Universal accorcia il passaggio in sala dei suoi film: la grande corsa a rendere il cinema "evento"
La strategia Universal: meno giorni al cinema per aumentare il valore di quel passaggio, più giorni on demand per ottimizzare una sola campagna marketing
L’ago della bilancia sono stati i soldi: AMC avrà una fetta dei proventi di quei noleggi a 20€ per 24h. Dunque la prima notizia è che Universal durante il lockdown ha capito che i film che escono direttamente on demand sono una ricchezza (lo avevano già dichiarato all’epoca del primo litigio con AMC e quest’accordo dimostra che non erano parole ma realtà), una ricchezza tale da poter dividere gli introiti con le sale.
Trolls World Tour, il film della discordia, ha incassato 100 milioni di dollari uscendo online, più di quanto aveva fatto il film originale uscendo in sala per 5 mesi. Nonostante infatti il primo Trolls avesse incassato 150 milioni, la Universal prende il 50% dei biglietti staccati, mentre il resto va alle sale (quindi la sua quota erano 75 milioni), tuttavia la loro fetta dei noleggi è dell’80%, e il resto va alle piattaforme (quindi la sua quota per il sequel era di 80 milioni).
Sembra una vittoria causata dal lockdown e forse in parte lo è ma sarebbe una prospettiva miope.
E più è limitato più è un evento.
Già oggi un film rimane poco in sala, quest’accordo dal punto di vista di AMC mira ad accorciare ancora di più quella permanenza per darle un valore. Il film potrà sempre essere visto in tv senza problemi (e AMC ci guadagnerà) ma chi lo vuole vedere in sala dovrà sbrigarsi. L’idea spinta è che un film vada visto immediatamente, che non si deve aspettare, che il cinema è qualcosa che avviene in poco tempo. Se un concerto avviene in una o due notti, questi film avvengono in 3 settimane.
Certo l’accordo non obbliga Universal a distribuire tutti i propri film così e paradossalmente proprio quelli più “evento” saranno sicuramente distribuiti in modo tradizionale. Fast & Furious 9 (quando uscirà) ha un potenziale ritorno economico dalle sale che non ha paragoni con l’online e quindi farà il percorso canonico. È il resto del catalogo che farà questi passaggi fugaci. In attesa ovviamente che tutto cambi ancora.
L’uscita quindi diventa una sola divisa in due fasi.
Il che significa soprattutto un’unica grande campagna marketing e non una grande per la sala e una minore (ma comunque costosa) da farsi mesi dopo per l’uscita online. Una sola campagna per prendere due pubblici, quello che vuole uscire di casa e quello che invece non ci pensa nemmeno.
L’accordo è talmente forte che Universal dovrà anche discutere con AMC cosa fare all’estero, per la distribuzione negli altri paesi e AMC avrà una fetta dei ricavi del noleggio non solo dalla sua piattaforma AMC Theatres on demand (che sarà quella preferita) ma anche da quelle terze come Amazon o Apple.
È facile vedere in questa decisione che sicuramente influenzerà altre che prenderanno gli altri grandi studios, un ulteriore chiodo nella bara della sala, ma da un altro punto di vista, può essere il contrario. La sala è comunque condannata a cambiare il proprio ruolo e la propria fruizione. Chi pensa che davvero si possa tornare indietro è folle, ma non lo è meno chi ritiene di poter congelare la situazione com’è a lungo. E questo cambiamento del ruolo della sala, va nella direzione di sfruttamenti rapidissimi (di fatto sancendo quello che già accade), grandi avvicendamenti di film e una posizione di prestigio data dalla scarsità.
Un film non sta in sala a lungo, vederlo al cinema è per pochi. Chi lo vuole si deve impegnare.
A chi ha sempre osservato con disincanto le dinamiche della pirateria audiovisiva è sempre sembrato evidente che quel modello di distribuzione (reso legale) sarebbe stato il futuro del cinema. E lentamente ci stiamo avvicinando. La pirateria prende un film che sta al cinema e dopo il primo weekend lo mette online, ora AMC lo fa dopo 17 giorni anche se a pagamento (ma in ottima qualità). Netflix e soci invece prendono le nuove uscite e le mettono sotto un abbonamento che fa sì che la loro fruizione sia percepita come gratuita perché non sì paga ogni volta. Sono modelli destinati probabilmente a confluire.
Di certo rimane sorprendente e destinato ad essere scolpito nella storia il fatto che il presidente di AMC Adam Aron, probabilmente non volendolo, per commentare quest’accordo e argomentarne la bontà si sia fatto portavoce di un vecchio cavallo di battaglia della pirateria, cioè che la fruizione casalinga di un film non inficia quella delle sale, e che l’abbia fatto usando esattamente quello che era uno slogan dei pirati: “Concentrandoci sulla salute a lungo termine della nostra industria, sottolineiamo che proprio come i ristoranti continuano a prosperare nonostante ogni casa disponga di una cucina, siamo sicuri che gli spettatori si recheranno nei nostri cinema”.