Vib-Ribbon, conigli e linee a tempo di musica - Giochi d'archivio #04

Alla riscoperta di Vib-Ribbon, titolo nel quale giocare con la propria musica preferita, letteralmente

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Uno dei miei più grandi desideri in quanto amante dei videogiochi ma anche grande estimatore del mondo musicale è sempre stato quello di inserire le mie canzoni preferite all’interno del gameplay. Ok, su Grand Theft Auto: Vice City venivamo deliziati con Call Me dei Go West e il suo fascino tutto patinato, ma il sogno non si è mai sopito: se, montando a bordo di una vettura, potessi ascoltare i miei gruppi o cantanti preferiti? Se, alla morte di Aeris in Final Fantasy VII, non avessi voluto sentire altro che qualche singulto disperato dei miei cari Xiu Xiu? E se, scorrazzando a tutta velocità con Sonic, avessi preferito un bombardamento sonoro à la The Mars Volta, oppure ancora (e qua facciamo proprio gli snob) à la Mainliner? Ancora oggi belle musiche, per carità, belle OST e tutto il resto – il mondo dei videogiochi a livello di estetica musicale non fa che emanciparsi sempre più – ma quanto dovrò aspettare affinché qualche sviluppatore folle inserisca i Mainliner nel proprio gioco? Forse troppo, decisamente troppo.

A tutto questo sconforto non c’è modo di porre rimedio: di solito, gioco The Binding of Isaac azzerandogli il volume e infilandomi delle cuffie con ciò che più mi piace, ma non è la stessa cosa. Poi, all'improvviso, il materiale d’archivio fa piovere in mio soccorso un gioco tutto strano, per certi versi inquietante, eppure destinato ad allietare il mio straziato cuore da tirocinante. Il titolo in questione è Vib-Ribbon, rhythm game di NanaOn-Sha uscito su PlayStation nel 1999, in Giappone, e nel 2000, in Europa. Di recente il titolo è stato riproposto su PlayStation 3, PSP e PS Vita.

[caption id="attachment_178802" align="aligncenter" width="1280"]Vib-Ribbon screenshot Vibri in azione, contro ostacoli generati in base alla musica in ascolto[/caption]

Nei panni di un coniglietto stilizzato chiamato Vibri, siamo chiamati a muoverci in un mondo bidimensionale, miminale e leggermente inquietante, fatto di sole linee: a tempo di musica, dall’inizio alla fine della traccia. E qua viene il bello: gli ostacoli che ci troveremo di fronte vengono generati in base alla colonna sonora di sottofondo, la quale può essere scelta liberamente dal giocatore. Possiamo inserire un CD della nostra collezione nella PlayStation e giocare a una delle tracce. L’apice dell’alienazione: un mondo in bianco e nero fatto di linee spezzate e segmentazioni spaventose, una musica martellante, una difficoltà a tratti veramente demoniaca e tutta la passione di un gran numero di ore perse alla ricerca del brano perfetto, del mix più affascinante, della partita più godibile.

"L’apice dell’alienazione: un mondo in bianco e nero fatto di linee spezzate e segmentazioni spaventose, una musica martellante, una difficoltà a tratti veramente demoniaca"Stando alle parole dell'autore Masaya Matsuura, il gioco era stato inizialmente concepito come strumento promozionale per Mercedes-Benz. In quel caso, probabilmente, erano stati previsti motivetti simpatici e divertenti, proprio come quelli presenti nella versione base del gioco. Nessuno si sarebbe aspettato di vedere il coniglietto muoversi freneticamente tra chitarre sfasciate e grida, tra sintetizzatori gracchianti e rumori industriali, tra incubi e scariche raggelanti. Effetto Mainliner. Personalizzare la propria esperienza di gioco non può essere più gioioso di così, malgrado l’angoscioso tour de force visivo/auditivo.

[caption id="attachment_178803" align="aligncenter" width="1280"]Ridge Racer screenshot Anche nel primo Ridge Racer si poteva giocare utilizzando le proprie tracce audio, ma non era la stessa cosa[/caption]

Nota a margine: il primo Ridge Racer per PlayStation consentiva anch’esso di inserire tracce personalizzate in sottofondo. In questo caso la mia apologia sarà del tutto personale: lo stile minimale, delirante e carico di imperfezioni di Vib-Ribbon, al di là del fatto che consenta di "giocare" le tracce e non di averle soltanto come sottofondo, è per il sottoscritto motivo di affetto indiscriminato. Nulla togliendo al buon Ridge Racer.

A cura di Stefano Caselli

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