Tutti pazzi meno io: su Arte.tv un divertente racconto della follia della guerra precursore di molti titoli a venire
La commedia di Philippe de Broca, flop all'epoca della sua uscita, è un titolo oggi da riscoprire. Ecco perché
Fu un notevole flop, Tutti pazzi meno io, all'epoca della sua uscita nelle sale francesi nel 1966. Un risultato a sorpresa, alla luce dei diversi ottimi riscontri a cui era andato incontro il regista Philippe de Broca coi suoi precedenti lavori. Così inaspettato che quest'ultimo decise per un breve periodo di interrompere la carriera cinematografica, e per due anni tornò in Africa come pilota di piccoli aerei civili. Si dice spesso, ce ne rendiamo conto, ma fidatevi se scriviamo che Tutti pazzi meno io (Le Roi de cœur in originale) è un'opera oggi da riscoprire, innovativa rispetto a molte altre commedie successive. L'occasione è arrivata: è ora disponibile su arte.tv e qui ve la presentiamo.
Il "comico" della Nouvelle Vague
Meno conosciuto rispetto ai suoi colleghi, Philippe de Broca è stato uno dei nomi di punta del cinema francese del secondo Dopoguerra, e a caratterizzarlo è una vocazione spiccatamente popolare, tale da fargli meritare la definizione di "comico della Nouvelle Vague". Nato a Parigi nel 1933, svolge il servizio militare in Algeria, dove per tre anni segue come operatore di ripresa la guerra d'Algeria. Dopo aver girato numerosi documentari in Africa, fa ritorno a Parigi, dove comincia a assumere ruoli tecnici nel mondo del cinema; nei primi anni cinquanta lavora poi come assistente alla regia al fianco di Georges Lacombe, Henri Decoin, Claude Chabrol e François Truffaut.
La trama di Tutti pazzi meno io
Verso la fine della Prima Guerra Mondiale, gli occupanti tedeschi si ritirarono dal piccolo villaggio di Marville dopo avervi nascosto una carica esplosiva. Gli abitanti, avvertiti del pericolo, evacuarono il villaggio, abbandonando le persone internate nell’ospedale psichiatrico.
Un soldato alleato, lo scozzese Charles Plumpick, viene inviato a disinnescare la bomba. Viene accolto a braccia aperte dai residenti del manicomio, che lo fanno diventare il loro re. Mentre cerca disperatamente di trovare la carica esplosiva, gli abitanti della città danno libero sfogo alla loro esultanza. Plumpick si affeziona ai suoi sudditi.
Nel cast del film troviamo Pierre Brasseur, Jean-Claude Brialy, Geneviève Bujold e Adolfo Celi.
Da Woody Allen a Radu Mihăileanu
Tutti pazzi meno io riprende alcune coordinate tipiche di de Broca (l'avventura, lo spionaggio, e la love story, tutte in una confezione di commedia) e le inserisce in un contesto e in un'orizzonte più grande. Il film è ambientato infatti durante la Prima Guerra Mondiale, ma potrebbe benissimo collocarsi nella Seconda, in quanto presenta un fatto comunque a entrambi i conflitti: l'occupazione tedesca in terra francese, un ricordo ancora fresco nella mente degli spettatori dell'epoca. Dietro le risate, il film scandaglia un contesto assai reale: più spinge sugli elementi assurdi e le situazioni comiche, più la distanza dalla realtà ne rievoca gli aspetti più crudi.
Attraverso il suo folle racconto, il film delinea in primis il tema della follia della guerra, poi ripreso da titoli celebri come M*A*S*H di Robert Altman. I pazzi del manicomio si rivelano molto più sani dei generali (tedeschi, francesi, inglesi: de Broca ne ha per tutti): i primi cercano la gioia di vivere, i secondi morte e distruzione. Poi c'è il protagonista, un povero ingenuo senza alcuna esperienza che viene mandato al massacro e si ritrova suo malgrado al centro delle attenzioni: Plumpick è un po' un personaggio alla fratelli Marx e un po' uno alla primo Woody Allen.
In questo contesto, Tutti pazzi meno io racconta poi soprattutto un ribaltamento sociale, un carnevale che porta i presunti pazzi a governare la città all'insegna della felicità. Una parentesi, appunto, un'utopia, in una cittadina separata dal resto del mondo, con connotati onirici. E qui allora è impossibile non pensare a Train de vie di Radu Mihăileanu: il finale malinconico interrompe il sogno e segna il ritorno alla triste realtà.
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Articolo in collaborazione con ArteKino e arte.tv