Tre uomini e una gamba rivisto oggi fa tutt’altro effetto

Tre uomini e una gamba faceva tanto ridere nel 1997. Oggi l’effetto che fa è completamente diverso, e la colpa, come sempre, è del tempo

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Tre uomini e una gamba è su Netflix

La frase che viene pronunciata più spesso in Tre uomini e una gamba è “dai che siamo già in ritardo”.

Non è un calcolo scientifico e se avete voglia potete andare a controllare e dimostrarmi dati alla mano che in realtà la frase che viene pronunciata più spesso in Tre uomini e una gamba è “lo sai” oppure “ma vieni!”.

Resta il fatto che lo spirito del film è tutto racchiuso in quelle parole e nulla mi farà cambiare idea.

“Dai che siamo già in ritardo” è la frase più milanese che mi possa venire in mente. A Milano si è sempre in ritardo, mai in anticipo, e soprattutto vivaddio mai in orario! Arrivare in orario significa in realtà arrivare in ritardo, perché ci sarà sempre almeno un’altra persona che è arrivata in anticipo e vi fa dunque fare la figura di chi poteva muoversi prima. Lo so perché la persona che arriva in anticipo di solito sono io. Cosa c’entra Tre uomini e una gamba con tutto questo? C’entra perché è un film che parla del tempo, e soprattutto parla dell’essere in ritardo, da un punto di vista esistenziale più che cronologico.

Tre uomini e una gamba spiaggia

Tre uomini e una gamba è uscito nel 1997, quando avevo 14 anni e Aldo, Giovanni e Giacomo erano la cosa che faceva più ridere di tutta la televisione italiana e non solo. E infatti il mio primo ricordo adolescenziale associato al primo film del trio è quello di una raccolta di gag già viste ma presentate in una cornice unitaria e migliorate e rifinite per l’occasione, innestate su una storia che parlava boh, di una gamba. Importava davvero al me quattordicenne e a tutta la mia compagnia? Ovviamente no: andammo al cinema per ridere e ridemmo eccome, e una volta che il film arrivò anche in videocassetta (e forse in DVD, in fondo erano i suoi primi anni, ma onestamente non ricordo) non smettemmo di ridere per anni.

Tre uomini e una gamba è, per me e credo per la mia intera generazione, un manuale di sceneggiatura. Per anni sono, siamo, andati avanti a parlare citando tutte le battute del film; alcune di queste hanno trasceso i confini della nostra monomania per diventare parte del linguaggio collettivo del Paese alla pari di quella storia di Sordi con i maccheroni o di quell’altra di Totò con la fontana. Rivedendolo qualche giorno fa, ho potuto constatare che lo conosco ancora a memoria, ma non necessariamente in ordine cronologico: tutte le battute che vengono pronunciate (o per lo meno una percentuale superiore all’80%, stima mia) le ho pronunciate anch’io una o più volte nel corso della mia vita, parlando con gli amici, la fidanzata, i genitori, il commesso del supermercato. Per anni sono stato convinto che Gennaro “Ringhio” Gattuso fosse soprannominato così per via del cane di Tre uomini e una gamba. E “il mio falegname con 30.000 lire te la faceva meglio, non ha neanche le unghie” rimane una delle battute più perfette per spiegare l’Italia che siano mai state scritte.

Gamba

Oggi, anno 2021, il primo film di Aldo, Giovanni e Giacomo fa ancora ridere come 24 anni fa: questa è la prima notizia che mi sono portato a casa da una visione che mancava nella mia vita da un tempo sproporzionatamente lungo e probabilmente calcolabile in decenni – è uscito che avevo 14 anni, l’ho rivisto a 38 ed è possibile che non lo vedessi tutto intero da quando ne avevo boh, 25? In parte c’è la familiarità con certe espressioni e certi modi di interagire con certi amici, quel tipo di rapporto fatto di costanti e affettuosi conflitti e prese in giro che abbiamo preso dal film, fatto nostro (parlo per me, ma immagino valga per un sacco di altra gente circa della mia età) e ora fa effetto rivedere nella sua forma originaria. In parte c’è il divertimento di constatare come certi sketch siano tecnicamente invecchiati ma rimangano ancora attualissimi: il primo che viene in mente è ovviamente l’inganno della cadrega, che ci ricorda da dove arriva una certa forza politica italiana e ci fa notare che tutto sommato non è cambiata granché, ha solo cambiato i propri bersagli.

In parte c’è che le gag fanno effettivamente ridere, anche quando le puoi prevedere con la precisione di un orologio atomico. Biglietto amaro è ancora oggi un cortometraggio incredibile, anche perché nasce come parodia del neorealismo e riesce comunque a raccontare una piccola storia che chiunque abbia preso i mezzi di superficie a Milano almeno qualche volta nella sua vita ha vissuto in diretta (o in prima persona). L’incontro in ospedale con il professorone potrebbe essere la messa in scena di un qualche post polemico/ironico diventato virale su Facebook durante la pandemia. E l’alchimia tra i tre qui è ancora ai suoi massimi livelli.

Marina

Purtroppo però Tre uomini e una gamba visto a 38 anni non fa più solo ridere (e un po’ emozionare per la storia d’amore). Riguardarlo ora che ho l’età dei protagonisti mi ha svelato tutto il suo lato più malinconico e anche paranoico – diciamo il suo lato Salvatores, che non a caso viene omaggiato con una citazione esplicita di Marrakesh Express. È, come scrivevo sopra, un film che parla di essere in ritardo non solo con la tabella di marcia del viaggio, ma con la vita. Il viaggio verso sud serve ai tre prima di tutto per capire una cosa: che stanno male, che sono infelici, che l’idea di comprare un bar in Costa Rica suona sempre meno come una fantasia e sempre più come l’unica via di fuga.

Non sto dicendo che il film mi abbia fatto venire voglia di fuggire, o che mi abbia fatto realizzare di vivere in uno stato di profonda infelicità. Ma Tre uomini e una gamba parla degli inevitabili dubbi che ti colgono quando ti rendi conto che sei arrivato a una sorta di ultima spiaggia cronologica, che sei a tanto così da una condizione dalla quale non tornerai più indietro se non a costo di enormi sofferenze. Ancora una volta, non è il mio caso specifico, ma lo è stato in passato, e soprattutto è un caso che ho visto e rivisto proiettato su altra gente in milioni e milioni di piccole o grandi variazioni sul tema. Tanto per usare una formula un po’ sciocca, è molto banalmente la vita; se non è mia è di una persona che mi sta vicina, e quindi non fa troppa differenza.

Tre uomini e una gamba è un road movie di ultime spiagge, reali ed esistenziali. Quando hai 14 anni ti sembrano lontanissime e non ci pensi troppo, tra una risata e l’altra. Quando ne hai 38 ti colpiscono con tutt’altra violenza.

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