Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F fa la cosa giusta
Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F approccia la sfida del legacy sequel nel modo migliore: con nostalgia e dignità
Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F è su Netflix
Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F e i legacy sequel
“Legacy sequel” è un’espressione relativamente recente: se ne parla dal punto di vista critico da meno di dieci anni, e anche se esistono degli esempi precedenti è chiaro che si tratta di un modo di fare cinema che è figlio di questi tempi intrisi di nostalgia e poveri di trovate originali. L’idea è molto semplice: recuperare un vecchio franchise e riportarlo in vita, recuperando i personaggi originali e introducendone di nuovi. E lo scopo è altrettanto evidente, e duplice: da un lato, riportare al cinema chi è cresciuto con quei personaggi e quegli universi, dall’altro portare a bordo anche le nuove generazioni.
In altre parole, è un modo per (provare a) far contenti genitori e figli in egual misura. Pensate ai nuovi Ghostbusters, che hanno protagonisti altrettanto nuovi (così i figli sono contenti perché si identificano) ma che recuperano anche quelli vecchi (così i genitori si commuovono). Oppure pensate ai due recenti Bad Boys, o a Star Wars, persino a Top Gun: Maverick. Ecco, Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F è esattamente questo genere di operazione: recupera il passato e gli dà una bella rinfrescata introducendo volti nuovi. Uno in particolare, in realtà: rispetto ad altri legacy sequel, questo quarto capitolo di Beverly Hills Cop è molto più legato alle origini, e all’apparenza poco interessato a tornare a essere un franchise.
Il rispetto del passato
Ed è forse questo dettaglio che più di tutti aiuta Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F a non sembrare solo un’operazione commerciale mascherata dietro una bella passata di nostalgia. Non c’è quasi nulla di nuovo nel film: Axel ritorna a Beverly Hills per la quarta volta ma è come se fosse la prima, i personaggi che ritrova (Rosewood e Taggart in particolare) sono gli stessi che avevamo imparato a conoscere nei tre capitoli precedenti, e Jane, la figlia di Axel nata da non si capisce quale madre, è l’unica vera novità e apertura al presente – tanto che è più probabile che un eventuale Beverly Hills Cop 5 veda lei come protagonista, non il padre.
In altre parole, Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F sembra un film fatto per soddisfare la voglia di Eddie Murphy di tornare a interpretare un’ultima volta uno dei personaggi che gli hanno dato fama e successo. Non c’è mai l’impressione di trovarsi di fronte a un nuovo primo capitolo: se dopo questa nuova avventura Axel Foley andasse in pensione non si stupirebbe nessuno. È prima di tutto un film fatto per chiudere parentesi, per completare un arco di crescita cominciato nel 1984; uno sfizio, un’ultima soddisfazione più che un tentativo di tornare a fare soldi raccontando intricate storie di crimine a Beverly Hills. Il problema di molti legacy sequel è che sembrano non avere alcun rispetto per gli originali: non è il caso del film di Mark Molloy.
Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F e la trappola della nostalgia
Questo non significa che Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F sia un film perfetto, o anche solo un grande film: al contrario, arriva a essere fin troppo rispettoso dei suoi predecessori, al punto da essere concepito e scritto come un film degli anni Ottanta nel quale sono stati infilati a forza un paio di smartphone giusto per ricordarci che siamo nel 2024. Il suo difetto più grande è quindi la prevedibilità: Eddie Murphy fa tutto quello che ci si aspetta da lui, e se è vero che lo fa con grinta e voglia di fare, è anche vero che ormai è difficile rimanere sorpresi dai suoi monologhi o dalle sue follie. L’uso delle musiche, gli inseguimenti con veicoli pazzi, le one liner uguali a quarant’anni fa: a tratti, Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F non sembra un legacy sequel, ma un quarto capitolo perduto e girato con qualche decennio di ritardo.
Al film va però riconosciuto un ultimo grande merito: il fatto di trattare Axel Foley come un personaggio che ormai è invecchiato, e che è quindi macchiato di una certa malinconia e disillusione. Le stesse che trasparivano in qualche modo anche nel terzo capitolo, ma lì erano fuori posto e contribuivano ad affossare il film. Qui invece Murphy interpreta prima di tutto un genitore preoccupato, e solo in second’ordine un poliziotto sui generis: non arriviamo a dire che il suo personaggio sia triste o crepuscolare, ma ha la dignità di non essere lo stesso pazzo scatenato che era ai tempi del primo capitolo. Non è un dettaglio da poco: Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F è una questione personale, per il suo protagonista e per il suo interprete, ed è questo che lo fa funzionare meglio della media di tutti i legacy sequel contemporanei.