Il viaggio di FIFA 17 vs la carriera di Spike Lee in NBA 2K16. Perchè il gameplay vince sempre sulla storia

Il confronto tra la storia scritta da Spike Lee per NB2K16 e quella di FIFA17 è meno impietoso del previsto

Condividi

Dopo aver provato fino alla fine la modalità Il Viaggio di FIFA 17, quella nella quale non solo si costruisce la carriera di un giocatore ma si prende parte ad una vera e propria modalità single player, con un inizio e una fine, in cui una simulazione sportiva viene piegata per assecondare regole di altri generi, il giudizio è completamente diverso rispetto all’inizio. A prima impressione le avventure di Alex Hunter, giocatore emergente di colore nell’Inghilterra di periferia, con padre (bianco) assente e madre (nera) molto presente, ma soprattutto con nonno ex calciatore a dare consigli, sono una delusione a tutti i livelli, una specie di posticcia versione romanzata di un pessimo film. Però poi già da metà le cose cambiano profondamente.

All’inizio la sensazione è di essere in una storia di quarto livello, un romanzetto scritto da persone che non fanno gli scrittori di lavoro. C’è innanzitutto una pigrizia molto forte nel suggerire al giocatore il tono di una risposta ogni volta che si propone la scelta multipla. Aalle interazioni si può rispondere in diversi modi prestabiliti, determinando in questa maniera la personalità del giocatore e spostando l’asse delle preferenze del mister o dei tifosi. Ma a differenza delle versioni più sofisticate di dialogo qui, accanto ad ogni possibile risposta, è indicato cosa accade in caso venga scelta, se si incrementi il fattore arroganza o quello di altruismo o se si rimanga in bilico. Questo rende il processo di interazione qualcosa di automatico e sbrigativo, alla fine nemmeno si leggono le frasi, si decide solo che tipo di atteggiamento promuovere. L’impressione è che non cambi davvero nulla nella storia.  I momenti narrativi poi sono talmente banali da non far altro che aumentare il desiderio di giocare, anche perché poi la parte di gioco (controllando solo il protagonista o tutta la squadra) è invece appassionante. Pietosi infine i momenti in cui gli avatar dei veri giocatori incontrano casualmente il protagonista e gli fanno i complimenti. Sembra di poter sentire il rumore della penna che firma il contratto di collaborazione con Electronic Arts e la pacca sulla spalla del procuratore. Tutto suona fasullo, finto e artificioso, pensato per suscitare certe reazioni che regolarmente non suscita.

[caption id="attachment_160942" align="aligncenter" width="600"]FIFA 17 screenshot FIFA 17 - Il Viaggio[/caption]

Esattamente ciò che un narratore esperto come Spike Lee era riuscito ad evitare in NBA 2K16, nella storia di Freq e della sua famiglia. Fin dal titolo, Livin’ Da Dream, e dai nomi dei personaggi per l’appunto, Lee aveva dato un marchio molto preciso. Pure scegliendo un protagonista bianco e caucasico ci si ritrova in una famiglia nera ad Harlem, che è un po’ comico, ma significativo: la storia è questa ed è più importante delle tue scelte. Livin’ Da Dream è una gran storia, una di quelle che nel raccontare un intreccio riescono a dire molto sull’essere umani e sul vivere in un certo modo e in un certo mondo. A fare la differenza sono i dialoghi dotati di senso e credibilità, vicini al mondo reale e parenti intimi di quello del cinema. Sono le scene ad essere legate bene, a susseguirsi con un misto di prevedibilità e sorpresa. Sono infine le piccole finezze da narratore, che danno grasso al racconto. Tutte cose assenti da Il Viaggio, racconto magrolino ed emaciato di una storia banale. Però lì si gioca davvero, questo cambia tutto. Ovviamente si gioca anche in Livin’ Da Dream, ma è evidente che quella parte è stata pensata ed elaborata con molta meno cognizione di causa.

"La storia di Alex Hunter è molto cretina e banale, però tanto sono forti la parte giocata e il legame tra l’ascesa e la possibilità di fare la differenza in campo che anche il più scemo degli intrecci e delle cutscene diventa appassionante"

In Il Viaggio la difficoltà crescente è ben elaborata, la possibilità di rimanere in campo e non essere sostituito pure, attraverso un sistema a punti per il quale mantenere la posizione, intercettare palloni, passare bene ed essere utile al gioco sono tutti elementi importanti. Poi ovviamente segnare lo è molto più di tutti e quindi chi vuole può prendersi dei rischi per farlo, che è parte dell’idea di “gioco”. Insomma non solo si gioca a calcio come sempre in FIFA 17, ma c’è una componente di rischio superiore che dà personalità alla modalità. NBA 2K16 invece prevede partite in cui la percezione del proprio apporto e del rapporto con la squadra è abbastanza incolore. Anche giocando abbastanza male si avanza, mentre in Il Viaggio giocando male non si avanza, la trama non fa un passo in avanti fino a che il giocatore non migliora, motivo per il quale è obbligato ad allenarsi tra una partita e l’altra, mentre in Livin' Da Dream l’allenamento era “libero”, privo di paletti, tempi, cose da fare o qualcuno che dia le direttive. Tanto si è guidati da Spike Lee nella trama, quanto si è abbandonati nel gioco. FIFA 17 è l’esatto contrario e alla lunga questo paga.

[caption id="attachment_163594" align="aligncenter" width="600"]NBA 2K16 Livin' Da Dream screenshot NBA 2K16 - Livin' Da Dream[/caption]

La storia di Alex Hunter è molto cretina e banale (specie nei rapporti con vecchi e nuovi amici) anche perché è ricalcata, male, sul modello di Livin’ Da Dream, però tanto sono forti la parte giocata e il legame tra l’ascesa e la possibilità di fare la differenza in campo che anche il più scemo degli intrecci e delle cutscene diventa appassionante. Alla fine, per quanto banale dirlo, anche quando i videogiochi assumono come obiettivo “elaborare e raccontare una storia”, lo specifico dei videogiochi, cioè il gameplay, vince anche sul più sofisticato dei registi all’opera, nella più coerente delle maniere.

Continua a leggere su BadTaste