Ve ne siete accorti? In pochi anni il consenso intorno a Fast & Furious è molto cambiato. E non è il solo

Un consenso di critico intorno a Fast & Furious 8 che accompagna uno sempre alto di pubblico sta contribuendo a cambiare quel che ci aspettiamo dal cinema

Critico e giornalista cinematografico


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Non è una questione di moda, né di successo di pubblico, né ancora di lobby delle marmitte cromate, Fast & Furious, all’ottavo film, invece che essere considerato un simbolo della stanchezza, della ripetitività, della noia e del cinema senza idee riempito di botti è diventato un beniamino da coccolare. Certo non da tutti. Grazie al cielo esiste ancora la diversità di pensiero e non siamo arrivati al plebiscito o al pensiero unico (la morte di ogni riflessione). Eppure questa volta molti critici (gli spettatori devono ancora vederlo ma il buzz sembra migliore del solito) hanno promosso il film con termini, parole e locuzioni più assolute e universali del solito.

A BadTaste lo abbiamo amato, sia il sottoscritto che Francesco Alò (il quale ha pure confessato di essersi commosso all’addio a Paul Walker dell’episodio precedente), ma anche tutto intorno a noi abbiamo visto le cose cambiare. Almeno un po’. Testate italiane come Best MovieComing Soon o Movieplayer l’hanno promosso con decisione, ma anche Owen Gleiberman di Variety ne è rimasto entusiasta. Complice il fatto che F. Gary Gray ha creato un film molto più compatto dei precedenti, segnando un’inaspettata svolta concreta, secca e ritmata, Fast & Furious 8 si è in fretta affrancato dal triste destino che spesso tocca al cinema scritto con così poche ambizioni e dal tale successo commerciale.

Il punto è che il cinema è cambiato molto e molto sta cambiando il suo ruolo nella società. Questo fa si che cambi anche molto la maniera in cui percepiamo cosa dovrebbe essere, quale sia il lavoro del cinema e cosa apprezzarne.
Non è un caso che un altro gigante del cinema di straordinario incasso, spettacolo oltre il credibile e scrittura molto marginale come Michael Bay da 4-5 anni stia vivendo una fortissima rivalutazione che culmina in questi giorni con le parole di stima di Anthony Hopkins ma nasce tempo fa (addirittura Variety 6 anni fa sentiva l’esigenza di fare un pezzo sulla questione).

Quello che è accaduto con la serialità televisiva sta cambiando il business, il cinema sta diventando sempre di più il luogo delle produzioni evento, dei film attesi per un anno, dello spettacolo che deve valere l’uscita di casa e il prezzo di un biglietto, quindi il posto del cinema che mette in primo piano un coinvolgimento di pancia e meno di testa. Quantomeno se parliamo dei film che ambiscono ad un buon incasso (quello piccolo, indie e d’autore è un’altra questione).
Lasciando alla televisione sempre di più il compito di fare prodotti commerciali scritti per stimolare, mettere alla prova e sfidare il pubblico a mettere in questione le sue idee, il cinema è diventato il luogo della sorpresa, delle emozioni primordiali, dell’eccitazione e dello stupore, nobilitando questa missione. Chi vuole fare un certo tipo di racconto, anche se prima lavorava nel cinema ora si sposta in tv o si fa produrre dalle piattaforme online. Sul grande schermo rimangono gli artisti del cinema pop.

Era questo un ambito che in precedenza veniva schifato, che veniva considerato molto basso, indegno dell’allure intellettuale del cinema e che invece oggi, per il mutato scenario, tendiamo ad aspettarci e anzi a premiare quando è fatto bene. Un mago dello spettacolo come Michael Bay ma anche una saga di invidiabile coerenza arrivata ad un film così secco e preciso nel trascurare i dialoghi ma esaltare le immagini (Fast & Furious), ci appaiono quindi degni di stima perché esempi più fulgidi della missione odierna del cinema d’incasso.
Siamo per la prima volta (e finalmente!) portati a comprendere come simili macchine di cinema, così grandi, complesse, articolate e tecniche, siano sforzi e produzioni di sublime capacità. Siamo finalmente portati per mano a notare che anche al netto di una scrittura risibile e una recitazione ancora più basilare, esistono tante altre componenti che fanno un film e possono uscirne esaltate.

Un attore non è solo le espressioni che fa ma anche il modo in cui abita una scena, si muove, sa dare personalità ad un personaggio tramite il dinamismo. Un intreccio non è solo i dialoghi che scatena ma anche le situazioni che concepisce, una messa in scena non è solo la raffinatezza di un montaggio sorprendente ma anche il virtuosismo di una scena come quella che chiude Fast & Furious, un fiume d’azione pieno di affluenti, in cui tante situazioni sono unite con un’armonia e un piacere rari.

Il buon cinema insomma è un concetto più ampio di quello che credevamo anni fa, sempre di più siamo portati a pensarlo dallo sforzo che il cinema stesso fa di creare un intrattenimento sempre più grande e spettacolare.
Sempre di più la maniera in cui la tv acquista personalità fa sì che iniziamo ad aspettarci e amare anche altro dal cinema, quell’altro che è sempre stato una parte del piacere filmico ma che ora raggiunge vette altissime di perfezione.

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