Underworld è comunque una storia d’amore migliore di Twilight

Underworld mostra alcuni segni dell’età ma nel complesso rimane la miglior romance con vampiri e licantropi mai uscita

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Underworld è su Netflix

Non ce ne voglia il fandom di Stephenie Meyer: si scherza, è una battuta! Neanche troppo divertente, se considerate che la storia d’amore che sta in teoria al centro di Underworld è nella pratica la parte nettamente peggiore del film, quella che si potrebbe tagliare senza farlo soffrire in alcun modo e quella che la gente con gli anni ha dimenticato. Ci si ricorda altro di Underworld, forse la prima grande saga cinematografica a mettere insieme lupi mannari e vampiri e sicuramente la prima a inquadrare lo scontro in una cornice più ampia, con ambizioni mitologiche se non addirittura mitopoietiche.

Ci si ricorda innanzitutto di Kate Beckinsale, e quindi ci si ricorda di quanto Matrix sia stato decisivo nel definire l’estetica di un’epoca: Selene è un’evoluzione con i denti appuntiti di Trinity, e Len Wiseman, del quale Underworld resta ancora oggi il miglior film, ha visto e rivisto il film delle Wachowski prima di coreografare le scene di combattimento. Per non parlare del fatto che Matrix era un film che procedeva a botte di monocromatismo, e Underworld – come moltissimi altri fantasy-e-dintorni di quegli anni – riprendeva quest’idea portandola alle sue estreme conseguenze: è un film quasi interamente blu, quasi sempre buio, uno di quei film di fine anni Novanta/inizio Duemila nei quali sembra che piova sempre, anche quando dal cielo non scende una goccia.

Ci si ricorda anche di quanto Underworld fosse diverso sia dagli horror dell’epoca, sia dagli action; più urbano, metropolitano, moderno, il genere di ambientazione che negli anni successivi verrà inglobata dagli young adult (pensate a Mortal Instruments) e quindi un po’ smussata e resa più evocativa e meno minacciosa. Il mondo di Underworld, al contrario, è a un passo dall’essere quello di un film di mafia: lupi mannari e vampiri si incontrano di nascosto in auto con i vetri scuri parcheggiate sotto un qualche sottopassaggio, e comunicano a minacce velate e affermazioni allusive.

Tutto l’impianto narrativo di Underworld di fatto ricorda quello di un film di gangster, nel quale le due famiglie rivali hanno una i denti appuntiti e l’altra un problema con la luna piena. Il fatto stesso che la loro faida affondi le sue radici nel passato più remoto, e che la causa scatenante della guerra non sia chiarissima nemmeno a chi la sta combattendo, profuma di film di criminalità organizzata da chilometri di distanza. Ancora oggi Underworld è un film di vampiri nel quale c’è “la scena della metropolitana” invece di “la scena nelle segrete del castello”: a rivederlo oggi è anche fin troppo edgy ai confini dell’autoparodia, ma nel 2003 ebbe un grandissimo impatto (smorzato poi ahinoi dalla spirale negativa nella quale entrarono i sequel).

Ci si ricorda di Underworld anche per il suo cast, al di là di Kate Beckinsale che incarna il film stesso. In particolare di Michael Sheen, che mette tutta la sua formazione teatrale al servizio del personaggio di Lucian e si apre la strada per finire poi in un altro noto film di vampiri nel quale si farà decisamente notare. E di Bill Nighy, che quello stesso anno fece il salto definitivo nella notorietà grazie a Love, Actually. Un po’ meno di Scott Speedman, poverino, appena uscito da Felicity e chiaramente disorientato dai set bluastri e violenti sui quali si era ritrovato. Ma insomma: tra la protagonista, il villain e il grande e saggio vampiro c’è abbastanza personalità e voglia di esagerare da coprire la necessaria quota carisma: e quindi ci si ricorda di Underworld anche per i suoi personaggi, un risultato non da poco soprattutto se pensate a come vanno le cose ultimamente in quel senso.

E la storia d’amore? Se lo chiedete a noi, pochissime persone si ricordano di Underworld per quel motivo, perché Len Wiseman è tante cose ma di sicuro non è un regista con il tocco giusto per raccontare una romance tra la vampira Giulietta e il lupo mannaro Romeo (sì, c’è ovviamente anche molto Shakespeare nella scrittura di Underworld). Per cui il film ogni tanto si interrompe bruscamente per fare spazio a scene che si possono descrivere così, usando le parole di un maestro. Sono scene che non interessano neanche agli attori coinvolti, un ostacolo da superare per arrivare alla successiva sequenza di botte. Per cui no, non è vero che Underworld è una storia d’amore migliore di Twilight. È però un piccolo classico indubbiamente pieno di difetti ma abbastanza curato e originale da essere ancora nei nostri cuori vent’anni dopo? Senza ombra di dubbio.

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