contenuti di quella che sarà la build definitiva, ma soprattutto va ricordato che dei tre personaggi giocabili annunciati potremo controllare il solo Arthur. È facile intuire dunque come questa prima release serva a dare un deciso e sostanzioso assaggio del gameplay e di come la suggestiva ambientazione di We Happy Few impatti su tutta l’esperienza di gioco.

Per chi infatti non ne ha mai sentito parlare, è bene sapere che We Happy Few si svolge in un mondo di gioco opprimente e senza speranza, una versione alternativa e disturbante dell’Inghilterra degli anni ’60. Il Paese è in guerra con i sovietici, le difficoltà non mancano e Wellington Wells, la città immaginaria in cui il gioco si svolge, è un posto lugubre e decadente. Ma il regime impone una sorta di felicità di stato per cui tutti devono essere felici. Devono, al punto che la popolazione viene drogata attraverso una droga sintetica, una pillola di nome Joy che altera la percezione della realtà mostrando a chi la assume una vita e una società felice, prospera e senza tensioni. Chi ha una crisi di rigetto o peggio ancora si rifiuta di assumerla viene bollato come un reietto e un sovversivo, prelevato di peso e portato fuori dai confini della città, in un villaggio ridotto a un cumulo di macerie e abitato da individui disperati e spesso folli. Esattamente quello che succede al nostro alter ego.

[caption id="attachment_158971" align="aligncenter" width="600"]We Happy Few screenshot We Happy Few - screenshot[/caption]

Dopo il breve prologo che racconta in maniera interattiva quanto detto, comincia il gioco vero e proprio ed è qui che We Happy Few si dimostra una perfetta sintesi tra un survival game e un roguelike, un titolo che senza alcuna pietà punisce con il permadeath e la perdita di tutto quanto ottenuto gli errori commessi o anche semplicemente una condotta di gioco poco decisa e mal pianificata. Una volta usciti dal bunker in cui il tutto inizia e a cui potremo sempre tornare per stivare oggetti in eccesso dell’inventario, riposare etc. ci si ritrova in una mappa generata proceduralmente, sempre diversa ad ogni restart e con pochi appigli e informazioni su come muoverci. La meccanica di gioco è tanto semplice quanto complessa nel suo dipanarsi; il nostro obiettivo è abbandonare il luogo in cui ci troviamo per tornare a Wellington Wells, non prima però di aver ripristinato il punto di accesso alla città e recuperato un vestito buono per mimetizzarci, e da li scappare lontano dalla città e dal suo incubo allucinatorio. Abbiamo poco tempo per farlo e tante variabili di cui occuparci. Arthur ha infatti bisogno di nutrirsi, bere e riposare regolarmente, va curato se si fa male, è soggetto a frequenti intossicazioni alimentari data la scarsa qualità del cibo che ne condizionano lo stato di salute ed ergo le possibilità di gioco e può facilmente essere vittima di infezioni o avvelenamento da tossine da curare il prima possibile.

"La libertà concessa al giocatore è totale"

Il gioco stimola verso una costante e continua esplorazione, tesa a svelare porzioni di mappa sempre nuove, a interagire con quanti più eventi casuali possibili e tutto questo al fine di reperire quanto più materiale possibile. Il crafting è infatti una componente essenziale dell’intera esperienza, e per quanto abbiamo potuto giocare quasi tutti gli oggetti raccolti possono essere combinati in qualcosa di più efficace e duraturo, sia essa un’arma o un utensile prezioso per andare avanti. In generale ogni oggetto per quanto possa apparire insignificante ha potenzialmente un suo valore, basti pensare che in più di un’occasione un frutto marcio ci ha salvati dallo svenire dalla fame, sia pure al costo di una leggera intossicazione alimentare.

La libertà concessa al giocatore è totale, o almeno lo è in teoria e nell’approccio che si sceglie di avere per giocare; è possibile infatti tenere un basso profilo, raccattando risorse in giro dalle case in rovina disabitate, oppure si può provare a giocare in maniera furtiva rubando dalle case abitate dagli altri reietti come voi. Si può optare per la brutale aggressività non esitando ad aggredire e magari uccidere chi si vi para davanti, o ancora esplorare la mappa in cerca di eventi di gioco di vario tipo, vere e proprie subquest che richiedono tanto tempo in un universo come quello di We Happy Few dove i minuti sono contati ma che offrono un ricco compenso una volta portate a termine. Quale che sia l’approccio scelto, reperire risorse, craftare oggetti e utilizzare tutto quello che trovate per costruire la vostra via di fuga nel minor tempo possibile sarà la sola e unica finalità del gioco, oltre ovviamente a sopravvivere e non morire di fame o avvelenamento.

[caption id="attachment_158972" align="aligncenter" width="600"]We Happy Few screenshot We Happy Few - screenshot[/caption]

Al momento sarebbe a dir poco ingiusto soffermarsi troppo sui difetti di una versione cosi primordiale, ma ci permettiamo comunque di segnalare alcune cose che non ci hanno convinto, specialmente sul versante dell’interfaccia utente. Per quanto visto, non sembra possibile porre un indicatore manuale sulla mappa in modo tale da sapere in game dove si trova esattamente il punto dove intendiamo andare, e sempre sulla mappa abbiamo notato come spesso ci sia la tendenza a segnalare i luoghi delle quest già concluse e non quelle ancora in corso non segnalando affatto invece alcuni luoghi di interesse particolarmente importanti, come le stazioni di crafting dove è possibile creare alcuni oggetti specifici e particolarmente incisivi sugli equilibri di gioco e alcuni luoghi in cui si svolgono subquest che, una volta individuati, continuano a non essere segnalati. Anche la gestione dell’inventario e l’interazione con alcuni oggetti è parsa spesso un po macchinosa, ma siamo fiduciosi e convinti che tutte queste cose possano essere risolte quando lo sviluppo sarà finito.

La data di uscita di We Happy Few è al momento ancora avvolta nel mistero, ma quanto visto in questa prima versione ci ha decisamente convinto, soprattutto grazie a una cura stilistica di prima grandezza a metà tra Bioshock e la fantascienza distopica del secolo scorso, capace di avvincere e restituire sin da subito l’idea della nostra sopravvivenza in un universo più grande, malato e distorto in cui solo la nostra caparbietà potrà condurci verso l’endgame.

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