Un lupo mannaro americano a Londra è un manuale di cinema
Un lupo mannaro americano a Londra compie quarant’anni, durante i quali è diventato un manuale su come si fa certo cinema
Decise quindi di scrivere un film a partire da questa idea.
La verità è che ci importa poco di come Landis sia passato dal suo spunto jugoslavo al film di cui oggi celebriamo il quarantesimo compleanno. Un lupo mannaro americano a Londra è uno dei casi più classici di film troppo strano per essere immediatamente capito. Landis andò incontro ai soliti, prevedibili problemi che perseguitarono molti film “ibridi” di quegli anni: gli dissero che la sceneggiatura era troppo divertente per essere un horror, e troppo spaventosa per essere una commedia. E il punto è che è tutto vero.
E sì, certo che questa scena è storica, iconica, inimitabile. Guardatela e continuate a ripetervi “non c’è nessun effetto digitale”: vi sfidiamo a credere ai vostri occhi, a quarant’anni (40!) di distanza (se volete saperne qualcosa di più provate a guardare qui). Ammiratela come un’opera d’arte, ma non limitatevi a identificare Un lupo mannaro americano a Londra con questi tre minuti, perché gli altri 94 valgono altrettanto, a tratti di più. Lo dimostra il fatto che ha avuto un’influenza enorme su intere generazioni di filmmaker, che hanno trattato l’opera di Landis come un manuale di istruzioni che spiega nel dettaglio come maneggiare materie apparentemente distanti come l’horror e la commedia.
Pensate alla trilogia di La casa di Sam Raimi, e a L’armata delle tenebre in particolare, al modo in cui è capace di passare dalle one liner e dalla comicità slapstick all’ultraviolenza nel giro di pochi secondi. Pensate a L’alba dei morti dementi di Edgar Wright, che usa il gore come veicolo di comicità e che innesta una storia d’amore su un’apocalisse zombi. Pensate al video di Thriller, che esiste perché Michael Jackson era un fan di Un lupo mannaro americano a Londra. Il film è il perfetto esempio di come scrivere una storia e mettere i generi al suo servizio. Quando serve raccontare qualcosa di spaventoso, Landis sfodera tutta la sua conoscenza della grammatica dell’horror, in particolare di quell’horror che fa paura perché non mostra, nasconde, oscura e colpisce dall’ombra. Quando il pericolo non è imminente e la storia può respirare e concentrarsi sui personaggi, Landis fa la bro comedy, poi la commedia romantica, e continua a cambiare linguaggio, ad adattare il film alle esigenze narrative e non a piegarlo a uno stile prefissato.
Ci sono molte scene, non solo quella della trasformazione, che sono diventate un archetipo ripetuto ed esplorato allo sfinimento nei successivi quarant’anni. Volete un esempio che coinvolge un autore che deve moltissimo a John Landis? In Buffy l’ammazzavampiri, Oz e il suo intero arco narrativo sono modellati sul David di Un lupo mannaro americano a Londra, al punto che il “finale” del personaggio di Seth Green riprende, con un twist, quello del film di Landis.
Un’altra prova dell’universalità del film è il fatto che ne esistano tante interpretazioni e seconde letture quante sono le teste delle persone che ci hanno ragionato. C’è chi ci ha visto una “allegoria dell’ebraicità esoticizzata” e chi ci ha letto sottotesti queer, chi, nel modo in cui gli inglesi si comportano nei confronti dell’americano, vede una specie di trailer della Brexit qualche anno prima, e ovviamente c’è una lettura, diciamo così, epidemiologica che vede nella licantropia la metafora di una malattia altamente infettiva – se il film fosse uscito solo qualche anno dopo, per esempio, si sarebbe detto che parlava allegoricamente di AIDS. È divertente constatare che tra le tante interpretazioni che sono state date di Un lupo mannaro americano a Londra non se ne trovi nessuna che esplora il discorso da cui siamo partiti, quello di Landis sull’impossibilità di confrontarsi con i non-morti. D’altra parte è un po’ il destino dei capolavori: a un certo punto sfuggono dal controllo del loro autore per diventare patrimonio collettivo.
A quarant’anni dall’uscita di questo particolare capolavoro non possiamo che ringraziare John Landis per il cadeau.