Vite Digitali: The Elder Scrolls V: Skyrim e la grande adattabilità del Dovahkiin | Speciale

Skyrim è stato senza dubbio uno dei titoli più apprezzati della scorsa generazione videoludica, ma cosa ne pensate del suo protagonista?

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The Elder Scrolls V: Skyrim, uscito nell'ormai lontano 2011, è ancora oggi uno dei titoli open world più amati sia dal pubblico che dalla critica. Nonostante siano passati quasi nove anni, non è strano sentire ancora una vasta fetta di persone consigliare la splendida opera Bethesda a tutti coloro che sono alla ricerca di un vasto mondo da esplorare e da vivere. Un mondo che, dopo la prima ora di gioco, si apre in tutta la sua magnificenza, spingendo il giocatore a decidere in che direzione muovere i propri primi passi.

Tralasciando il comparto grafico, all'epoca davvero sbalorditivo, ma ora giustamente invecchiato, il viaggio del protagonista senza nome attraverso la regione di Skyrim trasmette quella sensazione di libertà e di meraviglia tipica delle grandi opere fantasy. Una libertà che, se analizzata in un periodo nel quale non possiamo allontanarci più di 200 metri dalla nostra abitazione, non può che risultare ancora più impressionante e rincuorante.

Una volta avviato il gioco, prima di partire per qualsiasi viaggio, ci viene però chiesto di creare il nostro alter ego virtuale che ci farà da avatar per le innumerevoli ore che passeremo tra i boschi rigogliosi e le montagne innevate (senza dimenticare le labirintiche rovine dei Nani) della regione a nord di Tamriel.

Il protagonista di The Elder Scrolls V: Skyrim, però, non presenta una caratterizzazione psicologica definita o un carisma scritto da sapienti narrative designer. Il motivo?! Perché il Dovahkiin ("Sangue di Drago" nella lingua draconica) siamo proprio noi. Qualsiasi nostra decisione, sia essa una linea di dialogo o un'azione, andrà a delineare nel dettaglio l'eroe con il quale potremo affrontare la nostra avventura.

Visto il periodo storico nel quale stiamo vivendo, dove ci troviamo costretti a vivere la vita seguendo delle regole ben stabilite proprio come in un videogioco, abbiamo pensato di ospitare a Vite Digitali proprio il protagonista di una delle opere più vaste targate Bethesda. Per coloro che ancora non lo sapessero, Vite Digitali è la rubrica settimanale che analizza i principali personaggi provenienti dall'industria videoludica e il loro impatto emotivo su noi giocatori. Come sempre, ovviamente, senza il minimo spoiler.

All'inizio di The Elder Scrolls V: Skyrim, il nostro alter ego viene portato nel villaggio di Helgen, luogo nel quale è destinato a essere decapitato insieme agli altri ribelli e al loro capo Ulfric. Improvvisamente, però, un enorme drago nero piomba sui soldati, permettendo al protagonista senza nome di fuggire nel bel mezzo della confusione. Questo è solo l'incipit che ci porterà a viaggiare per le lande sconfinate di Skyrim e a vivere una storia ricca di intrighi politici e tappezzata da un'epica fantasy di tutto rispetto.

Come abbiamo già avuto occasione di accennare, nel titolo Bethesda datato 2011 avremo sì una missione principale, ma starà a noi decidere se intraprenderla o meno. La quantità di azioni da compiere, di personaggi da incontrare e di situazioni da vivere, infatti, permette al giocatore di trovarsi catapultato all'interno di una vera e propria vita alternativa, in grado d'intrappolarlo per un monte ore impressionante.

Mentre cominceremo lentamente a interagire con il mondo di gioco, ci renderemo conto che il nostro apatico protagonista starà assumendo una caratterizzazione sempre più nitida, in grado di tratteggiarsi chiaramente nel corso dell'avventura. La straordinaria abilità degli sceneggiatori nello scrivere le linee di dialogo, infatti, emerge prepotentemente quando realizzeremo di avere tra le mani non più un sopravvissuto dal passato ignoto, ma un vero e proprio personaggio con un'esperienza e un vissuto alle proprie spalle. Un vissuto che, come se non bastasse, sarà esattamente quello che avremo delineato noi dalla nostra fuga da Helgen.

Come un foglio bianco sul quale viene appoggiata una matita, il Dovahkiin diventa sempre più un eroe (o un criminale) ben definito e dettagliato, permettendogli da non finire nel dimenticatoio una volta che prenderete la difficile decisione di lasciare Skyrim.

Nonostante l'assenza di una psicologia stabilita a tavolino dagli sviluppatori, la malleabilità e la straordinaria capacità di adattamento del protagonista dell'ultimo The Elder Scrolls permettono al Sangue di Drago di venire ricordato al pari di un personaggio ben delineato. Un personaggio che talvolta potrà anche apparire silenzioso, ma in grado far sentire la sua voce quando necessario, tra una frase in grado di trasportare nel gioco i pensieri del giocatore e un Fus Ro Dah per spazzare via anche il nemico più coriaceo.

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