VannoTuttiTroppoPiano: intervista a Lucy Knisley
VannoTuttiTroppoPiano: intervista a Lucy Knisley, diari di viaggio con ricette
Lucy Knisley è un'artista americana (anche musicista) specializzata in travelogue, diari di viaggio e di vita a fumetti. Ha all'attivo cinque libri, con cui ha vinto numerosi premi, e innumerevoli mini-comic pubblicati su web.
Ciao Lucy, benvenuta su BadComics.it.
In Relish, nonostante sia un racconto molto solare, arriva abbastanza presto la parte in cui ti confronti con la morte. Dici di aver sviluppato un compromesso nel dover vivere con la morte degli animali. Da onnivoro e grande amante degli animali devo ammettere di provare un grande senso di colpa nel manipolare e mangiare esseri viventi. Ci puoi parlare meglio di quest'aspetto?Sono un po' una carnivora tormentata. Amo gli animali e odio la crudeltà su di loro, ma credo che ognuno debba sviluppare il proprio processo decisionale per un'etica dell'alimentazione. Cerco di supportare dei buoni allevatori, carne che viene da posti in cui gli animali abbiano vissuto una buona vita e provo a non dare denaro alle catene di fast food (non più) che non supportano un allevamento etico. Ho passato molti anni come vegetariana ma non mi sono mai sentita perfettamente in salute o "piena". A prescindere da quello che mangiamo, credo sia sempre importante pensare alla nostra alimentazione: cosa mangi, perché lo mangi e come influisce su larga scala (allevamento, salute, ecologia, economia).
Nel capitolo sui croissaint hai citato quelli realizzati a Venezia, sono veramente migliori di quelli francesi? In Italia si tende a fare una pasta sfoglia più simile ad una brioches o una frolla, io non sono ancora riuscito a trovare dei croissant o pain au chocolat buoni e fragranti come quelli francesi. Devo andare a Venezia?
Non ho assolutamente idea del perché!! Sono quasi finita nei guai con il mio editore francese per quel capitolo. Non potevano credere che un forno a Venezia potesse fare meglio di loro. Ma confermo: erano dei croissant incredibili. Non ricordo dove fosse di preciso (è stato più di dieci anni fa!). Chissà se mai dovessi ritrovarmi a tornare a Venezia, se riuscirei a ritrovare quel forno. Non potrò provare questa storia fin quando non lo ritroverò!
Nel libro sei attratta dal junk food come forma di ribellione al regime alimentare rigoroso imposto dai tuoi genitori. Hai comunque la consapevolezza di quello che stai mangiando e non lo fai spesso. Come si può fare per instillare responsabilità nelle persone che si nutrono giornalmente in questo modo e fargli capire che una produzione così enorme, veloce, ed elaborata del cibo porta a conseguenze disastrose per la salute e per il mondo?
Spero che il racconto delle esperienze familiari nel libro, sia sembrato più premuroso che rigoroso.
Ho l'impressione che la gente apprezzi sempre di più il cibo, ed incoraggi i propri figli a mangiare quello che mangiano gli adulti anziché porcherie da ragazzini. Questo li incoraggerà a fare le scelte giuste da grandi. Personalmente, ho speso la mia adolescenza attaccata ai cibi spazzatura come forma di ribellione e perché erano facili da consumare, ma dopo il college ho smesso, comprendendo quanto mi facessero stare male. Sono ancora una fan delle patatine fritte ma preferisco quelle di un buon ristorante anziché sostenere realtà che hanno una terribile storia di pratiche non etiche, non ecologiche e non sane.
Cosa pensi dell'esplosione degli integralismi sui social? Parlo dei nazi-vegan, nazi-animalisti etc... É come se la modernità avesse portato più scompiglio anziché istruzione e coscienza.
Non passo molto tempo nel regno del cibo online. Sono cresciuta sperimentando il cibo come una pratica immersiva, quasi religiosa: preparare, cucinare, mangiare, nutrirsi. Non seguo gli chef star della tv o le diete come moda passeggera. Ho certamente incontrato la mia quota di vegan evangelici e quelli dediti alle pratiche gluten free ma sono fortunata abbastanza da poter ogni volta annuire mentre mi verso un altro drink.
"Siamo quello che mangiamo". Come faresti per spiegare la magia della cucina ad una persona che non è minimamente interessata a mettere piede in cucina?
É strano, è come se ci fosse questa barriera per tante persone! Sono pessima in un sacco di cose, ma la voglia di mangiare un biscotto è abbastanza da indurmi ad imparare a fari. Quale migliore ricompensa, di un vero biscotto?! Mio marito è un po' "uno di quelli." Preferisce prendere scorciatoie, e sebbene di solito sia disposto a provare a cucinare qualcosa, vuole che qualcun altro decida "cosa fare" e gli dica esattamente come farlo, piuttosto che sperimentare o inseguire una voglia.
C'è una barriera linguistica, proprio come tra l'italiano e l'inglese, quando si parla con qualcuno a cui non importa del cibo. Non capisco, il cibo per me è qualcosa che accomuna tutti gli esseri umani (e gli animali!). É la pietra angolare della vita familiare, delle interazioni sociali e ci collega con la storia e la cultura in un modo in cui null'altro può. Ma devi essere "affamato" per avere voglia di cucinare, è l'unico requisito. Devi voler fare qualcosa per te stesso o per qualcun altro, e se lo vuoi abbastanza, la cucina può sembrare meno spaventosa!
E non guardare le ricette in tv, possono terrorizzare un cuoco alle prime armi!
Ho come la percezione (probabilmente dovuta ad una visione troppo lontana) che negli Stati Uniti sia più difficile mantenere un'alimentazione corretta e naturale, trovare materie prime a basso costo o essere sicuri della tracciabilità di alimenti come la carne. In Europa, salvo forse nelle metropoli, é invece abbastanza semplice. C'è qualcosa di vero in questa mia impressione?
Certamente. Abbiamo un bel po' di quello che è conosciuto come "deserto alimentare urbano", che significa che non vi è alcun modo per ottenere cibi freschi e sani in alcune zone della città (spesso in quelle più disagiate). E 'un fattore terribile nell'epidemia di attacchi di cuore ed obesità degli Stati Uniti, e ha molto a che fare con il divario razziale ed economico, purtroppo.
Le città europee sono più piccole ed economicamente meno diversificate di una metropoli americana. Reperire un buon mercato ed arrivarci agevolmente con dei mezzi pubblici non costosi, è più facile in una città europea. Credo che le cose stiano cambiando in America, e che le persone stiano lavorando per far si che il mercato del cibo raggiunga tutte le fasce economiche, ma le nostre infrastrutture sono state costruite sul modello dei fast-food e dei cibi pronti, quindi è una strada in salita. Ma l'America è anche coltivazioni rigogliose, con cibi meravigliosi da cogliere, è solo una questione di distribuzione e di rendere il cibo disponibile ad un prezzo abbordabile, che è un problema su cui stiamo lavorando al momento.
Hai avuto modo di viaggiare in tutta l'Italia, ci sono delle regioni che ti hanno colpito più di altre per i loro cibi tipici?Potrei mangiare pasta italiana fino ad esserne ripiena come dei cannelloni!!
Hai mai avuto l'occasione di mangiare in un ristorante di una star come Gordon Ramsey, Jamie Oliver o gli Italiani Carlo Cracco e Massimo Bottura? Se si come è stato?
Certo! Ho mangiato in un paio di posti molto famosi (credo si riferisca ad Alinea, citato nel libro e Per Se, entrambi ristoranti top della Guida Michelin). Di solito il cibo è abbastanza buono, quegli chef provano le loro ricette meticolosamente prima di metterle in menù, ma sono abbastanza infastidita dalla fanfara che se ne fa. Non mi interessa se i cuochi sono famosi o hanno un loro show, sono più impressionata da un buon libro di cucina, come quelli di Jamie Oliver. Un buon libro è molto più impressionante per me di un sacco di articoli di riviste o uno show televisivo.
In tutti i tuoi lavori, compresi quelli in corso (New Kid e Something New), hai scelto il fumetto come racconto autobiografico. É un modo per fare un'analisi della tua vita, un backup o cos'altro?
Ho iniziato a raccontare storie personali attraverso il fumetto, perché trovavo fosse un buon metodo per comunicare la mia vita interiore a quelli intorno me. Amo i molteplici livelli di narrazione che si combinano tra il testo e immagine, che credo sia come la maggior parte di noi pensa. Una cosa è raccontare a qualcuno una storia accaduta, un'altra è essere in grado di raccontare e mostrare a qualcuno le proprie impressioni di un'esperienza. Fare questo con il cibo, aggiunge un ulteriore livello di questo processo di condivisione, e permette al lettore di immaginare che sapore abbia qualcosa, coinvolgendo la sua immaginazione tramite lettura, visione e gusto. È la migliore connessione che ho trovato tra me e i lettori.
Discuti i tuoi libri con gli editor di solito?
Ho una editor meravigliosa, è delizioso lavorare con lei. Mi aiuta per lo più rassicurandomi, e riesce a trovare il tempo per correggere la mia (pessima) ortografia, nel bel mezzo della conversazione sui nostri gatti.
Dopo avere letto una tua intervista ho recuperato In Real Life (ne parlerò prossimamente), un bellissimo fumetto, volevo ringraziarti per il consiglio.
Ho amato molto "In Real Life". Mi è piaciuto come la storia sembri così vera e così personale, pur rimanendo di fantasia. Si può davvero sentire la risonanza tra la "vita digitale" e la vita reale, e le lotte intestine che molti di noi hanno la fortuna di non comprendere appieno. Sono così fortunata a lavorare in questo campo, in cui tanti artisti e scrittori incredibilmente talentuosi realizzano libri come questo, che mi capita di leggere e adorare.
(Lucy vista da me)
Per seguire Lucy:
http://www.lucyknisley.com
http://lucylou.livejournal.com (non aggiornato)
https://twitter.com/LucyKnisley