Tomb Raider: il ritorno della grande avventura?

Può davvero la Lara di Alicia Vikander con Tomb Raider dare al genere avventuroso il restyling che merita per correre al passo con i blockbuster femminili dei nostri anni?

Critico e giornalista cinematografico


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C’è qualcosa che Tomb Raider a un certo punto della sua storia ha dovuto recuperare ed era proprio l’avventura. Cioè quel senso tutto particolare che il genere possiede e che lo distingue, per dire, dall’azione o dal thriller. L’ha dovuto recuperare dopo che era stato depauperato da anni di sfruttamento intensivo e rialzo continuo delle difficoltà e della natura fumettosa del personaggio protagonista, Lara, tra videogiochi e film con Angelina Jolie era arrivata al platealmente impossibile come già era capitato a James Bond nella fase terminale di Pierce Brosnan. E per quanto le assurdità siano parte già nel primo videogioco della serie, queste erano ampiamente mitigate da altre componenti che gli davano caratura avventurosa.

Il modello insuperato dell’avventura moderna è Indiana Jones, non a caso retrodatato agli anni ‘30, ovvero un racconto molto esotico in cui la scoperta di misteri ancestrali in luoghi reconditi del mondo comprende spostamenti, rischi pazzeschi e percorsi accidentati con nemici ovunque, sia naturali che umani. È la dinamica che ad un certo punto ha voluto raccogliere Uncharted (per rimanere in ambito videogiochi) e che, dopo Indiana Jones, Zemeckis aveva subito replicato con venature di commedia rosa più marcate in All’Inseguimento Della Pietra Verde.

Tomb Raider già dal titolo e dall’obiettivo programmatico di andare a scavare nelle tombe promette questo: un confronto moderno con oggetti, trappole e luoghi antichi ed estremi. Quel che però abbiamo visto negli ultimi anni è stata una deriva esagerata, specie al cinema, di queste componenti. Di videogioco in videogioco e poi al cinema, Lara Croft aveva a che fare con situazioni, nemici e complotti sempre più paradossali e sempre più in linea con le sue forme senza senso. Ora invece grazie al fortunato reboot videoludico del 2013 in cui Lara cambia completamente e si trova in un’isola a dover “diventare” Lara Croft da che è una studentessa, anche al cinema abbiamo la possibilità di rivalutare la componente avventurosa di questa saga.

[caption id="attachment_300518" align="aligncenter" width="1280"] Un character design che punta più sul senso dell'avventura che sul sex appeal[/caption]

Innanzitutto sappiamo che una cosa non la troveremo, cioè i viaggi. Non ci sarà l’idea più forte di Tomb Raider (e poi di Uncharted), il continuo spostarsi in punti diversi e sempre selvaggi del pianeta inseguendo tracce, indizi, piste o semplicemente la fuga di qualcuno. Tutto si svolge nella medesima isola (e Lara non è più sola, ma con un equipaggio che l’aiuta), tuttavia lo scenario è perfetto per quel misto di avventura e reperti, di misteri e scoperte graduali che richiedono tanto investigazione quanto azione.

Il film poi intende raccontare tutta la trasformazione da studentessa ad archeologa avventurosa, la sua iniziazione al ruolo che avrà poi (lo spera la produzione) in una valanga di possibili sequel. Di certo quel che tutti hanno notato è che al brand Tomb Raider è stato sottratto uno degli elementi che più aveva contribuito a renderlo famoso, cioè il sex appeal. Per quanto faccia ridere parlare di sex appeal di un personaggio disegnato a poligoni giganti, lo stesso l’immaginario tettone di Tomb Raider era una parte fondamentale della storia: la donna d’azione in shorts e top con gli occhialetti tondi e i mugugni quando muore o si fa male. E la versione per il cinema non era certo stata più mite su questo fronte scegliendo Angelina Jolie.

[caption id="attachment_300517" align="aligncenter" width="1280"] Il modello di femminilità precedente[/caption]

Questi sono però altri anni e con la riduzione di tutte le forme a proporzioni più comuni arriva anche una diversa centralità del personaggio. Lara è sempre stata la protagonista, ma non è mai stata un vero personaggio complesso. Tagliata in pochi tratti, con pochissima profondità e con una storia che somiglia più al James Bond degli anni ‘60 (cioè che inizia e finisce con le sue avventure senza nessun legame con una vita più grande), non era qualcuno che potevamo pensare di conoscere. Adesso invece promette di essere un personaggio vero, con delle difficoltà, delle questioni personali e dei dilemmi che appartengono al suo genere e al suo essere una persona come le altre catapultata in uno scenario avventuroso.

E questa forse potrebbe essere la vera grande novità del film, una che lo porterebbe in almeno una direzione più in là del modello Indiana Jones (che fino al terzo non aveva nessun conflitto personale) o di quello suo più prossimo cioè Nathan Drake (che solo nell’ultimo Uncharted sembra avere davvero dei desideri e delle sensazioni che possiamo sposare): inserire l’avventura in una vita più grande.

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