Verticalisti, powered by Verticalismi – Intervista a Francesco Savino

Oggi Verticalisti intervista Francesco Savino, autore di Vivi e Vegeta e Long Wei

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Francesco Savino nasce a Chieti nel 1986, dopo aver conseguito la Laurea in Psicologia presso l’Università degli Studi Gabriele d’Annunzio, si trasferisce definitivamente a Milano per seguire il corso di sceneggiatura presso la Scuola del Fumetto. Nel 2009 avviene il suo esordio affiancato da Adriana Coppe sulla miniserie Nemrod, edita da Star Comics. Nel 2010 arriva la pubblicazione per la casa editrice BD di Equilibrio, realizzato nuovamente con la Coppe, dopo essersi aggiudicato la menzione speciale al Lucca Project Contest. Nello stesso anno inizia la collaborazione esterna con la casa editrice BAO Publishing e nel 2014 entra a far parte del team creativo della miniserie Long Wei, della quale scrive l’albo La mano in collaborazione con Diego Cajelli. Sempre nel 2014 diventa sceneggiatore delle avventure a fumetti di Geronimo Stilton, scrivendo Ciak si Gira, Geronimo Stilton. Nel 2015, col patrocinio dell’associazione onlus Plain Ink, pubblica La banda dell’elefante rosa, libro illustrato sull’integrazione culturale edito dalla Giunti Junior. Attualmente lavora come editor e traduttore per la casa editrice BAO Publishing. Vivi e Vegeta è la prima serie da lui creata.

Ciao Francesco! Grazie per averci concesso quest’intervista!

Grazie a voi per ospitarmi! È un piacere!

Veniamo subito al dunque, l’argomento di cui tutti parlano: Vivi e Vegeta. Ormai tutti ti chiedono com’è nata un’idea così originale, quindi io ti chiederò: come si è sviluppata? Come avete deciso quali fiori usare e la lunghezza della serie?

Francesco SavinoRicordo i giorni dopo l’incontro galeotto con Simeone come un misto di febbrile eccitazione e ansia allo stato puro. Diciamo che ho passato la prima settimana convinto che il “sì” del mio compare fosse uno scherzo, che alla fine non si facesse più niente, che in realtà, mentre io a Milano ero tutto preso dal favoloso mondo di fiori e piante, lui da Roma stesse ridendo di me per la mia ingenuità.

Perché la mia ingenuità, al tempo stesso, non riusciva a smettere di immaginare il mondo vegetale, il distretto, i fiori che ne avrebbero preso parte. E se da un lato temevo la smentita di Simeone, dall’altro lato lui non faceva altro che mandarmi studi dei personaggi, idee, caratterizzazioni e dettagli di un mondo che iniziava sempre più a prendere forma nella nostra testa. La scelta dei fiori è venuta in maniera quasi istintiva, cercando caratteristiche vegetali che in qualche modo ricordassero vizi e difetti del genere umano. Sapevo per certo che avrei evitato di mettere le rose, perché volevo che il loro ruolo nelle vicende problematiche del distretto fosse marginale. Loro sono i fiori “per eccellenza”, e quindi vivono in un quartiere chic isolato da tutto il resto del distretto.

Le rose osservano ma, in quanto simbolo dell’amore, se ne fregano.

Con il passare del tempo, mi sono reso conto che le mie incertezze sul sì di Simeone non avevano motivo di esistere. Le nostre lunghe telefonate erano dense di sue dichiarazioni d’amore in cui cercava di rassicurarmi: “Li mortacci tua”, “ma tu sei scemo” e “smettila di dire queste cazzate” erano un apostrofo rosa tra le parole “Vivi” e “Vegeta”. A quel punto, ho iniziato a strutturare il progetto in una forma più concreta e delineata. Parlando con Mirko, di Verticalismi, ho avuto alcuni consigli sulla lunghezza ideale di un capitolo, mentre insieme a Simeone progettato la lunghezza della prima serie. Una volta tirate le somme, è venuto naturale concludere che dieci capitoli, con due speciali all’interno e un mid-season dopo il quinto capitolo, sarebbero stati l’ideale.

A cosa ti ispiri maggiormente per creare le tue storie?

Cerco di leggere, guardare, ascoltare il più possibile. E al tempo stesso, cerco di carpire i meccanismi di quello che mi incuriosisce e mi sembra funzioni. So che sembra poco da “salotto buono” dire che alla base di Vivi e Vegeta c’è una riflessione sulle trasmissioni televisive di cucina, ma in realtà è così. Mi piace cercare, in quello che si muove nella società, un possibile sguardo diverso. Alla base di Vivi e Vegeta c’è un ribaltamento del punto di vista floreale, e in genere è un aspetto che mi affascina e cerco di perseguire in ogni cosa che scrivo.

E poi so che non dovrei dire neanche questo, ma credo che tra le mie fonti di ispirazione i giochi di parole abbiano un ruolo principe. A volte nel mio cervello si manifestano associazioni di pensiero che difficilmente vogliono andarsene. Così alla fine cedo e mi decido a conservarle, immaginando che presto o tardi mi condurranno da una storia.

Hai collaborato con Diego Cajelli, hai scritto per Geronimo Stilton... Ti va di raccontarci qualcosa della tua formazione?

[caption id="attachment_55347" align="alignright" width="212"]Carl e Clusius Carl e Clusius[/caption]

Quando, anni fa, scoprii che Diego Cajelli (che avevo già tampinato durante un Lucca Comics e che si era dimostrato gentilissimo concedendomi buona parte del suo tempo per una chiacchierata con me) insegnava alla scuola di fumetto di Milano, decisi che avrei dovuto assolutamente seguire le sue lezioni. A scuola, ho avuto la conferma che Diego, oltre a essere la stessa, gentile persona che avevo conosciuto, era un ottimo insegnante. Io avevo già esordito sulla miniserie di Fabio Celoni per la Star Comics, Nemrod, scrivendo in coppia con Adriana Coppe; ma, grazie alle lezioni di Diego, ho imparato tutto quello che c’era da sapere per voler trasformare la mia vocazione in lavoro. Quando poi sono riuscito a collaborare con lui per la mia storia di Long Wei, Diego è riuscito a impartirmi alcune lezioni fondamentali direttamente sul campo, permettendomi di capire che lo scontro tra teoria e pratica è spesso più duro di quanto non si pensi.

Quello stesso anno, la fortuna ha voluto che entrassi in contatto con Michele Foschini, Caterina Marietti e Leonardo Favia, che proprio in quel periodo stavano iniziando la loro avventura come fondatori della Bao Publishing. Grazie alla fiducia che hanno riposto in me, ho avuto la possibilità di iniziare un discorso parallelo come editor e traduttore, senza abbandonare la scrittura (come è stato, appunto, nel caso della mia storia di Geronimo Stilton). Lavorando in una casa editrice ho scoperto e assimilato meccanismi che, da autore, non immaginavo nemmeno. È un’esperienza formativa, di cui sono profondamente grato.

Nel corso degli anni, dal punto di vista della scrittura, per mia somma gioia mi sono avvicinato al mondo dei libri illustrati. Ho collaborato con l’associazione no-profit Plain Ink, e ho avuto l’onore di poter scrivere un libro per loro (“La banda dell’elefante rosa”, edito da Giunti). Spero che sia la prima di tante altre mie incursioni in questo ambito.

Che consiglio daresti a uno sceneggiatore emergente, che in particolare si voglia dedicare ai fumetti?

Credo di essere rimasto folgorato da una risposta letta su un vecchissimo Dylan Dog in cui un lettore aveva posto la stessa domanda a Sclavi. La risposta diceva su per giù così: “Bisogna essere onnivori. Leggere qualsiasi cosa, guardare qualsiasi cosa, ascoltare qualsiasi cosa, visitare quante più mostre possibili. E cercare di assorbire il più possibile.”

La mia risposta è questa, solo che io non potrei dirlo meglio di così.

Quali sono a tuo parere i fumetti imprescindibili che si dovrebbero leggere prima di intraprendere questa professione?

Credo che un fumetto diventi imprescindibile in base a chi lo legge e, soprattutto, del periodo della propria vita in cui lo legge. Per quanto riguarda la mia formazione, credo che senza Topolino non avrei letto PK, senza PK non mi sarei affacciato al fumetto “adulto” e non avrei mai letto Dylan Dog. Senza il desiderio di collezionare quanti più numeri possibili di Dylan, non mi sarebbe venuta voglia di leggere Watchmen. E l’Eternauta. E Blankets. Potrei continuare l’elenco, citando un’enorme quantità di fumetti che per me sono imprescindibili. La verità, per come la vedo io, è che esiste una quantità infinita di liste di fumetti imprescindibili. E sono tutte ugualmente valide.

Vivi e Vegeta viene pubblicato sulla piattaforma Verticalismi. Che possibilità ti dà questo tipo di pubblicazione? Ti permette di gestire i tempi più liberamente?

[caption id="attachment_55348" align="alignright" width="300"]Nora Nora[/caption]

Quando è nata l’idea di Vivi e Vegeta, io e Simeone non abbiamo avuto dubbi nel proporla a Verticalismi. È una piattaforma grazie alla quale abbiamo potuto sperimentare senza mezze misure, proponendo un progetto lontano da quello della linea editoriale di qualsiasi casa editrice. Se un anno fa ci fossimo proposti con un’idea come Vivi e Vegeta, ci avrebbero dato dei pazzi. Mirko ci ha definiti dei geni, e il suo entusiasmo è stato il motore portante della nostra operazione.

Per quanto riguarda la scrittura, all’inizio ho fatto fatica con il “formato” senza tavole dallo scorrimento verticale. Dovevo fregarmene del volta pagina, dei relativi colpi di scena, della struttura dei fumetti cartacei. Ma, complice la maestria di Simeone nella regia, pian piano ho iniziato a ingranare la scrittura verticale e a sentirla sempre più mia.

Discorso a parte per i tempi. Teoricamente sì, Verticalismi ci permetteva di sentirci liberi anche nei tempi di pubblicazione. Ma a noi è venuto subito in mente di complicarci la vita, ponendoci nei confronti dei lettori come si farebbe per una qualsiasi serie cartacea. Abbiamo stabilito dei tempi di uscita precisi, con un calendario rigoroso che tenesse conto anche degli speciali, delle interviste a tema e delle esclusive del sito di critica C4Comic. Volevamo dare l’idea di essere professionali e, al tempo stesso, creare una certa fidelizzazione con il pubblico. Quindi, ehm, ecco… direi che “liberamente” è un concetto relativo. Soprattutto se lo chiedi al resto della squadra.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Resterai sul noir vegetale o esplorerai nuovi orizzonti?

Confesso che mi piacerebbe poter continuare a sviluppare il mondo di Vivi e Vegeta, perché ci sarebbe ancora tanto altro da dire. Per ora, per quanto riguarda il mondo dei fiori, io e Simeone siamo affascinati all’idea di una possibile versione cartacea della storia. Versione cartacea che, eventualmente, richiederebbe tempi di narrazione e impostazione grafica rivisitati rispetto a quanto apparso sul web. Quindi, con mia somma gioia, prevedo di non mollare Carl ancora per un bel po’!

Allo stesso tempo, però, avverto la necessità di sperimentare altro, di proporre cose e cimentarmi in nuovi progetti. Mi chiedo spesso se avrò mai un’idea altrettanto originale come quella che c’è alla base di Vivi e Vegeta. Poi, per fortuna, mi rispondo di no. E torno a dormire tranquillo.

Studi Vivi e Vegeta

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