Tutti pazzi per Mary, rivisto oggi
Tutti pazzi per Mary è una mitragliata di cattiverie su categorie che non se lo meritano, ma ha anche gag e personaggi indimenticabili
Questo articolo fa parte della rubrica Rivisti oggi
Tutti pazzi per Mary e il povero Ted
Intendiamoci: non tutto ciò che viene preso in giro o sfottuto o umiliato in Tutti pazzi per Mary appartiene a una di quelle che oggi definiremmo “categorie protette”. La prima, fondamentale vittima di tutta la catena di eventi via via più deliranti che costituiscono la trama del film è il (teorico) protagonista, il Ted Stroehmann di Ben Stiller, una sorta di Paperino al quale va tutto male, e mai per cattiveria: già nel primo atto, quando conosciamo lui e Cameron Diaz/Mary ai tempi del liceo, il povero Ted è un bravo ragazzo, un po’ sfigato, dal cuore gentile, tanto da conquistarsi subito la fiducia del fratello di Mary e la possibilità di andare con lei al ballo di fine anno.
È il classico personaggio che all'apparenza non se lo merita, e i Farrelly sono maestri a godere di queste opportunità di puro sadismo: dove molte commedie americane dell’epoca puntavano sull’accumulo, sulla striscia infinita di gag di breve durata e grande impatto, Tutti pazzi per Mary si diverte a indugiare, a stirare ogni situazione al limite della sopportazione (per il personaggio: noi ci divertiamo sempre a vedere come e quanto le cose possano precipitare) e a far durare ogni scena più di quanto il buon gusto suggerisca. Emblematica la mitologica scena della zip, che altri film avrebbero risolto con un paio di battute e che qui diventa invece un’umiliazione pubblica infinita che coinvolge un intero circo di personaggi.
L’umiliazione dei cattivi
Per quel che riguarda i personaggi negativi, i Farrelly partono da due presupposti. Innanzitutto che tutti, con l’eccezione dell’angelo Mary, sono potenzialmente dei bersagli. E poi che tutti, anche l’apparentemente innocente Ted, sono meritevoli di subire. Pat Healy, il personaggio di Matt Dillon, è un truffatore, uno stalker, un bugiardo patologico e non ha nulla di salvabile a parte un bel paio di baffi. Sia “Tucker” sia “Woogie” sono, di fatto degli stalker. Anche Ted è uno stalker: la caratteristica principale di Mary è quella di attirare gente che la segue senza il suo permesso come mosche sul miele. E questo è un dettaglio fondamentale per capire la dinamica di Tutti pazzi per Mary: nessuno dei coinvolti si (passateci il termine) “merita” davvero Mary, perché nessuno di loro è una brava persona. Il fatto che alla fine a vincere sia la meno cattiva è solo questione di buon senso.
Ma resta il fatto che Mary è circondata da un branco di predatori disposti a qualsiasi cosa pur di aggiudicarsi il trofeo, e il film correttamente li tratta come tali, umiliandoli e prendendoli in giro a ogni occasione e facendo passare a ciascuno di loro un piccolo inferno personale. È questo l’aspetto nel quale Tutti pazzi per Mary vince ancora oggi: ribalta le regole della commedia romantica inscenando una competizione che non è sana e positiva ma tossica e illegale, e sottopone quindi tutti i partecipanti alle peggio cose – ed è giusto così.
Tutti pazzi per Mary e la regola del dove colgo, colgo
Meno giusto è quello che succede a tutta una serie di personaggi di contorno che vengono usati come carburante per le situazioni più assurde e subiscono lo stesso trattamento riservato ai protagonisti. Warren, il fratello di Mary con una non meglio specificata disabilità intellettiva, è l’esempio principe, come lo sono anche gli altri disabili che Pat sfrutta per conquistare il cuore di Mary, definendoli intanto con termini irripetibili. Ma non ci sono solo loro: la moglie di Dom, per esempio, esiste solo per rappresentare l’idea della “donna che sta in cucina” o per praticare sesso orale al marito.
Peggio ancora va all’intera categoria “maschi omosessuali”, umiliati insieme a Ted nella scena che poi degenererà nel suo violento interrogatorio per omicidio non commesso. Qui siamo chiaramente di fronte a un caso da manuale di “oggi questa scena non verrebbe girata”, perché è smaccatamente omofoba e basata su stereotipi che nel 1998 erano già vecchi. Non è l’unica in Tutti pazzi per Mary, ma è la più clamorosa: nel frattempo abbiamo imparato che certe cose ce le si può anche risparmiare, e che, se proprio bisogna farle, ci sono bersagli più interessanti per questo tipo di generalizzazioni.
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