Una vita con PlayStation, poi è arrivata Xbox Series S | Speciale

La storia di una giocatrice che dopo vent'anni di console PlayStation inaugura la next-gen con Xbox Series S di Microsoft

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Xbox Series X e S sono uscite da una settimana. Domani sarà invece la volta di PlayStation 5. In poche parole, la next-gen è finalmente arrivata. Per chi gioca, si tratta di un momento molto importante della propria vita videoludica: il giorno in cui la nuova console varca la porta di casa, c’è quell’emozione magica nel petto, quell’impazienza fanciullesca di tirare fuori dalla scatola la “nuova macchina” e fare un salto nel futuro. Per molti è una sorta di rito generazionale, il più delle volte legato a un brand.

Ecco, io gioco ormai da oltre vent’anni. Ho iniziato su PlayStation, e ho continuato a farlo per ogni generazione, dalla 2 alla 4. Le mie icone sono Crash Bandicoot, Yuna, Nathan Drake e Kratos, per citarne alcune. Tuttavia, questa volta, per inaugurare la nona era videoludica, ho scelto Xbox Series S. Sono sempre stata intrigata dal servizio Game Pass, e all’esordio PlayStation 5, con Demon’s Souls, Marvel’s Spiderman: Miles Morales e Sackboy: A Big Adventure, propone un tipo di esperienza che al momento non accontenta le mie esigenze. Ciò non vuol dire che la nuova console di Sony non raggiungerà prossimamente le sorelle maggiori in casa mia. Mi ha però sorpreso, e in un certo senso stranito, cominciare la nuova generazione con un tipo di console completamente lontana dalla mia forma mentis da giocatrice. Dico stranito perché immaginate l’impatto dal blu al verde; dal DualShock al controller di Xbox.

Al di là di questo, a una settimana dal lancio trovo ancora una lieve difficoltà a giostrarmi con l’interfaccia di Xbox Series S, abituata a quella più intuitiva e lineare di PlayStation 4. Tornando tuttavia alla mattina del 13 novembre scorso (ho ricevuto la console un giorno dopo per un disguido con il corriere), le prime cose che ho fatto sono state installare Assassin’s Creed: Valhalla e abbonarmi al servizio Game Pass.

Solo sfogliando il catalogo sono stata colta da una sorta di sindrome di Stendhal: ho capito di avere a disposizione non sono titoli da recuperare come Celeste o Doom: Eternal, ma anche giochi da scoprire, come Tetris Effect: Connected, o da rigiocare, come la trilogia di Mass Effect o Fallout: New Vegas. Soprattutto, la vera contentezza è arrivata quando ho capito di potere comprendere l’importanza di serie iconiche come Halo, Gears, Fable. Questo per dire che, ancor prima di assaggiare il futuro con un titolo nuovo, ho percepito quel senso di stupore che caratterizza l’approccio di una console next-gen. Un momento che non è più unicamente proiettato verso il progresso tecnologico, ma all’esaltazione stessa dell’esperienza videoludica, che riporta in auge il piacere della (ri)scoperta e annulla l’affanno verso “l’ora o mai più”. Certo, ho già riempito un terzo della memoria interna di Xbox Series S, ma questa è un'altra storia.

Capisco però chi, dopo questo discorso, esprime perplessità su Xbox Series S, dato che avrei potuto usufruire del Game Pass anche su Xbox One. Il fatto è che la piccola di casa Microsoft mi ha comunque fatto sentire i brividi da next-gen. Me ne sono resa conto giocando ad Assassin’s Creed: Valhalla. Uno degli ultimi giochi che ho spolpato su PlayStation 4 PRO è stato Assassin’s Creed: Odyssey. Con il nuovo capitolo ho apprezzato moltissimo i caricamenti dimezzati, la maggiore fluidità visiva e, specialmente, i colori più vividi e il sistema di illuminazione dinamico. Dettagli tecnici che rendono ancora più potente l’immersione nel mondo di gioco.

Insomma, dopo una settimana posso dire che l’inaugurazione della next-gen con Xbox Series S è stata sì diversa dalla mia tradizione ventennale, ma pur sempre potente, in quanto mi ha aperto gli occhi su un altro tipo di esperienza a cui non sono abituata, sia in termini di contenuti (esclusive Xbox), sia in termini di ritmo e fruizione (recuperi e scoperte tramite Game Pass), senza rinunciare al brivido del progresso, che comunque affascina sempre.

Questa storia non vuole certo fomentare quella futile goliardia nota come console war, anzi, si oppone ad essa. È la dimostrazione che il cambio generazionale è un momento meraviglioso per chi ama i videogiochi, e non perché un brand è meglio di un altro, ma perché ha la possibilità di godere della sua passione più grande in forme sempre nuove e diverse, in grado di stupire ogni volta, senza per forza concentrarsi unicamente sul futuro.

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