Verticalisti, powered by Verticalismi – Intervista a Riccardo Pieruccini
Oggi Verticalisti intervista Riccardo Pieruccini, autore di Prussiani vs Alieni e LSD - Lega dei Superdementi
Con Moreno Burattini ha invece recentemente terminato la storia Una tomba per Gavinana, che verrà pubblicata sul volume per i 150 anni dall’unità d’Italia prodotto da Lucca Comics. Per la 7 Age ha realizzato due episodi del fantasy Edena. Attualmente collabora con Simone Bianchi alle chine di varie serie e copertine Marvel. Ha all’attivo anche diversi lavori in campo pubblicitario e cinematografico (collaborazioni con Leoburnett, Ogylvi, Colorado Film e altre aziende in campo pubblicitario) e cinematografico (Colorado Film nelle produzioni di Gabriele Salvatores e Diego Abatantuomo).
Cresciuto a suon di Lego, Transformers e supereroi muscolosi, ho dedicato la mia vita al disegno quando ho scoperto che i fumetti erano praticamente la vita reale. Viviamo tutt’oggi un mondo talmente assurdo che quello che succede nei fumetti appare piuttosto banale… ragion per cui ho deciso che il mio sogno nel cassetto sarà quello di diventare un cyborg. Attendendo che mezzi economici e progresso tecnologico appaghino questo mio desiderio lavoro come disegnatore per varie aziende in campo pubblicitario e cinematografico e insegno design. LSD è il mio unico vero parto come autore e rappresenta la mia visione del mondo in un momento in cui tutti vogliono essere eroi o protagonisti!
Ciao Riccardo! Grazie per averci concesso quest’intervista. Iniziamo con il capire chi è Riccardo Pieruccini: come ti definiresti?
Mi definirei un professionista del disegno e dell’illustrazione. Ho lavorato in parecchi ambiti diversi dove ho sempre usato il disegno: storyboard, pubblicità, molto visualizing (che continuo a fare tutt’ora). Quando non disegno fumetti miei, continuo a farne in veste di assistente di Simone Bianchi. Non voglio dire di essere semplicemente un fumettista, perché sarebbe riduttivo e ingiusto. Sono un professionista a 360 gradi nel campo del disegno, con una vasta gamma di competenze.
Il progetto cui adesso stai dedicando più energie è Prussiani vs Alieni, una distopia fantascientifica scritta assieme a Davide La Rosa. Innanzitutto, come è nata l’idea? Perché proprio i prussiani? È colpa dei baffi?
L’idea di fondo è stata di Davide. È venuto da me e mi ha detto che fin da piccolo c’era una cosa che gli aveva sempre fatto paura: i prussiani. Questo perché quando leggeva i libri di storia, vedeva questo popolo di guerrafondai dai baffi massici, e gli incutevano timore. Hanno combattuto contro gli alieni a bordo di giganteschi robot a vapore, ma nessuno se n’è mai accorto perché in quel momento tutti stavano dietro alla Rivoluzione Francese e la Prussia veniva ignorata. Queste erano le premesse, e ho capito subito che c’era un sacco di materiale per creare qualcosa di davvero interessante. La formula del progetto, in sintesi, era quindi composta da: prussiani, alieni, baffi e robot a vapore. Il tutto condito da tanti, tantissimi cazzotti.
Come si è svolta la campagna crowdfunding?
Abbiamo fatto la campagna crowdfunding per il primo volume (che sto iniziando a disegnare adesso e che sarà pronto per giugno). Abbiamo dato modo, prima ancora di iniziare effettivamente a disegnare gli episodi, di vedere i personaggi, gli studi (matita, china, colori), le ambientazioni, numerose illustrazioni: tutto materiale con cui si costruisce un progetto solido e ben articolato.
Il crowdfunding permette di condividere il prodotto da subito ed è qualcosa di molto diverso rispetto all’autoproduzione classica, di cui sono fan e fervido sostenitore. Diciamo che il crowdfunding ti permette da subito di poter agire e collaborare con il pubblico, presentare il materiale, mostrare su cosa effettivamente stai chiedendo un sostegno e prestabilisce una forma di distribuzione chiara: una spedizione a casa!Nonostante ci siano autoproduzioni di eccellenza, cercavamo un meccanismo diverso, un meccanismo che si rivolgesse direttamente al pubblico. Anche nella fase di realizzazione, vedi già i risultati e percepisci l’entusiasmo del pubblico, la sua risposta e la sua ricezione.
Quanto è stata importante la condivisione sui social per il successo della campagna di crowdfunding?
Molto importante, perché ha permesso agli spettatori di vedere direttamente il prodotto. Il crowdfunding, agli occhi di qualcuno, può sembrare una specie di elemosina. Ma mi sento di sollevare un’obiezione: gli editori, in questo momento, tendono a buttare prodotti sul mercato, ignorando cosa possa effettivamente funzionare o no. Non dico che dobbiamo essere schiavi delle leggi di mercato, ma nemmeno ignorarle completamente: bisogna capire i gusti del pubblico. Dobbiamo stare più attenti a cosa produciamo e a cosa può piacere. Se vedi che un prodotto funziona sul web, sempre sulle stesse piattaforme puoi continuare a mantenere un contatto con persone, capendo se sono disposte a seguirti nel tuo progetto. In questo modo si prende direttamente il polso della ricezione.
Le storie di La Rosa, per esempio, in questo sono una sicurezza: sono facili, belle, dettagliate e ricevono sempre un ampio apprezzamento. Non dico che la vendita al dettaglio debba sparire, bensì deve trarre, secondo me, spunti da questi “esami di mercato”: in questo modo si massimizza, facendo incontrare più facilmente domanda e offerta. Con Prussiani vs Alieni, abbiamo potuto definire un’offerta personalizzata, capire cosa potesse interessare al pubblico oltre alla storia stessa. Volevo vedere le reazioni del pubblico in modo diretto, offrendogli anche progetti paralleli come le “prussiane svestite”, una raccolta di pin-up in salsa puritana settecentesca: sono cose che si generano spontaneamente dalla vita infusa nel progetto e mi instradano in quello che faccio.
Consiglieresti il crowdfunding a qualcuno che stia avviando un progetto?
Lo consiglio certamente, ma deve essere ben studiato, chiarendo gli obiettivi con cura e attenzione. Il primo crowdfunding del progetto, stanziato a 15.000 euro, era fallito perché non avevamo abbastanza contatti e molti non erano convinti del fumetto. Allora, insieme con il Coffee Tree Studio (che si era già occupato del crowdfunding per Lumina) abbiamo deciso di rilanciare la campagna, modificando il prodotto, ridimensionando l’offerta, individuando la domanda. Abbiamo trasformato la sconfitta in una cavalcata vincente: l’obiettivo era di 6.500 euro, e siamo arrivati quasi a circa 10.000; la prima richiesta quindi non era illegittima, bensì mal posta: non avevamo individuato il giusto target e la giusta campagna di comunicazione. Non basta mettere un fumetto online per farlo leggere: il web ha dei meccanismi di fruizione ben precisi ma mutevoli, come per esempio l’indicizzazione; conoscendo questi ostacoli, sappiamo quali sono i punti cardine che dobbiamo colpire. Non basta il progetto in sé: servono sinossi, pubblicità sui siti giusti, individuazione del target, equilibrio tra storia e illustrazioni. Bisogna crederci, dimostrare che da zero può nascere molto. Dobbiamo cambiare l’impianto stesso del nostro lavoro, approcciarci in una maniera innovativa, mettendoci energia ed entusiasmo, senza mai svalutare il proprio operato.
Sei anche un insegnante: che consiglo dai a chi si vuole approcciare, sia tramite una scuola che da autodidatta, a questo ambito?
Il primo consiglio che mi sento di dare è: smettetela di disegnare gratis. Il web si sta affollando di varie piccole produzioni mediocri, che abbassano ulteriormente i gusti di un pubblico già piuttosto ignorante. Chiedete tariffe ragionevoli, basandovi sul vostro curriculum e sulla vostra esperienza, avendo consapevolezza dei propri limiti. I miei sono corsi di base o laboratori di disegno tra studenti. A loro dico sempre: se volete fare il salto, dovete avere un livello base molto alto; dovete disegnare spesso, dalla mattina alla sera, arrivando a produrre anche venti o trenta disegni a settimana. Disegnare è una cosa spontanea, inevitabile, devi entrare dentro il meccanismo. Confrontarsi con gli altri, esercitarsi. Non rimanete nel solito stile, esplorate, leggete in modo variegato, anche cose che non sentite immediatamente nelle vostre corde: ciò vi permetterà di sviluppare senso critico e discernimento, permettendovi anche di capire a che tipo di target può rivolgersi, per esempio, un fumetto come Vagabond o uno come Toriko.
Credi che sia importante utilizzare prima le tecniche analogiche rispetto a quelle digitali?
Dipende molto dal maestro, dato che ognuno ti darà una sua impostazione di base, e questa è una buona cosa. L’importante è scegliere uno strumento e usare quello: per me non esiste alcuna differenza tra le due tecniche, l’unica è in termini monetari e materici. Dipende da cosa vuole il cliente e dal risultato che si vuole ottenere. A parere mio, le due tecniche sono complementari. Cito Barbara Canepa: “Per poter fare qualcosa di non riproducibile in digitale, basta fare qualcosa di analogico e modificarlo in digitale, o il contrario.” Non importa quale dei due strumenti usi e in che modo, l’importante è che ti permetta di far emergere la tua visione e le tue caratteristiche personali. È necessario approfondire e sperimentare, senza farsi incasellare in determinate categorie.
Un’ultima cosa: ci sveli qualcosa in anteprima di ciò che hai in serbo per il futuro?
Ho un progetto, ma non so se e quando riuscirò a realizzarlo. Sarà una storia di fantascienza, in cui una nave con un equipaggio disperato dovrà andare al salvataggio di alcuni sopravvissuti; vorrei inserire dei richiami a Mass Effect e all’umorismo del grande Garth Ennis. Qualcosa che riprenda anche le mie influenze di animazione robotica degli anni ’80.