Top 2016: I dieci migliori film italiani dell'anno, una classifica non facile

I migliori film italiani usciti nel 2016, in una delle classifiche meno ortodosse degli ultimi anni

Critico e giornalista cinematografico


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Non è stato un grande anno per il cinema italiano e questa classifica lo riflette.

Arrivare a 10 titoli è stata un’impresa, tanto che nelle ultime posizioni ci sono film che difficilmente in altre annate sarebbero entrati in classifica.

Gli incassi, complessivamente, non sono andati bene e la qualità (media) dei film sembra rifletterlo. Se abbiamo visto l’alba di un cinema diverso, proprio quando avevamo quasi smesso di sperarci, la coda lunga delle commedie ha dato il peggio, relegando al fondo del gradimento anche nomi e autori che in precedenza si erano tenuti su standard ampiamente decenti.

A salvarsi sono stati semmai molti outsider, nomi nuovi (o relativamente tali), film piccoli che hanno ricevuto distribuzioni infami, oppure chi ha sparigliato le carte e tentato di fare qualcosa di unico mai osato prima (e in alcuni casi irripetibile).

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10. Quo Vado?

Il più grande incasso della storia del cinema italiano (gli euro dicono che Avatar ha fatto di più ma se contiamo i biglietti staccati vince lui) è anche un film sorprendentemente decente. Abituati per decenni a vedere in cima a queste classifiche filmacci scritti e diretti malissimo, ora il più amato del paese è un film che (se non altro) è scritto con un’idea dietro. Certo, Quo Vado? rimane un film diretto malissimo, con diversi momenti morti, pensato intorno ad un personaggio, privo di un vero intreccio, incapace di lavorare sulla sceneggiatura con l’abilità di un vero uomo di cinema o di strutturare la sua commedia in modo che le diverse parti si alimentino tra di loro. Non c’è insomma lo storytelling propriamente detto. Ma se non altro Checco Zalone ha una personalità spiccata e delle idee meno banali di quel che si possa immaginare per qualcuno che “piace a tutti”.

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9. Poveri ma Ricchi

Con una commedia di Natale Fausto Brizzi si risolleva dal piccolo baratro in cui era finito con gli ultimi film e la cui profondità, sempre nel 2016, il disastro di botteghino e gradimento Forever Young aveva solo aumentato. Questo remake di un film francese è aggiustato su misura per il nostro paese, ma soprattutto è pensato come le commedie popolari dell’età dell’oro del cinema italiano: intreccio basilare (alzi la mano chi ricorda la trama di Totò Peppino e la Malafemmena) e tutto puntato sugli attori, capaci di aggiustarsi un costume con dovizia di diabolici dettagli.
Trionfa Lucia Ocone (finalmente) ma a ruota seguono tutti gli altri con particolare enfasi su una ritrovata Anna Mazzamauro.

8. Piuma

Il coraggio di mettere un film simile a Venezia si è rivelata sventatezza. Piuma ha avuto una partenza con handicap per la pessima accoglienza al Lido. Troppo velleitaria e ridicola la sua parte “seria” (banalmente confinata in alcune scene con voce fuoricampo) per poter resistere al concorso del primo festival italiano.

Eppure nelle sue parti di commedia questo suo terzo film di Roan Johnson trova un equilibrio perfetto. Non solo sono gustosissimi i personaggi e la maniera in cui interagiscono ma c’è anche una tecnica sopraffina nella dinamica dei dialoghi, la comicità corale e i tempi con i quali gli uni si inseriscono nelle battute degli altri sono perfetti. Una macchina comica inesorabile.

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7. Cristian e Palletta contro tutti

È un film folle questo primo scritto e diretto da Antonio Manzini. La coppia del titolo è formata da due deficienti con un piano per fare soldi in fretta che è anche più idiota di loro, ma le avventure che li vedono protagonisti sono un delirio di situazioni insensate e divertenti. Sembra non esserci nulla dietro questo film, eppure la sua dinamica e il suo passo strano e inconsueto lo rendono forse la commedia meno convenzionale dell’annata. Totalmente ignorato al botteghino.

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6. Veloce come il Vento

Non solo è il miglior film di corse italiano di sempre (non era troppo difficile) ma è anche un assaggio di cinema di genere puro fatto oggi, nel nostro paese, senza velleità e con molta dedizione. Seguendo lo scheletro immortale fissato da Rocky e deviandone quando serve, Veloce come il Vento è una storia di seconde occasioni e di sport vero, girato con una passione per la velocità e una serie invidiabili di idee per renderla al cinema.
Il film di genere e fomento che volevamo.

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5. Fuocoammare

L’incursione di Gianfranco Rosi a Lampedusa ha il tempismo dell’inchiesta giornalistica e il passo lento del miglior cinema d’autore. Certo Fuocoammare non è Sacro GRA, cioè non è un documentario che riesce ad usare tutte le armi del cinema di finzione per scoprire un nuovo continente tra queste due forme di produzione, una landa di senso nuovo e inaspettato. Lo stesso la doppia storia di un bambino nato e cresciuto a Lampedusa e le immagini (mai così poco convenzionali) dei migranti che arrivano con un filo di vita in corpo oppure nemmeno quello, con un medico a fare da collante, è una maniera fantastica di mettere sullo schermo la riflessione meno scontata sul tema più discusso, abusato e difficile da maneggiare in assoluto.

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4. Perfetti Sconosciuti

Il caso del botteghino dell’annata. Se riuscisse a figliare una serie di commedie simili, per ambizione e capacità di essere un crossover efficace tra pubblici diversi sarebbe un miracolo. Intanto Paolo Genovese accoppiando volti da commedia popolare (Giallini, Edoardo Leo, Anna Foglietta) ad altri da cinema autoriale (Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak, Valerio Mastandrea) ha creato l’ibrido perfetto. Il fatto che prenda di petto il tema centrale nelle vite di molti (una blanda forma di tecnofobia) è un dettaglio in più non da poco.
Ma fin qui è la ricetta di un successo, il film invece è una commedia sofisticata nel patinatissimo stile di Genovese, stavolta dotata di una concretezza finalmente adatta allo sforzo. Invece che perdersi in aspirazioni vacue come gli capitava troppo spesso, con Perfetti Sconosciuti sembra andare dritto al punto e non sprecare (quasi!) un’inquadratura o un momento.

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3. La Pazza Gioia

Era difficilissimo un film come questo. Troppo facile cadere nel ruffiano delle malate di mente tenere e indifese; troppo scontato optare per una retorica buonista. Invece Virzì (alla regia) e Francesca Archibugi (alla sceneggiatura) si posizionano con un equilibrio invidiabile tra amore e condanna delle proprie protagoniste, le temono ma provano anche un affetto contagioso. E tutta l’ironia profusa, le battute, le situazioni assurde e l’irresistibile visione di mondo di queste due pazze a piede libero finisce in un canale stretto stretto che può condurre ad un’unica estrema soluzione finale, che però, miracolosamente, non arriva in piena tradizione con il nostro cinema. La scelta è una presa di posizione che, viste le premesse, ha un gran coraggio.

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2. Lo Chiamavano Jeeg Robot

Il film che aspettavamo.
A rendere l’esordio di Mainetti uno dei migliori film dell’anno non è solo la sua perfezione formale, il suo rigore registico, la sua conoscenza delle regole del proprio genere e la capacità di interpretarle in una maniera personale, quanto l’atteggiamento. Se già ambientare in Italia un film di supereroi perfetto e unico sembrava un miraggio, farlo posizionandosi nel territorio del divertimento ma con la testa che non vuole spegnersi, con la ragionevolezza di mettere tutto quel che di più audace c’è in una posizione sullo sfondo nella quale non è mai nascosto, è davvero una vetta che nessuno avrebbe osato nemmeno chiedere.

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1. Liberami

Semplicemente il miglior film italiano pensato, girato e distribuito nel 2016. Il documentario di Federica Di Giacomo usa le immagini e solo quelle (non c’è commento fuoricampo) per documentare e considerare, per mettere davanti agli occhi dello spettatore qualcosa che nessuno gli ha mai mostrato (il ruolo classico del documentario) ma sa anche usare queste immagini, accostarle, abbinarle e metterle in relazione così che raccontino qualcosa di più profondo del reale: il vero. Cosa c’è dietro gli esorcismi così fertili nella parocchia di Padre Cataldo? Sono veri? Le donne simulano? Cosa vuol dire tutto questo? Quello che le semplici immagini non possono dire lo suggerisce la maniera in cui sono montate.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti!

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