Upload: un altro Black Mirror è possibile

Upload è la dimostrazione che non c’è bisogno di girare a mille la manovella del disagio per creare una distopia efficace

Condividi
Upload è la dimostrazione che non c’è bisogno di girare a mille la manovella del disagio per creare una distopia efficace – che un altro Black Mirror è possibile, insomma, e può anche far ridere e scaldare il cuore mentre mette in guardia contro le conseguenze estreme di certe derive ultratecnologiche.

Creata per Amazon da Greg Daniels, attivissimo in questo periodo visto che è appena sbarcato anche su Netflix con Space Force, Upload racconta un futuro non troppo lontano (il 2033) nel quale molte delle promesse che stiamo sentendo in questi anni sono diventate realtà, con tutte le conseguenze del caso. Macchine che si guidano da sole, realtà aumentata e realtà virtuale come lenti attraverso le quali guardare la realtà reale, l’esistenza di immensi spazi online indistinguibili da quelli offline e nei quali si consumano parecchi dei riti che siamo abituati ad associare al vis-à-vis, sesso compreso; ma anche pubblicità ovunque, monetizzazione di ogni aspetto della nostra esistenza, il consumismo come unica religione.

E soprattutto, ed è poi questo il vero cuore di Upload, nel mondo del 2033 l’umanità ha imparato a separare corpo e mente, a decifrare i network cerebrali di un essere umano e trasformarli in pacchetti di dati da uploadare, appunto, su una piattaforma di realtà virtuale nella quale il soggetto possa continuare la sua vita anche dopo la morte biologica del suo corpo. È quello che succede a Nathan Brown, ingegnere informatico a capo di una non meglio specificata startup che si ritrova, per una serie di sfortunate circostanze che è bene scoprire guardando la serie, oltre la grande cortina di pioggia di questo mondo. In altre parole muore, e anche grazie ai soldi della sua amata (?) Ingrid viene caricato sulla piattaforma Lakeview, uno dei tanti paradisi virtuali dove le coscienze digitali trascorrono l’eternità in attesa che i loro cari le raggiungano, uno per uno.

upload

UN ALDILÀ HI-TECH

A prima vista sembra di avere a che fare con lo stesso spunto di The Good Place, virato però all’hi-tech invece che all’esistenzialismo; e all’inizio è lo stesso Daniels che gioca con questa confusione, divertendosi a immaginare esagerazioni ed eccessi di quello che viene presentato come un Paradiso ma di fatto è poco più che un MMORPG popolato solo da gente morta e dalle occasionali visite dei parenti ancora vivi – la versione interattiva di un cimitero nella quale le immaginette dei cari estinti rispondono.

C’è il ragazzino morto a 12 anni e che sei anni dopo ha ancora lo stesso aspetto che aveva al momento della dipartita, perché aggiornare l’avatar è costoso; c’è la vecchia signora ricchissima della quale però era disponibile solo una foto in bianco e nero, e il cui avatar è quindi altrettanto bicromatico. C’è il dark web post-morte, ci sono le web company che flirtano con le truffe promettendo paradisi che non sono tali, c’è, in altre parole, un intero universo costruito intorno all’idea del prolungamento artificiale della vita dopo la morte, un ritratto esasperato ma tutto sommato credibile della logica conclusione di certe traiettorie di innovazione.

C’è anche, in Upload, un bait and switch grosso così, e quella che poteva rivelarsi una serie tra il comico e il luddista diventa quasi subito una storia che parla di lotta di classe e di redistribuzione della ricchezza intesa non solo come “grandi quantità di denaro” ma soprattutto come accesso privilegiato alla tecnologia. Come nella migliore fantascienza sociologica il problema in Upload non è il progresso ma la gente che lo gestisce, non sono i mezzi (che di per loro sono neutri) ma l’uso che se ne fa, e le distorsioni dettate da disuguaglianze che hanno radici profonde e che pre-datano tutte le invenzioni geniali e/o spaventose che vengono presentate.

upload

UPLOAD NON È "SOLO" UNA COMEDY

Tutto questo, come dicevamo all’inizio, è presentato in un pacchetto che con il techno thriller ha all’apparenza ben poco a che fare: Upload è, in mancanza di un termine migliore, supercarina, patinata all’inverosimile, popolata da un branco di bonazzi e bonazze con denti perfetti e corpi statuari; è una storia d’amore (anche filiale) che urla “prepara i fazzoletti!” a ogni svolta, ed è pure una commedia sottile sì ma che non rinuncia allo slapstick e alle esagerazioni a uso ridere, che frastorna a botte di colori e di sguardi languidi e che riesce a fare battute sulla morte e sull’aldilà senza mai perdere un’oncia di eleganza e tatto.

È talmente allegra e spensierata nell’approcciarsi a temi come “che cosa ci rende davvero umani?” che per trovare il disagio bisogna strizzare gli occhi e non farsi ingannare dal suo sorriso a trentadue denti. Né c’è nulla di male a guardarla come se fosse una romantica commediola sci-fi con vaghe tinte thriller che si fanno più evidenti solo con il passare delle puntate. Upload è però prima di tutto una bella riflessione non tanto su certe frontiere che come umanità stiamo tentando in tutti i modi di superare, quanto sulla necessità di ripensare il modo di gestire queste frontiere e tutto quello che succederà se (o una volta che) le supereremo.

Continua a leggere su BadTaste