Tutti i problemi degli Amazon Studios

Gli Amazon Studios hanno un modo caotico di approcciarsi al business che parte dai vertici e che influirebbe sulle performance dei contenuti

Condividi

Un'interessante e approfondita inchiesta di The Hollywood Reporter ha analizzato a fondo la situazione degli Amazon Studios, sviscerando tutti i problemi e gli ostacoli che Jeff Bezos, da sempre a caccia del suo Trono di Spade e Jennifer Salke, capo degli Studios, stanno incontrando sul loro cammino, compreso il risultato ottenuto da Il Signore degli Anelli - Gli Anelli del Potere la cui 1^ stagione, dopo un ottimo debutto, dal punto di vista degli ascolti si sarebbe conclusa in maniera molto meno soddisfacente di quanto i suoi creatori si sarebbero aspettati.

Houston, abbiamo un problema?

Al di là dei risultati non stellari de Gli Anelli del Potere, di cui vi abbiamo già parlato in riferimento al medesimo articolo ed al fatto che la Salke si sia affrettata a negare qualsiasi voce che facesse riferimento all'insuccesso dello show, il problema degli Amazon Studios sarebbe ben più radicato.
Nel 2022, con l'eccezione di The Boys, all'11^ posizione e Gli Anelli del Potere alla 15^ (su 15) Netflix avrebbe smaccatamente superato Amazon in termini di successo delle sue serie originali, un dato che sarebbe stato ancora più severo nel 2021, anno in cui Amazon non compare affatto nelle prime 15 posizioni dominate ancora da Netflix ad eccezione della 10^ di Hulu con The Handmaid’s Tale, della 12^ di Apple con Ted Lasso e della 14^ di Disney+ con WandaVision.

"Se volessero produrre incredibili serie televisive, avrebbero tutte le risorse per farlo".

Secondo i creativi, gli showrunner ed i professionisti del settore che hanno avuto a che fare con gli Amazon Studios la vera ragione di questi deludenti risultati sarebbe legata al fatto che né la Salke né Vernon Sanders, il Capo della Divisione delle Serie TV, avrebbero una visione comune per gli Studios, il che renderebbe particolarmente frustrante lavorare con loro, mentre altri avrebbero espresso la propria sorpresa per il loro insuccesso, considerato soprattutto quante risorse abbiano a disposizione, risorse alle quali potrebbe però diventare sempre più difficile accedere.

Jennifer Salke, ovviamente, difende strenuamente gli Amazon Studios asserendo che, dovendo pensare ad una programmazione per 250 milioni di abbonati in tutto il pianeta, non è possibile limitare la propria visione e, in quanto agli investimenti, sottolinea che è normale aggiustare la propria strategia, facendo attenzione che i contenuti siano prodotti al giusto valore.

La sensazione, tuttavia, è che la questione dei 250 milioni di abbonati globali, venga usata di fatto come scusa per non dare una direzione creativa comune agli Amazon Studios che, dovendo in un certo senso accontentare un pubblico così vasto e soprattutto eterogeneo, rischiano così di non avere un'identità.

Non bisogno tuttavia dimenticare che Prime Video non è Netflix, perché il primo è semplicemente il ramo di un gigantesco business che si chiama Amazon e che ha deciso di sfidare la propria sorte producendo film e serie TV, nella speranza che chi guarda i loro contenuti rinnovi il proprio abbonamento e continui quindi anche a comprare su Amazon, soprattutto all'estero e nei paesi in cui non è stato ancora raggiunto quel punto di saturazione che c'è invece negli Stati Uniti.

Ciò detto gli Amazon Studios, sotto la guida della Salke, non hanno ancora avuto quella serie di grande successo che li ha definiti, come avvenuto con Il Trono di Spade per la HBO, Stranger Things per Netflix o Ted Lasso per Apple. Ad eccezione di Jack Reacher e The Terminal List, prodotti sotto di lei, buona parte dei più grandi successi dello streamer, come Transparent, La fantastica signora Maisel e Fleabag sono infatti merito del suo predecessore Roy Price, che si è dimesso nel 2017 in seguito ad accuse di molestie mosse da una produttrice.

Nonostante, per esempio, il risultato di Daisy Jones & The Six, uno dei primi progetti promossi dalla Salke, che nel complesso ha avuto ottimi ascolti e sta generando anche buoni guadagni grazie alla vendita dell'album Aurora, con le canzoni dell'immaginario gruppo che ha scalato le classifiche di Billboard, con i suoi 140 milioni di dollari di investimenti, lo show non è il successo che gli Studios speravano.

I grattacapi di Citadel dei fratelli Russo

Ed ora, ovviamente, è il turno di di Citadel, la serie dei fratelli Russo che debutterà il 28 aprile.
L'idea originale della Salke era quella di realizzare una serie TV americana che diventasse la "nave madre" di altri prodotti internazionali. Da questo concept ha preso vita l'idea di una serie di spionaggio globale, con i vari show dei diversi paesi che solo collegati uno all'altro, ma sono anche prodotti indipendenti e fruibili separatamente.

Amazon ha così firmato un accordo con i fratelli Russo per 3 stagioni della serie, quella americana con protagonisti Priyanka Chopra e Richard Madden, quella italiana, attualmente in produzione, con protagonista Matilda de Angelis, e quella indiana che è all'inizio del processo produttivo.

A dicembre dello scorso anno, però, i fratelli Russo hanno deciso di sostituire Josh Appelbaum, lo showrunner della serie americana, con David Weil, in seguito a una serie di feedback meno positivi di quanto ci si aspettasse, il tutto mentre i costi del progetto levitavano fino a 300 milioni di dollari, facendo di Citadel il secondo show più costoso per gli Amazon Studios dopo Gli Anelli del Potere, in buona parte a causa del fatto che ci si sarebbe trovati nella necessità di rigirare un notevole numero di scene per una serie che avrebbe dovuto avere 8 episodi nella 1^ stagione, ma che si è invece fermata a 6 (di circa 40 minuti ciascuno, quindi sotto la durata standard dei 45 minuti).

Ancora una volta, secondo la Salke i problemi avuti con Citadel sarebbero però di normale amministrazione con progetti di questo livello, soprattutto quando si punta a produrre qualcosa di ottima qualità.

Dove finiscono le risorse degli Amazon Studios

La frustrazione di chi lavora con gli Amazon Studios dipenderebbe però dal fatto che, nonostante le dichiarazioni della Salke, non si starebbe davvero lavorando nella direzione di creare prodotti unici, ma show di qualità media come Jack Reacher che, pur essendo stato un successo per gli Studios, non è certo quel genere di show indimenticabile di cui pubblico e critica continuano a parlare per anni.

Gli Amazon Studios hanno per esempio firmato nel 2019 un accordo con Jonathan Nolan e Lisa Joy, i creatori di Westworld, che gli sarebbe costato circa 20 milioni di dollari l'anno e quando il loro primo prodotto The Peripheral, la cui 1^ stagione è costata 175 milioni di dollari, non ha avuto il successo sperato, l'hanno comunque rinnovato per una 2^ per non rischiare di far saltare l'accordo con i due autori, dimostrando come per gli Amazon Studios l'ultima parola non sembrerebbe spettare al successo o all'insuccesso di un prodotto, ma alla complessità di alcuni accordi economici.

Gli Amazon Studios hanno persino firmato contratti che non hanno portato assolutamente a nulla, come quello da 8 milioni di dollari con Lena Waithe, la produttrice esecutiva di Them, che dopo 2 anni è andata a lavorare con HBO Max senza aver mai prodotto nulla per loro.

Dopo il successo di Fleabag, Phoebe Waller-Bridge ha firmato un accordo triennale per 20 milioni di dollari, per poi andarsene dalla produzione di una serie ispirata al film Mr. and Mrs. Smith a causa di differenze creative con il resto del team. Secondo le ultime notizie la Waller-Bridge dovrebbe ora scrivere uno show su Tomb Raider, ma molti si chiedono se il suo contributo varrà davvero quei 20 milioni di dollari pagati.

Un altro problema degli Amazon Studios, ed in particolare di Vernon Sanders, uno degli uomini di fiducia della Salke, sarebbe quanto quest'ultimo abbia fatto affidamento sui feedback del pubblico generico, che tenderebbe tuttavia a penalizzare show più inclusivi come Ragazze vincenti - La serie a favore di prodotti dominati, secondo Will Graham (il creatore del suddetto show) "da maschi bianchi con una pistola in mano". Sebbene la critica sollevata da Graham sia stata apparentemente presa sul serio dagli Amazon Studios, con la decisione finale di abbandonare il sistema di classificazione delle serie in base ai punteggi del pubblico, le cose, a livello formale, non sarebbero cambiate poi molto.

Il fatto che gli Amazon Studios abbiano ormai la fama di avere quindi un approccio un po' caotico al lavoro sembra letteralmente precederli, ed in generale i creativi non si dimostrano così entusiasti di collaborare con loro, a meno che non ricevano un pagamento più che adeguato il che, alle volte e come abbiamo già anticipato, si traduce in accordi dai costi spropositati.

Persino chi abbia già collaborato con successo con gli Amazon Studios sembra confuso dal loro modo di approcciare il business il cui conflitto nascerebbe, secondo molti, al vertice.
Mike Hopkins, Vicepresidente senior di Prime Video & Amazon Studios, un veterano che arriva dalla Sony e da Hulu, non avrebbe infatti nessuna esperienza con il lato creativo di questo lavoro. La Salke, al contrario, che è invece molto reattiva dal punto di vista creativo, sarebbe apparentemente molto difficile da raggiungere, il che vanificherebbe questa sue qualità.
La loro diversa natura li avrebbe portati quasi inevitabilmente ad un conflitto.

È tutta colpa della NFL?

Nel 2021 Amazon è diventato poi il primo streamer a firmare un accordo esclusivo di 11 anni e per il valore di 1 miliardo di dollari, con la National Fooball League, il che - per Hopkins - significava tagliare il budget degli show televisivi, cosa che lo avrebbe condotto ad avere uno scontro aperto con la Salke quando, in 24 ore e grazie a questo accordo, Amazon ha raccolto più sottoscrizioni che in 8 anni di produzioni di serie TV.

È comprensibile che, con questi numeri, il modo di concepire l'intrattenimento possa cambiare per gli Amazon Studios, peccato però che quello della produzione di serie televisive sia un business basato sull'assunzione del rischio, molto diverso da quello che ha portato alla firma dell'esclusiva con la NFL.

Se si considera poi che a gennaio di quest'anno Amazon è andata incontro al più grande taglio nella forza lavoro che abbia mai mai affrontato, con il licenziamento di 27.000 dei suoi 1,6 milioni di dipendenti, qualche ragione di preoccuparsi per la Salke e la sua Divisione forse c'è.

Anche se i vertici degli Amazon Studios non avrebbero espresso ancora nessuna esplicita forma di insoddisfazione per l'aumento della spesa dei contenuti, che nel 2022 è stato di 7 miliardi di dollari per i contenuti originali, lo sport ed i diritti per quelli di terze parti (un aumento del 28% rispetto al 2021), il problema delle performance delle serie originali resta ed è palese, soprattutto quando - davanti agli azionisti - il Direttore Finanziario di Amazon, Brian Olsavsky, pur elogiandone i risultati si è soffermato in particolare su quelli di Thursday Night Football, definendolo "una risorsa unica con una capacità senza pari di guidare le iscrizioni Prime" e non certo su Gli Anelli del Potere.

Continua a leggere su BadTaste