Un Oscar per i falliti…
Molti attori ricevono un premio alla carriera, per omaggiare un curriculum fatto di opere importanti. Ma bisognerebbe dare un riconoscimento anche a quegli interpreti che, dopo aver dimostrato il loro valore, hanno dilapidato il loro talento. And the winners are…
Innanzi tutto, mettiamo dei paletti. Per dire che un attore si è rovinato la carriera, bisogna prima che ne abbia avuta una. Per questo non considereremo interpreti che hanno avuto un breve periodo di gloria, in particolare quando erano molto giovani. Inoltre, è necessario che il crollo artistico sia dovuto a scelte cinematografiche e non a fattori esterni, come problemi di salute, droga e alcool (quindi niente Robert Downey jr. o James Caan, tanto per fare due nomi).
Ovviamente, non inseriremo nell’elenco attori che hanno avuto lunghi periodi di crisi, ma che ne sono usciti. Penso a Harvey Keitel (che alla fine degli anni ottanta sembrava finito, per poi infilare una serie di film incredibili e successivamente tornare a fare pellicole non eccezionali, ma non così disastrose) o a Cate Blanchett (che dopo un periodo di appannamento, è tornata ai livelli che le competono grazie a titoli come Il Signore degli Anelli, Babel e ovviamente all’Oscar per Aviator).
Ecco quindi la top five, in rigoroso ordine decrescente per aumentare la suspense:
Brivido Caldo, Il grande freddo, Il bacio della donna ragno, Figli di un dio minore, Dentro la notizia, Turista per caso. Negli anni ottanta, William Hurt è stato forse l’attore più acclamato di Hollywood, vincendo anche un Oscar. Ma poi una serie di progetti sbagliati (Fino alla fine del mondo, Smoke, Jane Eyre, Un divano a New York) l’hanno fatto crollare. Recentemente, ha dato segnali di ripresa in The Village e Syriana, mentre la nomination come miglior non protagonista per A History of Violence mi sembra assolutamente immeritata, considerando che il suo ruolo affossa il film. Comunque, di questa cinquina sembra quello che ha più possibilità di risorgere.
4 - Giancarlo Giannini
I film di Lina Wertmuller (tra cui Pasqualino settebellezze, che nel 1976 rappresentò il primo caso di nomination all’Oscar per una regista) lo hanno fatto conoscere in tutto il mondo. Ma poi? Una marea di film italiani di poco conto. E qualche pellicola americana, quasi sempre poco convincente (come l’episodio di Coppola di New York Stories o Hannibal). Dino De Laurentiis, che evidentemente non aveva gradito la sua mancanza di coraggio nel non lavorare di più oltreoceano quando ne ha avuto la possibilità, lo apostrofò con un sonoro “è nu’ magnaspaghetti”. Decisamente, dovrebbe scegliere meglio i suoi progetti e magari dire anche qualche no…
3 – Kevin Spacey
Forse è un po’ eccessivo metterlo già in questa lista, ma il suo crollo ha dell’incredibile. Dopo il secondo Oscar per American Beauty, sembrava dovesse dominare il mondo, mentre fioccavano paragoni con i più grandi attori del mondo. Ma poi, non ha azzeccato neanche un film, con la parziale eccezione di K-Pax (interessante, ma non certo un capolavoro). E se Un sogno per domani e The Shipping News sono semplicemente delle scelte sbagliate, molto più gravi gli impegni in Beyond the Sea (da lui anche diretto e massacrato dalla critica) e Superman Returns (in cui è un Lex Luthor macchiettistico). Può tornare in forma in qualsiasi momento, ma si ha l’impressione che ormai preferisca il teatro al cinema.
2 – Uma Thurman
L’unica donna inserita nella lista (forse perché gli attori lavorano comunque, mentre le interpreti in crisi non trovano proprio nessun ingaggio?) era anche l’attrice preferita di chi scrive 15 anni fa. D’altronde, non c’era solo la partecipazione a Pulp Fiction, ma anche importanti ruoli in pellicole come Le avventure del Barone di Munchausen, Le relazioni pericolose, Gli occhi del delitto, Lo sbirro, il boss e la bionda e soprattutto il delizioso Cowgirls – il nuovo sesso, in cui regge da sola un film traballante. Ma i successivi quindici anni sono stati una serie infinità di flop e/o film orrendi (di solito, con lei le cose vanno a braccetto), con l’eccezione soprattutto di Gattaca e (in parte) del primo Kill Bill. E’ inutili ricordare pellicole semplicemente imbarazzanti come Un mese al lago, Vatel o Paycheck, perché di fallimenti storici ce ne sono a iosa. Nel 1997, partecipa a Batman & Robin, che per quasi dieci anni sarà l’ultimo capitolo del cavaliere oscuro a causa del massacro che subisce la pellicola (anche se lei, a dire il vero, non era la cosa peggiore). L’anno successivo, fa doppietta, perché è protagonista de I miserabili (probabilmente la versione cinematografica del romanzo di Hugo più stroncata dalla critica) e di The Avengers - Agenti speciali (l’adattamento di una popolare serie televisiva che sembrava perfetta per il cinema, se il risultato finale non fosse stato un pasticcio incredibile). E che dire di The Producers, che riprende un popolarissimo musical di Broadway (già commedia cinematografica più di trent’anni prima) e riesce ad annoiare per più di due ore? O di La mia super ex ragazza, flop che potrebbe risultare letale per il regista Ivan Reitman? Forse è il caso di cambiare agente…
E arriviamo così al nostro vincitore assoluto, che altri non è che…
1 – Jeremy Irons
E’ difficile dire esattamente quando abbia avuto inizio la crisi di Jeremy Irons. Di sicuro, il suo apogeo arriva nel 1991, grazie all’Oscar per il Mistero Von Bulow (ma che, come sostengono molti, premiava soprattutto la duplice performance dell’anno prima in Inseparabili, passata incredibilmente inosservata dall’Academy). D’altronde, Irons non era un novellino, avendo partecipato a importanti film come La donna del tenente francese, Moonlighting e Mission. I primi segni di crisi si vedono all’inizio degli anni novanta (Delitti e segreti, Il danno, La casa degli spiriti), ma si risolleva grazie a pellicole (non eccezionali, ma interessanti) come M. Butterfly, Die Hard – duri a morire e Io ballo da sola. Poi, succede qualcosa, perché da lì in poi qualsiasi film faccia (Chinese Box, La maschera di ferro, Casanova) può essere interpretato come segnale di crisi. Vediamo i più gravi. L’idea di rifare Lolita (forse il film più solido di Stanley Kubrick e sicuramente quello più sottovalutato del regista americano) e affidare la regia ad Adrian Lyne, è da denuncia penale. Ma anche partecipare a Dungeons and Dragons è inspiegabile, a meno di pensare che l’agente gli abbia mentito, dicendogli che si trattava di un prequel de Il Signore degli Anelli e che poi così avrebbe potuto lavorare con Peter Jackson. Nel 2002 arriva forse il suo capolavoro, Callas Forever, perfetta commedia involontaria, girata da un Zeffirelli (in questo senso) in stato di grazia. Quello che sorprende, è che le sue scelte sembrano quelle di un attore disperato, magari con grossi problemi di dipendenza da droga e alcool (un Klaus Kinski, insomma), cosa che invece (per quanto se ne sa) non è il suo caso. Mistero…