Un capolavoro sconosciuto

Dura tre ore e quarantacinque, girato tecnicamente con mezzi di fortuna e montato veramente alla buona. Eppure, è una delle esperienze più forti che ci abbia mai regalato il cinema italiano. Si tratta di...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

...Anna di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli. Intanto, già stabilire cos'è questo film (film? Forse...) è difficile. Una pellicola di fiction che poi diventa un documentario? Può essere, ma chi è che regge il gioco e controlla la lavorazione? E come giudicare un lavoro che fa di tutto per essere ingiudicabile secondo i canoni tradizionali?

Nel 1972, l'attore Massimo Sarchielli (forse il suo ruolo più famoso è quello in Madonna che silenzio c'è stasera) incontra una ragazza sedicenne tossicodipendente e incinta, decidendo di ospitarla a casa. Già di base, sembra lo spunto per un melodrammone sociologico che non finisce più. Eppure, quando assieme all'amico regista Alberto Grifi vuole realizzare un film con lei, la finzione costruita non regge più di tanto e la realtà prende il sopravvento.

In questo senso, impossibile giudicare Anna secondo i canoni dei film tradizionali, soprattutto a livello di sceneggiatura, ma anche di montaggio. Tutto sembra quasi frutto dello spirito del momento, a cominciare dal ruolo dell'elettricista, che diventa nella storia molta di più. Certo, si possono discutere molte scelte. Anna che tenta di prendere la linea telefonica per dieci minuti senza riuscirci non è propriamente la scena più eccitante della storia del cinema. Così come la scelta di abbandonare la protagonista per quasi un'ora di film porta a un calo notevole nella seconda parte.

Ma in realtà sono altri i veri punti di forza della pellicola (o meglio, del video), tanto che certe scene lunghissime risultano quasi ipnotiche e affascinanti per come superano le convenzioni del cinema tradizionale. Forse, il miglior modo di vedere Anna è come il frutto di un'epoca particolare, di cui rappresenta benissimo i pregi e i difetti. La follia sincera che pervade questo film è infatti qualcosa di strabiliante, a cominciare dall'incredibile melting pot che si trovava a Piazza Navona a quell'epoca attorno a un bar che adesso, se non mi sbaglio, è stato utilizzato per le riprese del film con Julia Roberts.

A quel tempo, invece, freakettoni scoppiati, intellettuali di sinistra e avvocati ambigui (forse una delle figure più terribilmente complesse che si vedono qui) si ritrovano incredibilmente a convivere. Ecco, forse è proprio ambiguità la parola d'ordine di questo film, che si tratti della protagonista, per cui non si capiscono mai troppo bene i confini tra realtà e finzione, o di Sarchielli, che risulta un misto di filantropo ma anche interessato alla ragazza.

In tutto questo non mancano i momenti indimenticabili. Il dizionario Mereghetti, che peraltro mette il massimo dei voti ad Anna, ricorda giustamente la scena della doccia (ma è meglio che vi tranquillizziate, perché è tutt'altro che erotica) e la carica selvaggia della polizia verso le femministe. Ma che dire di un monologo incredibile ed interminabile di un tossicodipendente, che è talmente eccessivo da diventare quasi poetico? O Anna che arriva a dire, in maniera quasi visionaria, di avere non 16 anni, ma 216?

Peraltro, il film è anche uno spaccato utile per capire bene come dalle lotte democratiche si passò alle Brigate rosse, sia (senza per questo giustificare la violenza omicida dei terroristi) per l'atteggiamento violento dei poliziotti, ma soprattutto per il delirio di follia onnipotente di certi intellettuali. Solo per questo Anna meriterebbe di essere ricordato e recuperato. Il sottoscritto lo registrò da Fuori Orario tanti anni fa, ma non so se è ancora nella loro programmazione. Nel caso, recuperatelo. Magari vi potreste anche annoiare, ma decisamente non è un film che lascia indifferenti...

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