Top 2018 - I migliori 10 film usciti in Italia secondo Gabriele Niola

Nell'anno in cui il cinema straniero non ha brillato come al solito emergono moltissimi film italiani tra i migliori del 2018

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Nonostante non sia sembrata una grande annata per il cinema italiano lo stesso nella top 10 finale ci sono 4 film italiani e 5 film diretti da un regista italiano. Colpa del resto della produzione, non eccezionale come è capitato in passato.

Quello che stupisce è che, guardando a tutti i film usciti in Italia nel corso del 2018, quelli che più sono rimasti nella memoria nella maggior parte dei casi non erano quelli che si sarebbe potuto ipotizzare un anno fa. Chi doveva stupire in molti casi non ha stupito e molti che arrivavano senza credenziali hanno stupito.

Oltre a questo ci sono stati ben 3 esordi italiani fortissimi che non sono in classifica per un pelo (La Terra Dell’Abbastanza, Blue Kids, Il Tuttofare), forse la notizia migliore in assoluto.

10. Sulla mia pelle

Una vera e autentica impresa per il cinema politico italiano: realizzare un film che si attenga ai fatti e li usi per raccontare un intero mondo, che invece di mettere in fila colpevoli e innocenti nella vicenda che racconta la sfrutta per mostrarne lo sfondo, il paese nel senso più ampio del termine. La vicenda Cucchi nel film di Alessio Cremonini svela un mondo di persone a cui “non importa” e parla così di noi più che del protagonista. Là dove chiunque avrebbe fatto l’analisi pornografica di Stefano Cucchi e delle molte questioni che circondano la sua morte, Cremonini usa la fantastica dedizione di Borghi per creare una storia più grande della contingenza, una storia di responsabilità e senso di colpa in cui riusciamo a guardare fatti su cui abbiamo già un’opinione senza pregiudizi ma come fossero finzione, capaci quindi di dialogare con noi e negoziare molti più significati di quelli contenuti dalla trama.

9. Il codice del babbuino

Non è mai facile vedere, recuperare e conoscere l’esistenza dei film del collettivo Amanda Flor. Il Codice Del Babbuino è uscito in sala con una rapidità disarmante eppure in questo film Denis Malagnino lavora su un concept perfetto, in una nottata di ricerche due uomini si contengono l’anima di un terzo. C’è un fattaccio criminale, c’è una persona buona che ne accompagna un’altra desiderosa di vendetta e invece un piccolo boss meschino che si unisce a loro per aiutarli, cercando però di evocare il peggio nel protagonista. Un vero spettacolo di dialoghi e caratterizzazioni, cinema criminale senza troppi debiti e troppi padri, fatto con nient’altro che un’auto e degli attori ma contenente molto.

8. Soldado

L’esordio americano di Stefano Sollima è un film solidissimo per nulla piegato sui classici del genere anzi molto moderno. Soldado è una storia di lotta criminale con mezzi militari tra due fazioni illegali: i cartelli della droga e dei contractor a cui il governo fa fare il lavoro sporco. Invece di cercare di essere americano Sollima rimane se stesso e con a disposizione una macchina potente lavora su tempi dilatati, atmosfere e il cuore dei polizieschi contemporanei post-Michael Mann, che invece di puntare sul ritmo puntano sulle esistenze dei protagonisti.
La cosa più semplice di tutte era giocare in difesa, non rischiare, e adattarsi, Sollima ha fatto l’esatto contrario confezionando un film per certi versi anche migliore di quello di Villeneuve.

7. Hereditary

L’horror dell’anno. Con una trama intrecciata come non si fa mai, nella quale è impossibile distinguere la consueta scansione in tre atti (e quindi effettivamente non è mai prevedibile cosa possa accadere o dove possano andare a parare i fatti), Hereditary racconta l’ingresso del male in una famiglia. Il maligno non è mostrato e non è nemmeno suggerito, come si fa di solito, è un’aria che permea tutto, è nelle inquadrature, negli sguardi, nell’ambiente, nei colori e nelle ombre, è il tono del film, sta nelle strade all’aperto come in casa. Incombe fino a che in un finalone spinto e giustamente tirato è tutto concentrato in una stanzetta, con una luce e una palette di colori mai usata fino a quel punto, un’alcova da vero Natale del male.

6. Gli Incredibili 2

Solo la Pixar sa fare di un sequel, anche quelli che arrivano 13 anni dopo l’originale, delle perle. Gli Incredibili era una storia sull’invecchiare, guardarsi indietro e confrontarsi con i propri fallimenti e le aspirazioni non raggiunte, colma di una serena rassegnazione. Gli Incredibili 2 prosegue sullo stesso tono, scambia i protagonisti (ora è Elastigirl ad avere l’opportunità di essere un supereroe clandestino) e gioca con i sessi. A livello superficiale mette il padre a fare la madre e viceversa, a livello più profondo racconta l’insoddisfazione della vita contemporanea, la difficoltà nel comunicare e riesce in tutto questo anche a mettere a segno sia la miglior considerazione mai fatta in un film sul successo del cinema di supereroi, sia uno dei personaggi femminili più interessanti inediti eppure corrispondenti ad un fenotipo umano esistente che il cinema ci abbia mai regalato, Evelyn Deavor, cervello della grande impresa di famiglia, donna interessante, sciatta ma in realtà curata, dallo sguardo affascinante.

5. Mission: Impossible - Fallout

Come in un processo di raffinazione il cinema di Christopher McQuarrie è sempre più sofisticato, fuori dagli schemi pur rimanendo nel grande quadro dei blockbuster. Con Tom Cruise come protagonista e produttore fiducioso può letteralmente fare qualsiasi cosa, anche rivedere dalle basi gli assunti del cinema commerciale.
Fallout è il meno inquadrabile dei film della serie, una produzione d’azione immensa con un eroe che diventa un puzzle, in cui nessuno si vorrebbe identificare. Ethan Hunt dorme di continuo, è rintronato, fa una vita terribile e non riesce nemmeno a possedere una donna che lo desidera ardentemente. Unendo tra loro solo grandi scene d’azione e narrando la trama in mezzo ad esse, McQuarrie non si pone limiti e sfoggia una creatività al servizio della disperazione di questo agente segreto malato di senso del dovere che non sembra avere più niente ed esistere solo per perdere qualcosa.
La mitologia dell’eroe virile è totalmente finita, non rimane più nulla, Ethan Hunt appartiene ad un’altra era e nonostante continui a lottare con una forza che gli fa vincere ogni scontro (sempre più impossibile) sembra continuare a perdere.

4. Dogman

Chi se lo aspettava che nell’universo di Matteo Garrone esistesse tutta questa tenerezza, chi avrebbe mai detto che negli ambienti che riprende, in quelle terre che esistono davvero e che dopo il suo passaggio sono trasfigurate in luoghi quasi impossibili, potesse esistere un uomo come Marcello, portatore di una tale quantità di evidente umanità da intenerire subito. Come sempre Garrone parte dai corpi, trovato Marcello Fonte realizza il film intorno a lui e lo valorizza come nessun altro potrebbe fare. Il canaro della Magliana è solo un’eco, la vera storia non conta niente, importa solo il rapporto di un uomo debole in una terra dove conta la violenza con una figlia piccola. A lui evidentemente non può che contrapporsi la personificazione stessa della tirannia degli uomini malvagi, un corpo gigante contro uno minuto, una personalità arrogante contro una mite, tutto comunicato con la consueta manciata di immagini che fanno il lavoro del cinema: sintetizzare quel che le parole non sanno dire ma che la testa è ben pronta a capire in attimi puramente visivi.

3. Chiamami Col Tuo Nome

Sul più blando degli intrecci da James Ivory che adatta Aciman (la visita di un sensuale sconosciuto nella residenza vacanziera borghesissima di un adolescente che ne viene sconvolto) Luca Guadagnino costruisce un film che non funziona come tutti gli altri solo su vista e udito ma evoca gli altri sensi per sinestesia. Per raccontare di Oliver ed Elio usa l’ambiente, l’estate e le sensazioni di un luogo che conosce, la campagna cremonese. Il risultato è un film come non se ne vedono praticamente mai, che svicola subito la logica e mette le tende nel reame dei sensi. Non percepiamo l’attrazione tra i protagonisti tramite i loro due corpi ma tramite il mezzo che li collega, ovvero gli ambienti, i boschi, le soffitte, le discoteche all’aperto, i prati e i fontanili. Ad un certo punto anche tramite il gocciolare di un costume al sole. Tutto in quelle inquadrature grida stordimento sentimentale e sessuale.
Chiamami col tuo nome è un film che acchiappa qualcosa di recondito dentro lo spettatore, entrando da una porta che non sa nemmeno di avere e che aveva lasciato totalmente sguarnita.

2. Mektoub, My Love - Canto Uno

Un film senza trama che segue un aspirante regista in vacanza negli anni ‘90. Gli amici del mare, le donne, i rimorchi e un fenomenale zio arrapato come un eterno ragazzo. Dopo il successo di La Vita di Adele (ma anche i problemi che ne hanno impedito il prosieguo) Kechiche riparte da un primo capitolo per raccontare la stessa storia (l’eterna trama dei corpi giovanili che si chiamano) ma con tutti altri protagonisti. Nell’ensemble di Mektoub My Love - Canto Uno ci sono diverse storielle di poco conto, come fosse un Sapore di Mare che ha sostituito la voglia di scatenare tenerezza nello spettatore con quella di scatenare l’eccitazione.
Mektoub, My Love è una delle più grandi celebrazioni della gioia di possedere un corpo e viverne la dittatura. Kechiche è l’unico cineasta capace di rendere bramoso un pranzo in spiaggia, lussuriosa una schermaglia dove non accade nulla e tollerabile una lunghissima sequenza in discoteca in cui nessuno dice niente ma finalmente tutti i corpi si parlano nella loro lingua madre.

1. Un Affare Di Famiglia

Hirokazu Kore-Eda supera a destra qualsiasi discorso morale ed etico sull sguardo dell’autore e sulla sua invisibilità, perché qui finalmente e anche più che in passato impone una visione della realtà. La impone senza nascondere i fatti, anzi come in una sfida allo spettatore, prende un gruppo di persone tra le più condannabili (ladri per mantenersi, bugiardi per natura e rapitori di bambini) e solo con l’arte del suo racconto li rende amabili. Chiunque denuncerebbe questa non-famiglia ma solo lo sguardo di Hirokazu Kore-Eda li salva e noi, vedendo questa storia con i suoi occhi, capiamo come sia possibile. Un Affare Di Famiglia è l’apoteosi di quel che il cinema è e fa, mette il nostro mondo in un’altra prospettiva, sceglie cosa guardare in una storia con l’obiettivo di mettere in crisi le nostre convinzioni e mostrarci che nel mondo che pensiamo di conoscere c’è di più di quel che vediamo solitamente.

Continua a leggere su BadTaste