Vero o falso?
Un documentario su un artista senza volto, che diventa un lavoro su un regista pazzo. Realtà o finzione? Quello che avrebbe potuto essere I'm Still Here è invece...
Fonte: Varie
... Exit Through the Gift Shop. Fin da quando ho iniziato a sentirne parlare al Sundance, mi sono detto che avrei dovuto vedere a tutti i costi questo film, che peraltro avevo già segnalato qui. Direi che l'attesa è stata premiata, anche se questo documentario, con una parte finale più convincente, avrebbe potuto essere un capolavoro totale.Andiamo con ordine. Il documentario è stato diretto da Banksy, eccentrico artista inglese che sa benissimo come far parlare di sé e che in questo caso si concentra su Thierry Guetta, alias Mr. Brainwash. Ma doveva essere girato da Thierry Guetta ed essere su Banksy e altri importanti nomi della street art. In realtà però Guetta il suo lavoro l'ha fatto, peccato non sia piaciuto a Banksy, che l'ha convinto a diventare un'artista e a mettersi in gioco in prima persona. Confusi? E' normale, visto che fin da quando è stato proiettato il dubbio tra finzione e realtà è stato altissimo (vedasi la recensione di Roger Ebert per avere conferma).
In effetti, l'esistenza di Thierry Guetta (e soprattutto della sua controparte artistica, Mr. Brainwash) è dibattuta per varie ragioni. Intanto, non viene praticamente mai mostrato impegnato sulle sue opere. E poi, i lavori che realizza sembrano una sorta di parodia poco brillante degli stereotipi dell'arte moderna, in particolare quelli di Andy Warhol. E' questa la parte meno apprezzabile di Exit Through the Gift Shop, perché l'equilibrio tra realtà e finzione che fino a quel momento era stato gestito in maniera geniale si perde un po' e si ha la forte impressione di uno scherzo.Poco male comunque, perché questo non toglie i tanti meriti del documentario. Intanto, mostrare gli straordinari lavori di questi artisti, non solo Banksy, ma anche il celeberrimo Shepard Fairey (e se pensate di non conoscerlo, vi sbagliate, considerando che è autore di una delle opere più famose degli ultimi decenni). Veniamo così a contatto con una serie di immagini surreali e ironiche, che riescono a rendere onirica la realtà e concreta la finzione. Insomma, un I'm Still Here intelligente e ben fatto, che ha molti punti di contatto (come è stato già detto) con il lavoro di Orson Welles. In effetti, come nel lavoro (soprattutto nell'ultima parte della sua carriera) del regista di Quarto potere, il confine tra arte e ossessione, tra genio e follia è assolutamente labile.
La sequenza a Disneyland è da cineteca, così come l'immagine di scatole infinite con le cassette video che Guetta ha registrato nel corso degli anni. A un certo punto, ti viene da pensare di stare vedendo una versione di Man on Wire ancora più folle, soprattutto perché non hai nessuna idea di dove possa andare questo lavoro, che riesce a sorprendere costantemente. E anche quando, alla fine, ti sembra falso, è difficile capire esattamente perché e dove. Decisamente spiazzante, come dovrebbe essere sempre l'arte...