Tom Cruise ha 60 anni: come è passato attraverso la bufera riemergendo più star di prima

A 60 anni perchè non parliamo più di Tom Cruise e Scientology? Come è riuscito a ribaltare la propria immagine e de-cancellarsi

Critico e giornalista cinematografico


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Oggi Tom Cruise compie 60 anni, e grazie a Top Gun: Maverick sta vivendo un vero picco nella sua carriera. È esistito un momento in cui gli studios hollywoodiani non volevano sentir parlare di lui, nel quale cancellavano i progetti in cui era coinvolto e non approvavano quelli in cui era anche solo “attached”. Cancellato prima che la cancel culture diventasse un termine mainstream, Tom Cruise a metà anni 2000 sembrava un attore finito. E nonostante la sua fosse stata una caduta dovuta ad una ragione precisa, lo stesso 20 anni di carriera al vertice sarebbero stati normali per una star hollywoodiana. La maggior parte infatti non supera i 10 anni sulla cresta dell’onda, per non dire 20. Chi rimane grande per tutta la carriera è l’eccezione, sono le Meryl Streep, i Tom Hanks o gli Harrison Ford. La maggior parte balla per molti meno anni. A quel punto quindi, dopo due decenni, nessun Oscar (nonostante lo avesse inseguito non poco) e uno scandalo grosso, la fine della grande carriera di Tom Cruise sembrava arrivata. Nell’infamia. 

Come sappiamo non è andata così, ma la storia di come Tom Cruise sia tornato, di come abbia fatto a cancellare la cancellazione, a riprendersi, marginalizzare i meme e imporre al pubblico un’altra immagine di sé, è una di quelle che non si sentono spesso. Era stato internet a demolirlo, alcuni video di propaganda di Scientology, una serie di interviste in cui parlava contro la psichiatria e veicolava principi della setta (particolarmente famose sono quelle con Matt Lauer e di 60 Minutes Australia, in cui parla con una serietà e toni con cui non l’abbiamo più visto parlare) e poi ancora il fatto che avesse trasformato la promozione di La guerra dei mondi in una serie di comizi pro-Scientology (ragione che ha anche creato una frizione ma più sanata con Spielberg, dopo due film di buon successo) avevano iniziato a far serpeggiare online i primi meme e i primi video-montaggi virali. Quando poi, ospite da Oprah, ha dato di matto saltando sul divano per raccontare il suo amore per Katie Holmes è stata la goccia finale. Tom Cruise è matto, Tom Cruise è inaffidabile, Tom Cruise è una barzelletta.

Subito dopo Mission: Impossible 3 incassò 150 milioni in meno del secondo capitolo e fu sufficiente per la Paramount per scaricarlo e scaricarlo pubblicamente. Sumner Redstone, allora amministratore delegato della Paramount, disse che non avrebbero rinnovato il loro accordo perché “la sua condotta recente non è accettabile per la Paramount”. Alla beffa era seguito il danno economico, non solo è una barzelletta ma la gente non lo va a vedere. Dopo Mission: Impossible 3 uscì Leoni per agnelli, un film già girato prima che la situazione diventasse irrecuperabile e gli incassi del film diretto da Abrams arrivassero a mettere la pietra tombale. Fu il suo ultimo tentativo (ormai fuori tempo) per vincere un Oscar. Il suo progetto successivo, due anni dopo, sarebbe stato Operazione Valchiria, un disastro, ma quando uscì quel film lì nel 2008 la strada per il rientro era già chiaro che sarebbe stata un’altra.

Licenziato quasi subito il suo consulente per l’immagine, cioè la persona che gli aveva suggerito di insistere su Scientology e sulla guerra alla psichiatria, sul suo impegno a favore degli altri tramite la setta e via dicendo, la nuova strategia diventò quella di usare internet a suo favore. YouTube era nato da pochissimo e anche i meme esistevano da poco. Nel 2007 nasceva Facebook e quindi il concetto di social network come lo conosciamo oggi, che è stato un grande acceleratore di questi processi, della veicolazione di nuove immagini. Internet aveva amplificato la caduta e internet sarebbe stato il suo mezzo per tornare in cima. Da quel momento Tom Cruise ha usato i media mainstream per creare clip, esattamente come quelle negative che l’avevano affossato, solo che sarebbero state positive, è andato ospite ovunque e ovunque faceva cose. Più che parlare giocava con Jimmy Fallon, cantava per Rock Of Ages e faceva stunt per i Mission:Impossible. Tom Cruise che si esibiva per la tv è stato il percorso per cambiare la sua immagine. Ma non subito.

Nell’immediato Cruise aveva capito che doveva passare da serio e matto (nella percezione comune) ad autoironico e divertente. Non aveva mai fatto commedie. Mai. Invece in quei due anni ne infilò due, la seconda delle quali fu Innocenti bugie, in cui interpretava praticamente la parodia di se stesso e dei suoi personaggi soliti. Quello non fu un successone, ma il film precedente invece, sì che iniziò a cambiare tutto: Tropic Thunder. Si trattava di un progetto vecchio di molti anni, uno di cui in passato Stiller aveva già parlato a Cruise perché voleva che lui ne fosse il protagonista (Stiller avrebbe fatto il suo agente). La cosa non era mai davvero decollata e alla fine Ben Stiller aveva deciso di farlo da sé il protagonista. Già anni prima però Cruise gli aveva suggerito di inserire un secondo villain, qualcuno che rappresentasse la parte più avida di Hollywood. 

https://www.youtube.com/watch?v=Lz2X6m-qFbk

Quando però arrivò il momento del bisogno, casualità volle che il film stava iniziando ad entrare in produzione davvero e Cruise chiamò Ben Stiller dicendogli che in fondo non si era mai levato dalla testa quel copione e chiedendo se c’erano ruoli ancora liberi. Tom Cruise, l’ex stella più grande di Hollywood, protagonista dell’ultimo film di Stanley Kubrick, che ha girato con i più grandi in vita e non, chiede al telefono se c’è un ruolo per lui in un film comico. Un ruolo qualsiasi. Stiller gli dice che manca solo uno piccolo, Les Grossman, il produttore avido. Preso. Va bene anche quello. E trattandosi di Tom Cruise non dice solo di sì, inizia a lavorare su un personaggio che ha solo poche scene come se fosse il protagonista. Dice che vuole ballare nel film, dice che vuole parlare con le truccatrici, chiede di mettergli peli sulle braccia, di ingrossare le mani, vuole essere calvo e con la pancia. Finisce che devono costruirgli un costume a figura intera.

Se Les Grossman originariamente era concepito come un personaggio che in una scala da 1 a 10 era ridicolo 5, Tom Cruise lo spinge almeno a 9. In quel costume sudava così tanto che dovevano averne 2, uno per il mattino e uno dopo pranzo, mentre ne usava uno l’altro sì asciugava. Ma non basta, si fa la coreografia del ballo da solo, si aumenta le battute e, questo lo racconta Bill Hader che era in scena con lui, quando le pronuncia ogni volta hanno un’intensità che nessuno si aspettava anche perché sono frasi estremamente scurrili da cui solitamente gli attori rispettabili si tengono a distanza. Lo si vede dal film finito che la forza del personaggio è proprio la sua potenza nel trattare al telefono, il tono e la voce. Anche quello viene da Tom Cruise. Tutto l’impegno che lo vediamo mettere nei film in cui è protagonista, tutta la dedizione pazzesca che gli consente di imparare a fare realmente cose incredibili perché siano filmate (come quando per Michael Mann imparò una mossa di gun-fu alla perfezione con una velocità e precisione di esecuzione che hanno consentito di girarla senza stacchi) le aveva messe in un ruolo da meno di 10 minuti totali. Les Grossman diventa forse la parte più memorabile del film e la parte ideata da Cruise (la danza) finisce ad occupare tutti i titoli di coda!

https://www.youtube.com/watch?v=7PFeJJYMxbw

Da lì comincia a cambiare tutto ma non basta. Tom Cruise è e rimane una star d’azione e per i film successivi (a partire dal nuovo Mission: Impossible) crea una nuova narrazione intorno a sé. Aveva sempre fatto bene o male i propri stunt e spesso la cosa era stata parte della promozione, come nel caso famoso di Mission: Impossible 2 e dell’arrampicata, ma ora diventa ancora più cruciale. Tom Cruise che fa tutto per davvero, l’unico attore americano a scalare un grattacielo ad attaccarsi ad un aereo, recitare per diversi minuti senza respirare o a rompersi costole seriamente. In mezzo infila il tentativo simpatia di Rock Of Ages (che non va benissimo) e quello di Barry Seal, di nuovo non un trionfo ma importa poco, l’importante è che di lui sì debba parlare sempre per quello che decide lui, cioè gli stunt. Anche del flop di La mummia si ricordano i 68 ciak in assenza di gravità (!).

Così mentre gli altri attori di 60 anni, se ancora sono famosi, inseguono l’Oscar con tutte le loro forze, Tom Cruise è condannato ad essere il miglior in uno sport giovanile, è condannato a fare così tanto rumore con quel che fa, che nessuno sì interessa più a quel che è. Top Gun: Maverick racconta esattamente questo, la storia di una persona che vuole essere ancora migliore dei giovani perché questo dà senso alla sua vita. Ed è così bravo da diventare una specie di Jackie Chan americano. Adesso poi ha colto la palla al balzo con la pandemia e ha spostato ancora di un po’ la narrazione intorno alla sua figura, diventando il rappresentare il cinema in sala (e quindi per estensione ad essere l’ultimo delle star di una volta, della vecchia scuola). Tom Cruise che urla a qualcuno che non si deve permettere di non rispettare i protocolli sanitari, Tom Cruise che va al cinema di nascosto a vedere Tenet, Tom Cruise che riporta il mondo nei cinema. È tutto cibo per media e internet, cibo così buono che nessuno parla di nuove fidanzate, nessuno fa domande (anche perché non ci sono più interviste vere) e nessuno confeziona meme che non siano lusinghieri. Tutti amano Tom Cruise perché Tom Cruise è riuscito a usare internet per ridefinire chi è e così tornare dall’inferno della cancellazione.

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