Unstoppable – Fuori controllo, l’ultimo assolo di Tony Scott

Unstoppable – Fuori controllo è l’ultimo film diretto da Tony Scott, ed è anche uno dei suoi migliori, soprattutto per merito dei treni

Condividi
Unstoppable – Fuori controllo va in onda su 20 Mediaset questa sera alle 21:04 e in replica martedì alle 00:01

Quando si pensa all’espressione “film su un treno” si rende a interpretarla in un modo molto preciso: film, cioè, ambientato dentro, e occasionalmente sopra, sotto o di fianco, a un convoglio trainato da una locomotiva. Assassinio sull’Orient Express si svolge sull’omonimo treno, ma parla principalmente dei suoi passeggeri. Unstoppable, invece, l’ultimo film di Tony Scott prima del suicidio, è un “film su un treno” nel senso che si concentra soprattutto sul treno 777, partito senza conducente dalla stazione di Dewey, in Pennsylvania, carico di benzina e sostanze chimiche altamente tossiche e lanciato a velocità smodata verso la popolosa cittadina di Stanton, dove rischia di deragliare in una curva particolarmente pericolosa e provocare il peggior disastro ferroviario della storia degli Stati Uniti. Intorno alle sue vicende ruotano anche alcuni esseri umani, principalmente Denzel Washington, Chris Pine e Rosario Dawson, ma, lo ripetiamo, Unstoppable (guarda il trailer) è prima di tutto un film che parla di un treno, e più in generale del treno inteso come idea, simbolo, concetto. È anche uno dei più bei film di Tony Scott, della cui scomparsa non ci siamo ancora fatti una ragione.

Unstoppable e il treno 8888

C’è una scritta che compare entro i primi dieci secondi di Unstoppable, rimane a schermo un paio di secondi e poi viene travolta da tutto quello che succede, e continua a succedere senza un attimo di tregua, nel resto del film. Dice “inspired by true events”, ispirato a eventi realmente accaduti. Il riferimento è all’incredibilmente coreografico incidente di CSX 8888, un treno che nel 2001 in Ohio partì dalla stazione di Walbridge senza conducente ma carico di carburante... la storia è sostanzialmente la stessa che riassumevamo sopra, con qualche differenza geografica, un paio di libertà prese per necessità narrative ma la stessa vicenda di fondo: il treno rischia di fare un disastro, e due impiegati della compagnia ferroviaria decidono di tentare l’impresa e rallentare il treno con metodi di fortuna e ovviamente molto rischiosi.

Il compito di adattare la storia vera sotto forma di film venne affidato a Mark Bomback (che aveva appena finito di lavorare a Corsa a Witch Mountain, ed è dunque l’uomo che ha scritto la scena che ci ha regalato questo arcinoto meme), mentre alla regia vennero chiamati nell’ordine Robert Schwentke, Martin Campbell e infine Tony Scott, il cui arrivo trascinò anche Denzel Washington e Chris Pine (la correlazione è solo cronologica, ma ci piace pensare che abbiano accettato nel momento in cui è stato annunciato il regista). E siccome Tony Scott aveva lo stesso approccio a queste cose di uno come George Miller, si fece dare un centinaio di milioni di dollari per noleggiare una decina di locomotive e bloccare interi tratti di ferrovia per giorni e giorni, creando una sorta di Mad Max dei treni e battendo il record di “film più costoso della storia della Pennsylvania occidentale” (compito a casa: scoprire qual è il più costoso della storia della Pennsylvania orientale).

Chris Pine

Unstoppable e la classe operaia

A fronte di uno spunto potente come “c’è un treno che va a 110 all’ora carico di sostanze tossiche e bisogna fermarlo”, Bomback e Scott non sentono il bisogno di dedicare troppa attenzione al contorno umano; eppure quei pochi dettagli che vengono scelti per descrivere i personaggi di Frank Barnes (Washington), Will Colson (Pine) e Connie Hooper (Rosario Dawson) sono sufficienti per raccontare interi mondi. Barnes è un veterano del lavoro ferroviario, con 28 anni di servizio alle salle e un prepensionamento a condizioni molto svantaggiose che pesa sul groppone suo e delle sue figlie (la moglie è morta). Colson è un figlio di papà (di zio, per la precisione) che ha avuto problemi con la legge e vuole cogliere l’occasione per rimettersi in riga e poter tornare a vedere la prole. E Hooper è la capa della divisione locale che si deve scontrare con la miopia e l’avidità della parte corporate dell’azienda, e che alla fine trionferà sul turbocapitalismo con la forza del buonsenso e della fiducia nel prossimo.

È un setup semplicissimo ma ricco di particolari che lo rendono vivo, e nonostante grondi tragedia è affrontato con una certa dose di leggerezza e ironia (ironie, al plurale: c’è il cinismo da vecchio lupo di mare di Washington, il sarcasmo tagliente di una che disprezza i suoi superiori di Dawson, la goffaggine da principiante di Pine), e soprattutto con la consapevolezza costante, da parte dei personaggi ma anche del pubblico, che qualsiasi piccolo o grande dramma personale passa in secondo piano di fronte alla constatazione che c’è una bomba di metallo e fenolo fuso lanciata contro una città di 750.000 abitanti. Il treno 777 è come il mostro in un film di mostri, è Godzilla che arriva su Tokyo, ha persino delle connotazioni kinghiane di “macchina posseduta”:

Unstoppable Rosario Dawson

E sul binario stava la locomotiva

Sarà anche una banalità, ma il treno 777 è il vero protagonista di Unstoppable, o se preferite la cosa che più di tutte interessa a Scott. Che prende il suo stile fatto di montaggi frenetici, moltiplicazione dei punti di vista, colori sparati e contrastatissimi, virtuosismi di composizione dell’immagine, e lo applica alla cronaca circa in tempo reale del possibile incidente. Tutto quello che si vede nel film è in funzione del treno, i posti di blocco lungo la ferrovia, gli elicotteri che lo cercano, lo trovano e non lo mollano più, i dialoghi tra personaggi (a fine film saprete più cose su come si frena un treno che sulla famiglia di Frank Barnes)... per capirci, Unstoppable è un film che ci tiene a spiegarci di quanti vagoni è composto il treno 777, ma non si premura di dirci come si chiama il figlio di Will Colson.

Non è difficile immaginare perché Tony Scott si sia innamorato di questa storia: il treno è, negli Stati Uniti ancora più che da noi, un simbolo del Paese, un’icona che riporta ai gloriosi tempi del pionierismo e della conquista del West; il treno è quella cosa che arriva e trasforma un mucchio di sabbia in mezzo al nulla in una città, che connette pezzi di Paese in un gigantesco mosaico. Ma è anche un mezzo prepotente e fuori controllo (ricordate come la gente reagì nel 1895 di fronte a questo film), che passa ogni giorni a tutta velocità a pochi passi da posti dove la gente fa la propria vita: se vi fermate a pensarci, un treno è pericolosissimo e vivere vicino ai binari è come passare tutti i giorni in mezzo a una sparatoria costante, con proiettili lunghi decine di metri.

Questo, almeno, è come Tony Scott racconta la situazione in Unstoppable, un film dove tra l’altro la moltiplicazione dei punti di vista di cui parlavamo sopra raggiunge livelli sublimi di stratificazione nel momento in cui parte dell’azione è raccontata ma tramite programmi che sfruttano la drammaticità di certe situazioni per incollare l’audience al televisore: la tensione e l’angoscia di certe sequenze (Will Colson che prova ad attaccare la sua locomotiva al 777) funzionano non solo in quanto cinema, ma perché replicano l’esperienza di visione della, chiamiamola così, TV verità. Ci sarebbe poi da aprire una lunga parentesi sull’uso dei colori di Scott, e su come riesca a dare una qualità quasi organica a questi giganteschi mostri di metallo che si inseguono e si scontrano e saltano per aria in un tripudio di lamiere che fa impallidire la saga di Transformers; ma preferiamo lasciarvi con questo:

Continua a leggere su BadTaste