Venerdì 12 di Leo Ortolani: Il Due di Picche, il Jolly, la Regina di Cuori
Quando Venerdì 12 di Leo Ortolani ti entra nella testa, non se ne va via più, un po’ come accade ad Aldo con Bedelia...
Venerdì 12: Il Due di Picche, il Jolly, la Regina di Cuori
Pubblicato in origine su L’Isola Che Non c’è e poi trasferitosi in pianta stabile su Rat-Man Collection, Venerdì 12 è in teoria ascrivibile ai molti “satelliti” che ruotano attorno alla più celebre creazione di Leo Ortolani, eppure sarebbe ingiusto relegare le disavventure sentimentali di Aldo allo stesso rango di altre creazioni pur valide, ma di impatto più limitato come L’Ultima Burba o Quelli di Parma. Quando Venerdì 12 ti entra nella testa, non se ne va via più, un po’ come accade ad Aldo con Bedelia, e continua a essere citato, riproposto e amato anche dopo quasi dieci anni dalla sua conclusione ufficiale. Perché?
Vita propria, si diceva: e i personaggi di Aldo e Giuda la dimostrano fin dalle prime puntate della serie. Venerdì 12 nasce, com’è facilmente intuibile dal titolo, come potenziale parodia della celebre saga horror cinematografica di Venerdì 13. Oltre alla parafrasi del titolo, anche il look del protagonista, Aldo, è diretta ispirazione di quello dell’orripilante Jason, di cui eredita anche la maschera da hockey. Altro “padre nobile” di Venerdì 12 è sicuramente il Fantasma dell’Opera, da cui Aldo eredita, almeno nelle prime storie, l’abitudine di sfogare il suo tormento alle tastiere di un organo, e l’archetipo ancestrale della creatura mostruosa che nasconde il suo volto dietro una maschera e si strugge per un amore non corrisposto.
Già, questioni di cuore. In passato è stato detto che se Rat-Man parla alla mente e all’intelligenza del lettore, Venerdì 12 parla al cuore. Forse è più vero di quanto si pensi. È indubbiamente vero che la serie di Aldo e Giuda nasce dal cuore, prendendo vita, come raccontato dallo stesso Leo Ortolani, da una vicenda sentimentale senza lieto fine vissuta dallo stesso Leo in gioventù.
Ma è altrettanto vero - e qui sta la genialità di Ortolani - che attraverso Aldo e Giuda, la vicenda iniziale si trasfigura in una vicenda archetipale, andando a toccare corde che (sfortunatamente!) vibrano praticamente in ogni lettore. Anche più di Rat-Man, quella di Aldo è una maschera, non nel senso accessoriale ma nel senso teatrale del termine: alla pari delle grandi maschere della commedia italiana dei secoli scorsi, diventa l’incarnazione e il simbolo di un sentimento e di una virtù (o di un difetto) umano con cui ognuno di noi è costretto a fare i conti. Perché Venerdì 12 nasce dal cuore, ma arriva anche al cuore di ogni lettore. È prima di ogni altra cosa sicuramente la donna che avremmo venerato come una dea e che invece ci ha scaricati senza pietà, ma è anche l’amico per il quale ti saresti tagliato un braccio e che oggi nemmeno ti saluta quando lo incontri per strada, o il lavoro per il quale avresti dato l’anima e che hanno assegnato all’immancabile incapace raccomandato di turno. È quel terribile limbo fin troppo familiare in cui ti precipita un’ingiustizia immeritata, che ti lascia sospeso a metà tra il bisogno impellente di lamentarti per il torto subito (Aldo) e la velleità di smetterla di piangerti addosso e di restituire al mondo la cattiveria subita con gli interessi (Giuda).
Con Rat-Man si ride e si ride di gusto, ma è un personaggio che il più delle volte osservi dall’esterno: ridi di lui, ma non con lui. Un po’ come accadeva con un’altra maschera universale della cinematografia italiana, il Fantozzi di Paolo Villaggio, ti compiaci segretamente (ma quanto a ragione?) di non essere stupido come lui. Nemmeno Aldo brilla per intelligenza, in verità, eppure dalla sua viscerale vulnerabilità, dal suo inerme confessare di non sapersi rialzare dalla caduta sentimentale subita, non riusciamo a distaccarci del tutto. Lo capiamo, Aldo. Se fossimo un po’ meno orgogliosi e un po’ più onesti, di tanto in tanto vorremmo concedercelo anche noi, un pianto liberatorio davanti al nostro quadro di Bedelia personale. O quanto meno vorremmo poterci sfogare fisicamente su quel piccolo e malefico servitore giallastro i cui consigli non ci sono di aiuto nel riprenderci.
Insomma, Venerdì 12, vuoi per volontà consapevole dell’autore, vuoi per quella maledizione iniziale di cui si parlava, si è conquistato una sua universalità e una sua vita propria. Si era già “allargato” nel corso della sua vita editoriale “regolare”, concedendosi un crossover con Rat-Man in occasione della parodia de La Mummia. Avrebbe bissato l’impresa di lì a poco, reclamando - caso unico in tutta la storia delle pubblicazioni di Rat-Man - i riflettori e conquistando lo spazio della storia principale su Rat-Man Collection nei tre albi che avrebbero segnato la fine della saga, Il Varco, Il Ritorno di Bedelia e Venerdì 12, storie che tra l’altro, ci avrebbero mostrato in puro stile Ortolaniano (in questo le due creazioni per eccellenza di Leo, Rat-Man e Aldo, trovano un punto di contatto) la forza di rialzarsi dopo avere toccato il fondo, in un Aldo che finalmente si riscuote, si riscatta e torna a vivere e pone fine alla maledizione con un puro atto di scelta e di volontà. Un finale riuscito e toccante, dove come nelle migliori storie di Ortolani, umorismo dissacrante e scene di puro magone si fondono perfettamente senza che il miscuglio risulti innaturale o forzato, ma anzi addirittura più coinvolgente, trascinando il lettore su un giro di montagne russe tra risate a crepapelle, nodi alla gola e qualche lacrimuccia.
Un finale che non lascia il lettore insoddisfatto... se non per il fatto che è appunto un finale, e qui è difficile formulare un giudizio definitivo. Da un lato è convincente e avvincente la formula che Ortolani crea per tirare le somme dell’odissea sentimentale di Aldo e Giuda: a differenza di molte altre chiusure di serie, la loro uscita di scena è una splendida uscita di scena. Dall’altro, i due avevano trovato ritmi, formule e atemporalità quasi perfette nelle storie brevi che li vedevano protagonisti, e ci eravamo quasi abituati a considerarli eterni e immutabili nei loro momenti più iconici, alla pari di Zio Paperone che fa il bagno nelle monete, di Snoopy che dorme sul tetto della cuccia e di Asterix e Obelix che prendono a sberle i legionari romani.
Forse sotto sotto la pensava così anche Leo, o forse sono stati i due personaggi che proprio non ne hanno voluto sapere di essere consegnati all’oblio e che tornano a fare capolino dove non dovrebbero, come per esempio nelle parodie de Il Signore dei Ratti o nella trilogia “potteriana” del Grande Magazzi, dove il duo di Aldo e Giuda trova una dimensione comica forse perfino superiore, dato che al povero Aldo tocca in genere l’ingrato ruolo del “villain” principale della storia, con esiti tragicomici.
Non stupisce allora che sia proprio di queste settimane l’annuncio dato da Leo del ritorno di Venerdì 12: in una veste inaspettata e inedita, premette l’autore. Ed è giusto che un nuovo capitolo delle loro avventure conosca un rinnovamento almeno parziale dei contesti, ma siamo certi che nella sua essenza, Venerdì 12 continuerà a essere Venerdì 12: si riderà a crepapelle delle sofferenze del protagonista. Si soffrirà un po’ per le risate che provoca. E Giuda sarà sempre un bastardo da Oscar.
Appuntamento all’anno prossimo, tutti sotto il quadro di Bedelia!