Tutta la droga del cinema e della tv italiani spazzata via da Hooked

Di Hooked esistono già 3 episodi ma è un progetto in crowdfunding da un'idea di Luca Vecchi. Un prodotto indie che ribalta il tabù dell'audiovisivo italiano

Critico e giornalista cinematografico


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Hooked è una serie che non esiste ancora di cui esistono già 3 episodi, è un progetto di Luca Vecchi (una delle menti e dei volti di ThePills) che sta raccogliendo fondi su Indiegogo, un crowdfunding per qualcosa che di solito non viene mai fatto: una serie sulla droga.

C’è sempre un po’ di droga negli sketch e nelle trovate di ThePills e se non è la droga è un altro tipo di dipendenza, Hooked però è molto più centrato e imbastisce una trama criminale per mettere in scena davvero la droga, il mondo assurdo in cui si muove chi la assume e quello ancora più assurdo in cui crede di muoversi. Un progetto simile fa specie anche se non dovrebbe, fa specie perché se ne vedono raramente all’estero e non se ne vedono mai in Italia. Addirittura anche Smetto Quando Voglio ci va leggero quando si tratta di parlare di dipendenza e affronta il tema della droga toccando il meno possibile i drogati. Hooked è il contrario, mostra quel lato della dipendenza, quello che è sia terribile che piacevole, quello che attira e respinge. Guardare l’abisso e rimanerne affascinati e spaventati.

Solo nel 2011 lo stato promuoveva questo spot che sembra uscito dagli anni ‘80:

E se non è eccessivamente strano che lo stato abbia un simile atteggiamento lo è il fatto che il cinema o la televisione lo ricalchino.
Storicamente infatti il rapporto tra cinema italiano e droga non è molto diverso da quello tra televisione italiana e droga, un rapporto estremamente istituzionale di distanza e pulizia, di condanna ferma e marziale, se non proprio di demonizzazione. Insomma mentre il cinema si permette di esplorare il crimine, l’alcolismo, l’abuso sessuale e ogni nefandezza, la droga rimane un ambito intoccabile se non da sporadiche incursioni altamente d'autore (come Caligari con Amore Tossico e il suo sequel spirituale Non Essere Cattivo) oppure da nefandezze piene di aspirazioni (Fuori Vena). Solo la commedia sembra poterla trattare ma anch'essa nel prenderla in giro di fatto non la affronta o, peggio, la rappresenta in maniera macchiettistica, decontestualizzandola dal suo mondo, dalle sue figure tipiche, dalla sua realtà.

Non va meglio ovviamente se si guardano quei pochissimi esperimenti di genere. Solo pochi anni fa Raoul Bova girava Sbirri, uno degli ultimi film a trattare l’argomento, di nuovo dal punto di vista della legge.
Come se il nostro cinema fosse ostaggio delle forze dell’ordine sembra fare una fatica incredibile a raccontare il punto di vista illegale. Non riesce a farlo con il cinema di mafia (in questo la televisione ha gioco più facile) e non riesce a farlo con quello di droga. Non si tratta solo di non avere un nostro Trainspotting (nessuno ce l’ha), si tratta di non avere nemmeno la sottomarca e di proporre unicamente il punto di vista opposto, si tratta di avere dichiarato resa incondizionata di fronte alla materia.
Per questo già dalle prime scene Hooked ha il sapore di qualcosa di diverso e non stupisce che l’esperimento voglia battere le strade della serialità invece che quelle del cinema.

La mancanza di soldi, la mancanza di roba, la presenza costante della morte nella forma di un cadavere e la difficoltà a fare tutto. Quelle che sono le caratteristiche del racconto di droga (le medesime alla base di Enter The Void, Requiem For A Dream o Il Cattivo Tenente) ci sono tutte e sono le stesse esatte che mancano in qualsiasi altro film a tema italiano. Anche il Rocco Schiavone di Marco Giallini, vituperato dalle istituzioni perché fuma marjuana in prima serata RAI, non ha nulla a che vedere con il mondo reale della droga. Per trovare un altro esempio prima di Hooked bisogna paradossalmente guardare a ThePills, gli unici a trattare davvero quel mondo, assecondando quelle direttrici (per l’appunto soldi, mancanza di soldi, mancanza di roba, presenza della morte e difficoltà a fare tutto), ora Hooked prende ancora più sul serio l’idea con un esperimento senza precedenti per noi, fatto di volti, caratteri e corpi inusuali. Basti vedere l’inizio della terza puntata e come usa l’animazione.

Assecondando l’idea per la quale non esiste solo l’assenza di droga o la morte di droga ma diversi gradi di dipendenza, molti dei quali stabili che possono essere portati avanti anche per decenni, Hooked semplicemente rifiuta di prendere una posizione estrema facendo però un racconto estremo, acido nei colori, grottesco nell’umorismo, allucinato nella messa in scena.
Sarebbe bello se un colpo simile, cioè se qualcosa di così diverso più in linea con il mondo reale (per non dire il cinema reale), venuto da internet potesse imporsi aggirando il sistema, con un finanziamento dal basso.

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