Mel Brooks compie 90 anni: tutte le regole che ha rotto nella sua lunga carriera
Mel Brooks Ha di fatto istituzionalizzato la distruzione delle regole del cinema, tutto ciò che sembrava sacro l'ha massacrato fino a renderlo ridicolo
Prima ancora che Per Favore Non Toccate le Vecchiette arrivasse al cinema già di parodie ce n’erano una moltitudine, noi in Italia ne facevamo di continuo, con Franco e Ciccio o altri comici pronti a rivedere qualsiasi grande successo italiano o straniero, ma anche in America i comici locali prendevano in giro i classici (Abbott e Costello e dr. Jekylle Mr. Hyde) o i successi del momento (Woody Allen e la presa in giro di 007 di Casino Royale), ma da quando Mel Brooks ha iniziato a fare i suoi film tutto è cambiato. Cambiato prima di tutto quantitativamente.
I film di Mel Brooks da subito si caratterizzano per avere un rapporto diverso con il pubblico, sono film che sanno di essere film, in cui gli attori ad un certo punto guardano in camera, sbattono contro le macchine da presa, sfondano lo studio in cui stanno girando o mettono in scena il merchandising del film in cui partecipano. Film in cui la comicità non è solo nelle battute e nei tormentoni, non è solo nel demenziale spinto di cui sono contaminati (“Sono finiti nella zona plaid” dopo un viaggio colorato in stile 2001: Odissea Nello Spazio) o nelle gag visive (la gobba che passa da una spalla all’altra, il casco gigante di Lord Casco) ma soprattutto nella maniera in cui sorprendono, distruggendo ciò che credevamo intoccabile. Nei suoi film gli attori finiscono contro il titolo della grafica, i suoi cowboy invece che cavalcare verso il tramonto prendono una limousine senza un perchè, i personaggi guardano il film che stanno interpretando in uno schermo e vanno avanti veloce per vedere che succede (uno dei momenti più assurdi di sempre), di colpo la messa in scena fa quel che non si dovrebbe fare mai.
Tutti ricordiamo Frankenstein Junior per una valanga di frasi memorabili e situazioni diventate tormentoni, divertenti solo all’interno del flusso degli eventi (“Rimetta a posto la candela!”), ma in pochi ricordano che Mel Brooks, all'apice del successo, cioè negli anni '70 ha girato un film muto (L’ultima follia di Mel Brooks) in cui come ultimo affronto l'unico a parlare è il mimo Marcel Marceau.
È questa liberazione, questa sensazione di stare guardando qualcosa che va contro ogni buon senso, ogni galateo non detto del cinema a scatenare gran parte della risata. Ma quest’atteggiamento Mel Brooks lo ha declinato in diverse maniere, non solo nei film, era un atteggiamento nei confronti della vita.
Lo ha declinato con la serie Get Smart (una forma embrionale di parodia per il mondo ancor più ingessato della tv) ma anche producendo The Elephant Man. Lo stesso David Lynch, non senza una punta di umorismo, spiega bene quanto fosse tutto contrario ad ogni regola quando dice che quel film così delicato, romantico e raffinato era un’impresa folle perché era “un film sulla tragica storia di un freak del circo che aspira a diventare uomo con un grande attore come Anthony Hopkins ma girato dal regista di Eraserhead e prodotto da Mel Brooks” sembrava uno scherzo, invece era serissimo.
Non c’è niente di più serio nella carriera di Mel Brooks delle sue scoperte. Non solo David Lynch ma anche, più nel proprio campo, talenti come Dom DeLouise o ancora più clamoroso Gene Wilder. Strappato a film serissimi e al teatro, Brooks fa esordire Wilder come protagonista e come attore di commedia in Non toccate le vecchiette, e con un pugno di film lo lancia nel pantheon della commedia americana anni ‘70 e ‘80. Una faccia che sembrava non aver niente a che vedere con la commedia, un attore che non ne aveva mai fatta.