Venezia 77: l'anno zero dei talent | Commento
Nell'anno in cui i festival saltano o vanno online, Venezia sceglie di tenere un'edizione fisica anche se senza talent
Ad ogni modo lo sappiamo da mesi che la 77esima sarà un’annata particolare di Venezia, ma nondimeno Venezia 77 ci sarà e non in versione virtuale. Solo qualche tempo fa sembrava un auspicio ora è realtà. Se Cannes ha dovuto rinunciare e Toronto ha optato come molti altri per un evento solo online, il festival che ha inventato il concetto di festival del cinema è anche il primo a ripartire con un’edizione fisica. Per quanto rimaneggiata.
Guardando al programma ci sono due dati che facilmente saltano agli occhi: mancano gli americani maggiori, cioè gli studios sono quasi assenti e gli autori maggiori nordamericani sostanzialmente non ci sono; i nomi più forti sono fuori concorso, molti nei documentari.
Roger Michell con Helen Mirren, Quentin Dupieux con Adele Exarchopoulos, Abel Ferrara, Luca Guadagnino, Gia Coppola con Maya Hawke, Alex Gibney e Alex de la Iglesia sono tutti fuori concorso o in Orizzonti. E che questi siano alcuni dei talent maggiori già fa capire il tono di questa Venezia in cui il nome più grande in competizione è quello di Frances McDormand nel film di Chloe Zhao, una regista di cui si parla da tempo con davanti a sé un film con la Marvel e dietro di sé un gioiellino indie come The Rider, ma sostanzialmente ad oggi ignota ai più. Non è solo il cinema in sala a non essere ripartito, è in linea di massima tutta l’industria maggiore che non vuole ripartire, inclusi i maggiori autori europei, fino a che non si riparte sul serio. A pieno regime.
E che in un’annata simile il festival abbia optato per un concorso senza i suoi nomi più forti fornirà la risposta ad un interrogativo atavico, se cioè la necessità commerciale di avere i grandissimi autori nei concorsi internazionali (spesso con film anche fiacchi) non levi spazio e visibilità o opportunità alle novità, se queste lo meritino. Quest’anno, forzata dalle condizioni, Venezia ha fatto questo, avremo un concorso con molto da scoprire e pochissimo già scoperto. E vedremo se un festival con questa capacità indubbia di attirare, interessare e promuovere (senza Cannes quello che ricevuto tutto il meglio dell’anno) abbia visionato film interessanti. Vedremo quanto è il nuovo che vale la pena vedere in un anno.
In un festival aperto e chiuso da un film italiano, uno in cui il cinema nostro è molto presente con tanti nomi importanti a cui viene chiesto di sostenerlo (visto che invece il cinema commerciale italiano non è in grado di sostenere le sale) ma non dalla serialità televisiva che non era mai mancata (ci pensa Alex de la Iglesia a quel comparto), le registe in concorso sono quasi la metà. Anche i più ottimisti davano come impossibile raggiungere 5050by2020, il protocollo firmato dai festival maggiori (inclusa Venezia) che mirava alla parità per quest’anno. Invece proprio il festival meno schierato sul fronte delle quote (che non significa schierato sul fronte delle opportunità per tutti), per via della situazione particolare, forse sarà l’unico ad averlo raggiunto.